Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-06-2011) 01-07-2011, n. 26044 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Salerno con ordinanza 7-7-2010 confermava il decreto del Tribunale di quella città in data 6-3-2007 che aveva applicato ad A.M. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di PS per tre anni con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, e, in parziale accoglimento dell’appello del PM, disponeva la confisca dell’immobile del predetto sito in (OMISSIS).

Tanto in applicazione dell’orientamento di questa corte a sezioni unite (n. 13425/2010), secondo cui la legge 125/2008 (c.d. pacchetto sicurezza), abrogando la L. n. 55 del 1990, art. 14, e modificando la L. n. 152 del 1975, art. 19, comma 1, ha tuttavia lasciato inalterata la portata precettiva di quest’ultimo, e quindi il rinvio di ordine formale a tutte le norme successivamente interpolate nell’atto fonte, in sostituzione, modifica o integrazione di quelle originarie. Con la conseguenza che, oltre alle misure di prevenzione personali (novella di 92/2008), anche quelle patrimoniali del sequestro e della confisca possono essere applicate nei confronti di soggetti ritenuti socialmente pericolosi, a prescindere dalla tipologia dei reati di riferimento, quindi anche in caso di pericolosità c.d. generica.

Propone ricorso A., per il tramite dei difensori avv.ti Michele Tedesco e Massimo Ancarola, articolato in quattro motivi.

1) Violazione di legge con riferimento all’interpretazione data dalla corte territoriale alla L. n. 152 del 1975, art. 19. Il ricorrente assume che l’interpretazione condivisa dalle sezioni unite, alla quale si è adeguata l’ordinanza impugnata, urta contro il divieto di analogia in malam partem, mentre è costituzionalmente corretta quella più garantista che equipara pericolosità generica e pericolosità specifica limitatamente alle misure di prevenzione personali. Ove diversamente ritenuto, solleva questione di illegittimità costituzionale della L. n. 152 del 1975, art. 19, in riferimento all’art. 1 c.p., per violazione degli artt. 3, 37 e 24 Cost..

2) Mancanza di motivazione in ordine agli elementi indicativi dell’abitualità a delinquere del proposto, non menzionati affatto dalla corte.

3) Illogicità e contradaittorietà della motivazione in quanto da un lato il reddito di A. (pari a 52 milioni in sei anni, più 45 mila Euro per TFR) è stato ritenuto incompatibile con l’acquisto di un monolocale popolare, dall’altro compatibile con quello di un motociclo e due autovetture (una Peugeot a gasolio e una Mercedes classe A), per i quali non è stata disposta la confisca, chiesta dal PM con l’appello.

4) Illogicità e contraddittorietà della motivazione laddove la corte salernitana, pur avendo ritenuto di possibile provenienza lecita parte del prezzo corrisposto per l’immobile Euro pari al TFR a fronte del prezzo totale di 99 mila Euro), ne ha disposto la confisca in toto.

Il PG presso questa corte, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, rilevando, da un lato, che l’interpretazione dell’art. 19 condivisa dalla corte territoriale non configura interpretazione analogica, ma letterale e sistematica:

essendo stata abrogata la norma speciale, rivive l’estensione originaria di quella generale. Quindi nessun sospetto di incostituzionalità. Inoltre le norme sulle misure di prevenzione si applicano anche se successive al sorgere della pericolosità sociale.

Per il resto, secondo il PG, il ricorso si limita alla critica della motivazione dell’ordinanza che ha invece affrontato i temi sia della pericolosità che della sproporzione del reddito rispetto agli acquisti.

Motivi della decisione

1) Del tutto immune da violazione di legge è l’interpretazione delle norme sulla quale la corte territoriale ha fondato la confisca dell’immobile di proprietà di A.. Premesso che la decisione del tribunale era stata emessa nel vigore della L. n. 55 del 1990, art. 14, che precludeva l’applicazione delle misure di sicurezza patrimoniali in caso di pericolosità c.d. generica, consentendola solo in caso di pericolosità c.d. qualificata, il quadro normativo era invece profondamente mutato al momento della decisione di secondo grado. Come correttamente ritenuto dalla corte territoriale, in conseguenza dell’abrogazione della norma speciale (la L. n. 55 del 1990, art. 14, abrogato dalla L. n. 125 del 2008, c.d. pacchetto sicurezza), quella generale (la L. n. 152 del 1975, art. 19) aveva ripreso l’estensione originaria, in quanto il rinvio da essa enunciato è di ordine formale nel senso che, in difetto di espressa esclusione o limitazione, è da intendersi esteso a tutte le norme successivamente interpolate nell’atto-fonte, in sostituzione, modifica o integrazione di quelle originarie (Cass. SU 3426/2010).

Nè ha fondamento la questione di costituzionalità che il ricorrente ha prospettato sulla base della asserita, ma inesistente, violazione del divieto di interpretazione in malam partem, a suo dire operata nella decisione impugnata, trattandosi invece, come nella requisitoria scritta il PG non ha mancato di sottolineare, di interpretazione letterale e sistematica. Neppure ha ragion d’essere il sospetto di violazione del principio di uguaglianza (mentre il richiamo ad altre norme della costituzione non appare pertinente), non essendo irragionevole la scelta discrezionale di estendere il regime delle misure di sicurezza patrimoniali, oltre che di quelle personali, ai casi di pericolosità c.d. generica.

2) 3) e 4) Le restanti doglianze si rivelano palesemente inammissibili sia perchè sterilmente riproduttive di censure già puntualmente disattese in sede di gravame di merito, sia perchè concentrate su profili di mero fatto, estranei al rigoroso perimetro entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità in tema di misure di prevenzione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si determina in Euro 1000.

P.Q.M.

La Corte dichiara manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale; ed inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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