Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-05-2011) 01-07-2011, n. 26041Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.N., N.M., P.U. e P.T., per il tramite del difensore avv. Alfonso Baldascino, ricorrono avverso l’ordinanza in data 30-12-2010 con la quale il Tribunale di Napoli, sez. del riesame, ha respinto l’appello avente ad oggetto il provvedimento del Gip di Napoli, reiettivo della richiesta di dissequestro dell’azienda zootecnica Tabasso di Natale Maria e C. con sede in (OMISSIS).

In data 24.9.2008 e 9.11.2008 il Gip aveva emesso provvedimenti di sequestro preventivo di beni intestati a componenti della famiglia P., ritenuti acquistati, sulla base di convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, e in assenza di significativi redditi in capo a costoro, con denaro pervenuto a P.G., fratello di P.N., indagato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., dal clan camorristico di appartenenza.

Sequestri confermati dal tribunale del riesame con conseguente formazione del giudicato cautelare.

L’ordinanza impugnata ha escluso la sussistenza di elementi con carattere di novità rispetto alla situazione oggetto delle precedenti decisioni. Infatti il reddito dei componenti la famiglia Papa, accertato dal CT di parte, è stato ritenuto comunque sproporzionato per difetto rispetto agli acquisti effettuati, con particolare riferimento all’acquisto nel 1997 dell’azienda zootecnica da parte di P.N., anche a condividere l’assunto della continuità con essa di quella costituita nel 2007 in capo alla moglie N.M.. Infatti nel 1997 P.N. non era titolare di reddito atto a giustificare tale acquisto, risultando aver percepito, nel periodo compreso tra il 1988 e il 2006, soltanto il reddito Euro 34.107 complessivi. Con la conseguenza, in assenza di prova circa la legittima provenienza del prezzo di acquisto e la veritiera intestazione, che anch’egli era titolare fittizio dell’azienda, di fatto appartenente al fratello G..

Il ricorso si fonda su unico motivo.

1) Violazione del D.L. n. 306 del 1992, artt. 12 quinquies e 12 sexies.

Premesso il richiamo alla sentenza n. 5452/2010 di questa corte in merito all’onere dell’accusa, in caso di sequestro a carico di terzo estraneo, di addurre concreti elementi a sostegno dell’ipotesi della discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene e di indicare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, che devono essere basate su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, si censura il richiamo da parte del tribunale a dichiarazioni di pentiti, frutto di deduzioni, piuttosto che di dati di fatto, per di più neppure convergenti. In secondo luogo, posto che è l’accusa a dover dimostrare che l’asserito titolare apparente non svolge attività tale da potergli procurare il bene, si lamenta che il reddito di P.N. e N.M. sia stato stabilito sulla base del reddito agrario e dominicale dei terreni, anzichè delle dichiarazioni dei redditi richiamate dal CT di parte ( P. N. avrebbe avuto nel periodo dal 1985 al 2001 un reddito medio annuale superiore ai cento milioni di lire – tab 5 -, N.M. dal 1992 al 2001 superiore ai 150 milioni di lire – tab 7 -, e dal 2002 al 2007 di oltre 150 mila Euro – tab 8 -.) Erroneamente, poi, l’ordinanza impugnata attribuisce a P.N. un reddito complessivo di Euro 34 mila tra il 1988 e il 2006, mentre dal 1986 al 1997 risulta aver percepito un reddito di un miliardo e 100 milioni. Senza contare che il primo nucleo dell’azienda in sequestro era sorto precedentemente, su terreni in affitto, poi acquistati da N. nel 1994, e dissequestrati dal tribunale del riesame.

