T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 06-07-2011, n. 3561 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato l’11.11.2010 e depositato il 10.12.2010, D.F.F., operatore sociosanitario, in servizio presso l’A.O. Monaldi, ha impugnato il decreto col quale il Prefetto di Napoli ha respinto il suo ricorso gerarchico avverso il provvedimento di Avviso Orale (che viene verbalizzato unicamente per conferirgli data certa) adottato dal locale Questore nei suoi confronti il 4 marzo 2009 ai sensi dell’art. 4 dell’art. 4 L. 27 dicembre 1956 n. 1423, e con il quale gli si era intimato "di tenere una condotta conforme alla legge, che in caso di persistenza in azioni illecite, potrà essere proposto per l’applicazione di una misura di prevenzione previste dall’art. 3 della legge 27.12.1956, n. 1423 e successive modifiche"".

A tal fine, dopo aver evidenziato che l’unico episodio contestato a suo carico e per il quale era stato deferito all’Autorità Giudiziaria si era verificato durante una manifestazione pubblica dell’Associazione di operatori sociosanitari dallo stesso coordinata, allorquando era stato coinvolto in alcuni tafferugli sviluppatisi con altra associazione di categoria nel corso dei quali due appartenenti alla Polizia di Stato erano rimasti feriti, ha dedotto i seguenti motivi di ricorso:

1)Violazione degli artt.1 e 4 L. n. 1423/1956 cit. ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, dell’avviso orale, inesistenza dei presupposti, erroneità, ingiustizia, travisamento, sproporzione, sviamento, assumendo la non ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dal rubricato art. 1 per l’adozione dell’impugnato provvedimento, in quanto, nella sua qualità coordinatore sindacale, si sarebbe trovato, suo malgrado, coinvolto e senza alcun apporto attivo nei tafferugli sviluppatisi nel corso di una manifestazione di lavoratori con la conseguenza che, nella fattispecie, sarebbero assenti gli elementi di fatto che possano indurre ad un giudizio di pericolosità, anche considerando l’assenza di precedenti penali, come dimostrato dal certificato del casellario giudiziale e dei carichi pendenti;

2)Ulteriore violazione degli artt.1 4 L. n. 1423/2006 ed eccesso di potere per inesistenza dei presupposti in fatto e diritto, difetto di istruttoria e della motivazione, omesso contemperamento degli interessi, sproporzione, iniquità, illogicità manifesta, in quanto l’applicazione della misura richiederebbe l’accertamenti di elementi di fatto tali da indurre l’Autorità di Polizia a ritenere configurabile una personalità incline a comportamenti asociali o antisociali, mentre nella fattispecie il giudizio prognostico non sarebbe stato correttamente svolto in quanto basato su non meglio precisati pregiudizi di polizia, ancora oggetto di accertamenti da parte dell’Autorità Giudiziaria, mentre irrilevante sarebbe il contestato deferimento all’Autorità giudiziaria;

3)Violazione degli artt. 7 e 10 bis L. 7 agosto 1990 n. 241 ed eccesso di potere, in quanto sarebbe stato omessa la comunicazione dell’avvio dei procedimenti finalizzato alla reiezione del ricorso gerarchico.

L’Amministrazione intima si è costituita in giudizio e, oltre a produrre documentazione, ha controdedotto alle argomentazioni avversarie chiedendo che il ricorso sia respinto.

L’istanza cautelare era stata accolta dalla Sezione con l’ordinanza in epigrafe.

Alla pubblica udienza del 16 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il Collegio ricorda che l’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 stabilisce che i provvedimenti ivi previsti si applicano nei confronti:

– di coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;

– di coloro, che per la condotta ed il tenore di vita, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

– di coloro che, per il loro comportamento, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Il successivo art. 4 (come modificato dall’art. 5 L. 3 agosto 1988, n. 327) della stessa legge n. 1423/1956 soggiunge che l’applicazione dei provvedimenti di cui all’art. 3 (sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) è consentita dopo che il Questore nella cui provincia la persona dimora ha provveduto ad avvisarla oralmente che esistono sospetti a suo carico e ad indicare i motivi che li giustificano, invitando la persona destinataria a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo il processo verbale dell’avviso al solo fine di dare allo stesso data certa.

