Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-11-2011, n. 24346 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 23 marzo 2005 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano del 24 settembre 2003 che ha condannato il Comune di Milano al pagamento in favore di Z.G., M.P., B.L., C. M. e L.M., di una ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera, oltre alla normale retribuzione, in relazione alla giornata del 2 giugno 2002 festività coincidente con la domenica. La Corte territoriale, rigettando l’appello proposto dal Comune di Milano, ha considerato che la L. n. 260 del 1949, art. 5, comma 3 prevede espressamente l’ulteriore retribuzione in questione per i salariati retribuiti in misura fissa, e tale norma è indifferente ad ogni previsione normativa intervenuta con contrattazione collettiva successiva.

Ricorre per Cassazione il Comune di Milano con due motivi. Replicano i lavoratori con controricorso. I controricorrenti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 deducendosi che con legge interpretativa L. 23 dicembre 2005, n. 266 è stato espressamente riconosciuto inapplicabile, ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 1, la L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3 in materia di retribuzione nelle festività civili nazionali ricadenti di domenica.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa o insufficiente motivazione. In particolare si deduce che la Corte d’Appello non avrebbe affatto considerato che l’indennità in questione costituirebbe un incremento retributivo, materia disciplinata esclusivamente dalla contrattazione collettiva, con l’esclusione della possibilità di una previsione in materia da parte di fonti diverse.

Il ricorso è fondato. Deve infatti rilevarsi che successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata è intervenuta la L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 224 (legge finanziaria 2006), secondo il quale "tra le disposizioni riconosciute inapplicabili dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997 è ricompresa la L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3, come sostituito dalla L. 31 marzo 1954, n. 90, art. 1, in materia di retribuzione nelle festività civili nazionali ricadenti di domenica. E’ fatta salva l’esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge". Sulla base di questa disciplina, che costituisce vera e propria norma di interpretazione autentica, deve escludersi l’applicabilità del detto art. 5, comma 3, ai dipendenti in causa. Ne consegue che per la giornata del due giugno 2002 ricadente di domenica, non sussiste il diritto dei dipendenti all’attribuzione, oltre alla normale retribuzione, di un’ulteriore aliquota giornaliera (v. anche Cass. 17.6.09 n. 14048 e Cass. 19 marzo 2010 n. 6736). Va inoltre considerato che secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, a partire dalla sentenza selle sezioni unite civili 26 ottobre 1995 n. 11117 (quindi seguita dalla giurisprudenza successiva: cfr., ad es. Cass. sentt. nn. 17764/04, 2918/04, 12142/03 e 10309/02), al quale il collegio aderisce, il compenso aggiuntivo, previsto dalla seconda parte della L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3, come modificato dalla L. 31 marzo 1954, n. 90, si riferisce alle giornate di festività nazionali cadenti di domenica non lavorate e spetta al lavoratore "retribuito in misura fissa" senza distinzione nell’ambito delle categorie previste dall’art. 2095 c.c. (Cass. 3 gennaio 2011 n. 30).

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e l’impugnata sentenza deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1 la domanda dei dipendenti sopra indicati deve essere rigettata.

La circostanza che la norma di interpretazione autentica sia intervenuta successivamente alla sentenza di secondo grado costituisce giusto motivo di compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda, compensando le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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