Il 20-5-2011 è stata depositata memoria dell’avv. Massimo Biffa, nominato da N.M. e P.U., con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

Premesso che il primo profilo oggetto di doglianza, quello della interposizione fittizia dei ricorrenti negli acquisti di beni effettuati dal congiunto P.G., esponente storico del clan dei Casalesi, con proventi delle attività illecite del gruppo camorristico di appartenenza, è coperto dal giudicato cautelare già formatosi, non sussiste la dedotta violazione di legge in relazione al secondo profilo evidenziato nel ricorso, relativo alla sproporzione tra i redditi della famiglia P./ N., composta dal fratello, dalla cognata e dai nipoti di P.G., e gli acquisti effettuati.

Invero il tribunale del riesame, come del resto il G.i.p., hanno tenuto conto della ulteriore consulenza tecnica di parte tendente ad accreditare l’esistenza di redditi familiari compatibili con l’acquisto, in particolare, dell’azienda zootecnica Tabasso di Natale Maria e C. con sede in Giano Vetusto, cui si riferisce il ricorso, ritenendo tale consulenza inidonea a contrastare la conclusione, già raggiunta in precedenti provvedimenti, della ricorrenza della sproporzione. Va premesso che per costante giurisprudenza di questa corte, in tema di sequestro preventivo propedeutico alla confisca di cui al D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, convertito in L. 7 agosto 1992, n. 356, sussiste, a carico del titolare apparente di beni, una presunzione di illecita accumulazione patrimoniale, in forza della quale è sufficiente dimostrare che il titolare apparente non svolge un’attività tale da procurargli il bene, per invertire l’onere della prova ed imporre alla parte di dimostrare da quale reddito legittimo proviene l’acquisto e la veritiera appartenenza del bene medesimo (Cass. 3889/2000). Costituisce pure jus receptum che la necessaria valutazione della sproporzione tra i beni oggetto della misura cautelare e la situazione reddituale dell’interessato, deve essere condotta avendo riguardo al reddito dichiarato o alle attività economiche esercitate non al momento della applicazione della misura e rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio del soggetto, bensì a quello dei singoli acquisti e al valore dei beni di volta in volta acquisiti (Cass. 5452/2010).

Alla stregua di tali principi, i giudici di primo e di secondo grado hanno correttamente valorizzato la circostanza della percezione da parte di P.N., titolare dal 1997 dell’azienda poi trasferita alla moglie N.M., di un reddito, nel periodo compreso tra il 1988 e il 2006, di soli Euro 34.107 complessivi, quindi sproporzionato per difetto rispetto all’acquisto effettuato, tale da non vincere la presunzione di cui sopra.

Altrettanto correttamente tale conclusione è stata ritenuta non smentita dalla circostanza che tra il 1986 al 1997 lo stesso risulta, dalla consulenza tecnica di parte, aver percepito un reddito di un miliardo e 100 milioni di lire. Infatti tale dato complessivo deve essere necessariamente correlato nelle sue componenti, in conformità all’orientamento di questa corte di cui sopra, ai redditi relativi all’anno dell’acquisto (1997, a ritenere, secondo la prospettazione dei ricorrenti, la continuità rispetto all’azienda acquistata nel 1997 da P.N., di quella attualmente intestata a N. M.) e a quelli ad esso prossimi, che, sempre nella relazione del consulente (tabella n. 5 della CT, allegata al ricorso), risultano pari, nel 1997, a 72 milioni di lire, e a zero nei due anni antecedenti, mentre i due anni successivi al 1997, si chiusero, rispettivamente, con un reddito di 21 milioni di lire e con un saldo negativo di circa 5 milioni e mezzo di lire.

Il che, come ritenuto nell’ordinanza gravata, disegna una situazione economica palesemente sperequata per difetto rispetto all’acquisto dell’azienda in questione, con conseguente operatività della presunzione, non vinta, della illecita accumulazione patrimoniale.

Non rilevano, poi, nè l’allegazione che il primo nucleo dell’azienda in sequestro sarebbe sorto precedentemente, su terreni in affitto, poi acquistati da Nicola nel 1994, nè il dissequestro di tali terreni, che costituiscono entità del tutto distinta dall’azienda zootecnica. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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