Pertanto, l’avviso orale di cui all’art. 4 della legge 1423/1956, come modificato dalla legge 327/1988 è esclusivamente l’avvertimento della sussistenza di sospetti a carico di una persona, per la quale si profilano "elementi di fatto" che facciano ritenere l’appartenenza ad una delle categorie previste dall’art. 1 della legge 1423/1956, e non ha altro effetto se non quello di consentire la proposta all’Autorità giudiziaria, entro tre anni, di applicazione delle misure di prevenzione.

Insomma, proprio perché si tratta solo di un avvertimento, il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto avvisato non richiede la sussistenza di prove compiute sulla commissione di reati, essendo sufficienti anche meri sospetti basati su elementi di fatto tali da indurre l’Autorità di polizia a ritenere sussistenti le condizioni di pericolosità sociale che possono dar luogo, da parte del giudice, all’applicazione delle misure di prevenzione.

Ne consegue che è legittimo procedere all’avviso orale anche in assenza di addebiti specifici, purché emerga una situazione rivelatrice di personalità incline a comportamenti asociali o antisociali (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. IV 4 maggio 1984, n. 312; TAR Campania, Napoli, Sez. III, 22 febbraio 2003 n. 1252).

2. Nella fattispecie, il D.F.F. con l’avviso orale (il cui dispositivo con i successivi atti in questa sede impugnati è stato confermato dal Questore e dal Prefetto) è stato avvisato oralmente e formalmente che a suo carico esistono taluni elementi – nel contesto dell’atto stesso specificamente indicati – ed invitato, quindi, a tenere, per il futuro una condotta conforme alla legge al fine di evitare che, perdurando la di lui censurabile condotta e pericolosità per la sicurezza pubblica, venga avanzata nei suoi confronti la proposta all’Autorità giudiziaria dell’applicazione della sorveglianza speciale.

In detto avviso è precisato, peraltro, che l’interessato "ha pregiudizi per violenza privata, lesioni personali, violenza o minaccia a P.U., ed altro e frequenta pregiudicati".

3. Come risulta dalla documentazione versata in atti dalla difesa dell’Amministrazione, tali elementi sono meglio e più dettagliatamente descritti nella nota prot. 021/M.P.S./APR/201 del 15.9.2009, inviata dalla Questura di Napoli Divisione di Polizia Anticrimine alla Prefettura di Napoli, a richiesta di quest’ultima di parere a seguito di proposizione di ricorso gerarchico, nella quale nota si rappresenta che: "In via preliminare, dall’esame del Sistema Indagine (SDI) del Ministero dell’Interno, degli atti di ufficio e del casellario giudiziale, a suo carico risultano precedenti di polizia per oltraggio a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, istigazione a delinquere, violenza provata,resistenza a pubblici ufficiali, lesioni aggravate.

Entrando nel merito dell’impugnato provvedimento, si precisa che l’avviso orale ex art. 4 L. n. 1403/56 veniva adottato su proposta del 3 marzo 2009 della Divisione D.I.G.O.S. Questura di Napoli.

In tale atto l’organo proponente evidenziava come il sottoposto, già noto quale leder/portavoce dell’Associazione Operatori Socio Sanitari di Napoli che da diversi anni si occupa delle vertenze occupazionali in favore dei propri iscritti, specie con manifestazioni nel capoluogo, si fosse recentemente distinto in due occasioni come persona violenta e turbatrice dell’ordine pubblico.

In data 16.7.2008, infatti, egli era deferito all’A.G. per il reato di manifestazione non autorizzata (art. 18, 3°comma, T.U.L.P.S.) unitamente ad altre persone di cui una con precedenti per ricettazione, uso atto falso e contrabbando T.L.E., mentre in data 5.2.2009 era denunciato per istigazione a delinquere aggravata e, in concorso con altre persone, per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate.

