Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-06-2011) 01-07-2011, n. 25923

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 29 aprile 2010, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 4 novembre 2005 dal Tribunale di Aversa con la quale P.A. era stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed Euro 600,00 di multa quale imputato del delitto di ricettazione di un assegno bancario.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale rinnovando doglianze già devolute ai giudici dell’appello e da questi disattese, lamenta che sia stata data lettura delle dichiarazioni rese da un testimone reputato irreperibile sulla base di inidonei accertamenti, osservando che in ordine a tale aspetto non era stata sollevata opposizione nel giudizio di primo grado, in quanto la difesa aveva confidato nell’assunto del giudice secondo il quale il testimone era irreperibile. Si lamenta poi che i giudici dell’appello non avrebbero tenuto conto dei rilievi difensivi in punto di responsabilità e si formulano censure in ordine alla carenza di motivazione in merito alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Il ricorso è palesemente destituito di giuridico fondamento. Quanto al primo motivo, infatti, la sentenza di appello ha dato conto, da un lato, della congruità degli accertamenti relativi alla reperibilità del teste e delle ragioni per le quali gli stessi sono risultati infruttuosi; dall’altro lato, è stata ugualmente messa in evidenza la circostanza che la lettura delle dichiarazioni si è svolta senza la opposizione della difesa, la quale ha così reso legittima la utilizzazione processuale di quelle dichiarazioni: sicchè, avendo la difesa stessa tutti gli strumenti per verificare la esaustività delle ricerche, doveva in quella sede formulare le proprie doglianze – vertendosi, per di più, in un campo suscettibile di formare oggetto del diritto di prova sul fatto processuale, a norma dell’art. 187 c.p.p., comma 2, – a prescindere dalle eventuali "indicazioni" promananti dal giudice chiamato a celebrare il dibattimento. I restanti motivi sono, poi, palesemente inammissibili, perchè del tutto generici e sterilmente reiterativi delle consimili richieste svolte in sede di appello, senza alcuna autonoma correlazione critica rispetto alla più che adeguata e coerente motivazione svolta su quei temi (responsabilità e attenuanti) nella sentenza impugnata.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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