Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-05-2011) 01-07-2011, n. 25899

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto in data 7.10.2010, la corte d’appello di Caltanissetta dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione proposta da M.C., il 21.9.2010, nei confronti del Dott. Mo.

G., presidente del collegio della corte d’assise di Caltanissetta, che celebrava il processo a carico di lui M..

Le ragioni della ricusazione avanzata si basavano sul fatto che il magistrato aveva in passato subito un attentato intimidatorio nella sua casa di campagna nel (OMISSIS), con il che secondo il ricorrente, avrebbe maturato un’ avversione e dunque una prevenzione nei confronti di imputati di reati di mafia. Secondo la corte territoriale, si aveva riguardo a congetture personali, non riconducibili alle tassative ipotesi previste dall’art. 37 c.p.p., e comunque l’istanza risultava tardiva, non essendo stata presentata nei termini di cui all’art. 38 c.p.p., con il che veniva dichiarata inammissibile ed il M. veniva condannato a pagare alla cassa delle ammende la somma di Euro 750. 2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione l’interessato per dedurre, con unico motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 37 e 41 c.p.p., nonchè motivazione illogica.

Secondo il ricorrente il giudice Mo. gli avrebbe detto lei con me non deve più parlare", frase rivelatrice del malanimo del magistrato, maldisposto nei suoi confronti in quanto lui M. lo aveva querelato con atto del 14.8.2010, per cui a sua opinione sussistevano ragioni che suggerivano l’astensione del magistrato, ricorrendo grave inimicizia tra giudice e giudicabile. Sarebbe stato pretermesso dalla corte d’appello che esisteva detta querela sporta dal ricorrente contro il magistrato, per una frase da questi pronunciata all’indirizzo del M., del testuale tenore "… togliermi il fiato", elemento che avrebbe dovuto condurre a ben altra soluzione.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso anche perchè l’istanza fu intempestiva.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Con il provvedimento impugnato sono stati correttamente valutati la tardività dell’istanza di ricusazione e la mancanza di radicamento in alcuna delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, che vanno identificate in fatti oggettivi e non in mere ipotesi congetturali, quali quelle avanzate dal ricorrente. La doglianza oggi proposta sull’essere stato il Dr. Mo. denunciato da lui M. con atto di querela, è frutto di mera asserzione, poichè l’atto di querela non è stato prodotto e la frase che è stata indicata come scatenante la decisione di sporgere l’atto di sollecitazione a procedere è stata riportata estrapolata dal suo contesto, senza la relativa documentazione dei verbale dell’udienza in cui detta frase sarebbe stata pronunciata e quindi non è sufficiente a dare ragione delle doglianze avanzate.

Il ricorso sul punto non è quindi autosufficiente, nel senso che non contiene la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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