Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-06-2011) 01-07-2011, n.Motivi di ricorso 25946

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza 27.10.10 la Corte d’Appello di Roma confermava la condanna emessa il 23.4.07 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di L.R. per il delitto di truffa, avendo l’imputato, guardia giurata della coop. DELTAPOL Italia, prodotto certificati medici per giustificare le proprie assenze dal lavoro, durante le quali svolgeva – invece – altre attività incompatibili con la malattia addotta.

Tramite il proprio difensore il L. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a) vizio di motivazione perchè la Corte territoriale, nel riportarsi alle motivazioni della pronuncia di prime cure, aveva omesso di statuire in modo chiaro e completo circa gli elementi di fatto e di diritto posti a base della decisione e della ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato de quo, segnatamente in ordine ad artifici e raggiri;

b) vizio di motivazione in ordine al mancato contenimento della pena entro i minimi edittali.

Motivi della decisione

1- Il motivo che precede sub a) è generico perchè con esso il ricorrente non esamina specificamente – per confutarle – le considerazioni svolte dal provvedimento impugnato circa la non veridicità dello stato di malattia prospettato dal L. a giustificazione delle proprie assenze dal lavoro nel mentre si dedicava, invece, ad altre attività.

A riguardo è appena il caso di ricordare che è inammissibile – per mancanza della specificità del motivo prescritta dall’art. 581, lett. c) – il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 19951 del 15.5.2008, dep. 19.5.2008; Cass. n. 39598 del 30.9.2004, dep. 11.10.2004; Cass. n. 5191 del 29.3.2000, dep. 3.5.2000; Cass. n. 256 del 18.9.1997, dep. 13.1.1998).

Quanto alla motivazione per relatiomm mediante rinvio a quella di primo grado, essa è perfettamente consentita allorquando – come avvenuto nel caso di specie – svolga una funzione integrativa di un provvedimento già conosciuto o conoscibile dalla parte (cfr. Cass. Sez. 5^ n. 11191 del 12.2.2002, dep. 19.3.2002: nella specie, la sentenza di primo grado, ben conosciuta dal L. che, appunto, l’ha impugnata), inserendosi in un contesto che disattende i motivi di gravame con un richiamo ad accertamenti e ad argomenti contenuti nella statuizione di prime cure; si aggiunga che nella fattispecie si è in presenza di una doppia pronuncia di merito conforme, sicchè le motivazioni delle due pronunce vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo (cfr. Cass. Sez. 2^ n. 5606 del 10.1.2007, dep. 8.2.2007; Cass. Sez. 1^ n. 8868 del 26.6.2000, dep. 8.8.2000, e numerosissime altre).

2- La doglianza che precede sub b) è preclusa ex art. 606 cp.p., u.c. perchè non fatta valere in appello, essendosi in quella sede il L. limitato a contestare la propria penale responsabilità e non l’entità del trattamento sanzionatorio applicatogli.

Per altro, nemmeno in questa sede il ricorrente ha spiegato per quali ragioni avrebbe meritato una pena coincidente con l’assoluto minimo edittale.

3- In conclusione, il ricorso è inammissibile. Consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

Segue altresì la condanna del L. a rifondere in favore della parte civile Delta Italia Service coop. a r.l. le spese di questo grado, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Delta Italia Service coop. a r.l. che liquida in complessivi Euro 1.500,00 oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 10 giugno 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *