T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 06-07-2011, n. 3562 Provvedimenti contingibili ed urgenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame – notificato il 29.10.2010 e depositato il 25.11.2010 – la società E. a r.l., con sede in Qualiano (NA) alla Via Santa Maria delle Grazie, n. 32, in persona del curatore fallimentare p.t., Sossio Lupoli, impugnava, innanzi a questo Tribunale, l’ordinanza n. 42 del 10.8.2010 con cui il Sindaco del Comune di Giugliano in Campania (NA), ai sensi dell’art. 192 del D.L. vo n. 152/2006, sul presupposto di una responsabilità colposa del proprietario/detentore dell’area come sotto catastalmente censita, ingiungeva (unitamente alla società "R.P. a r.l.") alla società ricorrente, in persona del curatore fallimentare Sossio Luppoli, nella qualità di proprietaria/detentrice della predetta area:

"1) l’immediata messa in sicurezza del sito in premessa indicato in cui risultano abbandonati i rifiuti di cui alla nota della Guardia di Finanza di Napoli;

2) di provvedere, entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla notifica della presente, previo dissequestro, in solido tra loro, alla rimozione completa dei rifiuti presenti sulla predetta area allibrata nel N.C.T. del Comune di Giugliano in Campania (NA) al Foglio di mappa n. 69, particelle nn. 284, 286, 287, 294, 296, 298, 111, 112, 14, 15, 451, 453 ed al ripristino dello stato dei luoghi, indicando i centri di smaltimento o di recupero dove si intende conferirli, mediante il deposito presso i competenti Uffici comunali, di un analitico Piano di Caratterizzazione che indichi anche le opere a svolgersi".

A sostegno del gravame la società ricorrente deduceva profili di violazione di legge (art. 7 L. n. 241/1990; art. 192 D.L. vo n. 152/2006) e di eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Con ordinanza in epigrafe la Sezione accoglieva l’istanza cautelare.

L’intimato Comune non si costituiva in giudizio ed alla pubblica udienza del 16 giugno 2011 il ricorso era ritenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. L’impugnata ordinanza consegue alla nota prot. n. 430133/10 del 4.8.2010 della Guardia di Finanza – Sez. Area Napoli, acquisita in data 9.8.2010 al Prot. gen del Comune al n. 45301, ad oggetto: "Informativa ai fini del D.L. vo 3 aprile 2006, n. 152 – Gestione abusiva di discarica di rifiuti speciali non pericolosi (rif. artt. 178, 192, 208, 256 – 2° e 3° comma), a carico dei sigg. M.F. e P.F.", nella quale si rilevava nel territorio comunale, alla Via Ripuaria, in località Acquafresca s.n.c. "la realizzazione e la gestione di una discarica non autorizzata di mc. 51.000 di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da inerti provenienti dalla demolizione di costruzione ed inoltre di mc. 1.500 di rifiuti speciali non pericolosi, provenienti dalla demolizione di edifici ancora da trattare, nonché di un impianto di recupero a cinque uscite utilizzato per il trattamento ed il recupero dei suddetti rifiuti", conseguentemente disponendosi il sequestro penale ex art. 354 cod. pen. di cui al P.P. nr. 31588/10 R.G.N.R. – nr. 29519/10 R.G. G.I.P. del Tribunale di Napoli.

2. Il ricorso è fondato in relazione alla prima censura nella quale è dedotta la violazione dell’art. 7 della L. 7.8.1990, n. 241 ed alla seconda nella quale è dedotta la violazione dell’art. 192 del D.L. vo n. 152/2006, nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria.

3. In tale ultima censura la società ricorrente deduce l’erroneità del provvedimento adottato nei suoi confronti laddove le si attribuisce, nella qualità di proprietaria e detentrice dell’area, l’obbligo della rimozione dei rifiuti abbandonati sul suolo e nel suolo ai sensi dell’art. 192 D.L. vo n. 152/2006, nonostante la mancanza di dolo o di colpa nella violazione del divieto di abbandono o deposito di rifiuti incontrollati.

4. Quanto appena argomentato da parte ricorrente è comprovato dalla documentata circostanza che, ancor prima della redazione verbale della Guardia di Finanza, posto a base dell’impugnata ordinanza, il ramo di attività (fra gli altri) in titolarità della società ricorrente, inerente al recupero di rifiuti non pericolosi, ceramici ed inerti, esercitato nell’area località Acquafresca Via Riparia, con atto di compravendita del 22.12.2009 era stato ceduto alla R.P. s.r.l., con la quale, poi, relativamente al godimento del terreno di ubicazione dell’impianto di frantumazione, era stato stipulato un contratto di comodato, registrato in Pozzuoli in data 8.4.2010.

Ne deriva che il dolo e la colpa non sono stati accertati dal Comune di Giugliano il quale è giunto alla determinazione di imputare alla società ricorrente la violazione dell’art. 192 D.L.vo n. 152/2006 in quanto la medesima autorità da una visura catastale risultava proprietaria dell’area, senza tener conto che l’obbligo di bonifica e di messa in sicurezza dei siti inquinati grava in primo luogo sull’effettivo responsabile dell’inquinamento, non derivando dalla mera qualifica di proprietario o detentore del terreno.

Pertanto la curatela fallimentare risulta estranea alla determinazione degli illeciti ambientali verificatisi nell’area e non può configurarsi alcuna responsabilità del fallimento in relazione alle condotte eventualmente poste in essere dall’impresa fallita, atteso che il potere di disporre dei beni fallimentari non comporta necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili ed, in ogni caso, la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell’imprenditore fallito.

5. Come la giurisprudenza ha evidenziato in numerose occasioni (ex multis, Cfr: T.A.R. Campania, sez. V, 6 ottobre 2008, n. 13004), in caso di rinvenimento di rifiuti da parte di terzi ignoti, il proprietario o comunque il titolare in uso di fatto del terreno non può essere chiamato a rispondere della fattispecie di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti sulla propria area se non viene individuato a suo carico l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, per cui lo stesso soggetto non può essere destinatario di ordinanza sindacale di rimozione e rimessione in pristino (Cfr: T.A.R. Campania, Sez. I; 19 marzo 2004, n. 3042, T.A.R. Toscana, 12 maggio 2003, n. 1548, C. di S., IV Sez. 20 gennaio 2003, n. 168).

Tanto perché l’art. 14 D.L. vo 5 febbraio 1997, n. 22, in tema di divieto di abbandono incontrollato sul suolo e nel suolo, oltre a chiamare a rispondere dell’illecito ambientale l’eventuale "responsabile dell’inquinamento", accolla in solido anche al proprietario dell’area la rimozione, l’avvio a recupero o lo smaltimento dei rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi, ma ciò solo nel caso in cui la violazione fosse imputabile a titolo di dolo o di colpa (Cfr: T.A.R. Lombardia, Sez. I, 26 gennaio 2000, n. 292 e T.A.R. Umbria 10 marzo 2000, n. 253).

6. Tale rigorosa disciplina trova conferma nel sistema normativo attualmente vigente, quale quello del D.L. vo n. 152/2006 in tema di ambiente. In siffatto disposto normativo tutto incentrato su una rigorosa tipicità dell’illecito ambientale, alcun spazio può esservi per una responsabilità oggettiva, nel senso che – ai sensi dell’art. 192 – per essere ritenuto responsabili delle violazione dalla quale è scaturita la situazione di inquinamento, occorre quantomeno la colpa. E tale regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa non ammette eccezioni anche in relazione ad un’eventuale responsabilità solidale del proprietario dell’area ove si è verificato l’abbandono ed il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo.

7. Nel caso in esame – come fondatamente dedotto da parte ricorrente – nel reperire la giustificazione dell’impugnata ordinanza ci si limita a recepire il contenuto del verbale della Guardia di Finanza che erroneamente accerta l’essere l’area in oggetto "nella disponibilità della E. s.r.l. e R.P. s.r.l. come da contratto di comodato d’uso gratuito e cessione di ramo di azienda spontaneamente esibiti e consegnati in copia fotostatica dichiarandone formare parte integrante del verbale al fine di eseguir un controllo e verificare eventuali violazioni alla normativa a tutela dell’ambiente; tuttavia, proprio da questi, è esclusa la disponibilità dell’area da parte della E. s.r.l., ciò nonostante la messa a verbale di quanto dichiarato dal curatore fallimentare secondo il quale: "il fallimento era stato dichiarato con sentenza del Tribunale di Napoli del 5 maggio 2010 e la curatela fallimentare non è stata mai immessa nel possesso dei beni né della cava, né dell’impianto di recupero il quale è attualmente di proprietà della R.P. s.r.l. in virtù di contratto di cessione di ramo di azienda per notaio Maria Fortunata Barbarisi del 22.12.2009 che esibisco in copia, così come l’area dove sorge l’impianto risulta detenuta dalla R.P. s.r.l., come da contratto di comodato registrato in Pozzuoli l’8.4.2010 che esibisco in copia".

Inoltre, pur a voler ritenere la proprietà e/o la detenzione dell’area de qua in capo alla società ricorrente, non facendosi cenno nell’ordinanza impugnata ad accertamenti o a verifiche dai quali emerga che l’abbandono dei rifiuti sia ascrivibile (anche) a responsabilità della predetta società ricorrente, tuttavia, in concreto, un obbligo di garanzia a carico della predetta società, per la mera qualità di proprietaria/custode, è inesigibile, in quanto riconducibile ad una responsabilità oggettiva che, però, esula dal dovere di custodia di cui all’art. 2051 cod. civ. il quale consente sempre la prova liberatoria in presenza di caso fortuito (da intendersi in senso ampio, comprensiva anche del fatto del terzo e della colpa esclusiva del danneggiato).

8. Quanto si è andato esponendo rafforza la fondatezza della prima censura inerente alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e dell’art. 192, comma 3, D.L. vo n. 152/2006 che prescrive che i controlli svolti dall’Amministrazione riguardo all’abbandono di rifiuti debbano essere effettuati in contraddittorio con i soggetti interessati, con la conseguente osservanza delle regole che garantiscono la partecipazione dell’interessato all’istruttoria amministrativa.

9. Nella fattispecie il Comune di Giugliano, non utilizzando strumenti consensuali di amministrazione, ed optando, in alternativa, per lo strumento autoritativo del provvedimento/ingiunzione, illegittimamente non ha coinvolto nel procedimento la società ricorrente, nell’accusata qualità di proprietaria e/o detentrice dell’area interessata, consentendole di partecipare in contraddittorio agli accertamenti ed alle verifiche necessarie per individuare la soluzione ottimale, tecnica e logistica, della peculiare problematica sottesa all’impugnata ordinanza per la messa in sicurezza dell’area su cui erano stati abbandonati rifiuti speciali non pericolosi, rinunciando così ad un apporto della E. s.r.l. che, sarebbe stato quanto mai opportuno anche per dimostrare la mancanza di legittimazione passiva a divenire destinataria dell’impugnata ordinanza, stante l’intervenuta cessione del ramo d’azienda proprio inerente all’attività di recupero di rifiuti non pericolosi, ceramici ed inerti presso l’impianto sito alla Via Riparia s.n.c., Località Acquafresca

10. Al riguardo il Collegio condivide quanto rilevato in giurisprudenza secondo cui il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, o anche avente soltanto valenza ambientale, giustifica l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento unicamente in presenza di un’"urgenza qualificata", in relazione alle circostanze del caso concreto, che deve essere debitamente esplicitata in specifica motivazione sulla necessità e l’urgenza di prevenire il grave pericolo alla cittadinanza (Cfr: T.A.R. Campania, Sez. V, 3.2.2005, n. 764), anche perché sussiste un rapporto di conflittualità e di logica sovraordinazione tra l’esigenza di tutela immediata della pubblica incolumità e l’esigenza del privato inciso dall’atto amministrativo di avere conoscenza dell’avvio del procedimento (Cfr: T.A.R. Marche, 25 gennaio 2002, n. 97; T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 febbraio 2000, n. 168); ciò in quanto il principio partecipativo alla base della comunicazione di avvio del procedimento ha carattere generalizzato ed impone, alla luce delle regole fissate dall’art. 7 L. n. 241/1990, che l’invio di essa abbia luogo in tutte quelle situazioni nelle quali la possibilità di coinvolgere il privato non sia esclusa da esigenze di celerità che caratterizzano la fattispecie e che devono essere puntualmente esplicitate nel provvedimento in concreto adottato.

Pertanto, non accennandosi nell’impugnata ordinanza a quali siano stati i motivi di urgenza che abbiano reso obiettivamente impossibile la comunicazione di avvio del procedimento, non sussisteva alcuna concreta ragione, per adottare il provvedimento impugnato, in assoluta carenza di contraddittorio e senza il diretto coinvolgimento della diretta interessata che, nel caso di specie, sarebbe stato quanto mai opportuno, non solo per consentirgli di dimostrare il suo difetto di legittimazione passiva e l’eventuale estraneità di qualsivoglia elemento di colpevolezza a suo carico, ma anche per identificare congiuntamente le misure più idonee e per rendere praticamente attuabile qualsivoglia tipo di intervento.

11. Conclusivamente il ricorso è fondato e deve essere accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento con lo stesso impugnato e con salvezza per le ulteriori determinazioni amministrative che il Comune dovrà adottare, tenendo conto che, in questa materia, necessitano comunicazione di avvio del procedimento ed istruttoria adeguata, svolta in contraddittorio delle parti.

12. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, quinta sezione di Napoli, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (6384/2010 R.G.), proposto dalla società E. a r.l., così dispone:

a) lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza sindacale n. 42 del 10 agosto 2010 fatte salvi gli ulteriori provvedimenti amministrativi;

b) condanna l’intimato Comune al pagamento delle spese giudiziali, complessivamente quantificate in euro 1500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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