Anche in tale circostanza si ritrovava con persone gravate da reati quale contrabbando T.L.E. ed estorsione.

Di quanti affermato in sede di proposta si aveva riscontro dagli atti d’ufficio con le informative di reato di cui sopra.

Inoltre il Commissariato P.S. VicariaMercato, interpellato in sede di istruzione dell’istanza di revoca, con missiva del 5.5.2009, riferiva che "presso i propri atti risultava un arresto del D.F. avvenuto, ad opera della Squadra Mobile di Napoli, nel 1979 e di non avere ulteriori elementi idonei a lumeggiare sul suo stile di vita".

4. Dunque, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, l’episodio accaduto il 4 febbraio 2009 per il quale è stato deferito all’A.G. non è stato unico ed occasionale.

Inoltre, come risulta dall’atto di deferimento all’A.G., quanto accaduto in data 4 febbraio 2009 si connota per la gravità dei fatti essendosi il D.F. reso responsabile, in concorso con altri, di reati commessi nel corso di una pubblica manifestazione, relativi ad una brutale aggressione operata nei confronti di alcuni operatori sociosanitari appartenenti ad altra organizzazione di categoria, denominata "A.P.O.S.S.", nonché nei confronti di appartenenti alla D.I.G.O.S., in servizio di Ordine Pubblico che, intervenuti a tutela degli aggrediti, oltre ad essere stati minacciati, venivano inseguiti e picchiati con inusitata violenza; in particolare quanto al ruolo rivestito dal D.F., quest’ultimo "già con l’inizio della manifestazione palesava a personale di questa D.I.G.O.S. "insofferenza" verso i manifestanti già presenti in Piazza del Plebiscito e facenti parte di avversa organizzazione rappresentativa di operatori sociosanitari ed, inoltre, utilizzando un impianto di diffusione sonora incitava pubblicamente contro i manifestanti dell’altra organizzazione sindacale per posporsi personalmente alla testa del gruppo che ha poi posto in essere l’aggressione e la conseguente grave turbativa dell’O.P.

Per quanto precede, a parere di questa P.G., il D.F., non solo ha istigato alla commissione di reati, primo tra i quali la violenza privata, ma la sua condotta si è poi concretizzata nei reati consumati dai soggetti tratti in arresto, fornendo un rilevante contributo causale, in qualità di istigatore alla realizzazione della condotta, anche in virtù della leadership ricoperta all’interno della propria associazione".

Tanto basta per far constatare che nel contestato verbale di avviso orale emesso dal Questore di Napoli (e, sostanzialmente, anche nella successiva decisione del Prefetto intervenuta a seguito di ricorso gerarchico) sono facilmente enucleabili la ragioni sostanziali a giustificazione dell’atto medesimo, riconducibili al fatto "storico", comunque risultante agli atti della Questura, che il ricorrente è stato più volte denunciato per vari reati occasionati dalla sua qualità di responsabile di coordinamento sindacale ed alla circostanza della frequentazione con soggetti già gravati da pregiudizi penali.

È proprio sulla base di siffatto presupposto, dunque, che il Questore di Napoli si è poi rivolto "oralmente e formalmente" all’interessato, facendo presente – con un provvedimento motivato con specifico riferimento a tali circostanze – che a suo carico esistono gli elementi nell’apposito avviso indicati, invitandolo a tenere, per il futuro, una condotta conforme alla legge al fine di evitare che, nei termini previsti dalla norma predetta, sia avanzata – nel caso che il suo censurabile comportamento prosegua – la proposta dell’applicazione a suo carico, da parte dell’Autorità giudiziaria, della misura della sorveglianza speciale.

5. Ciò posto, in ordine ai presupposti e al contenuto degli atti originariamente impugnati, il Collegio deve osservare – venendo più specificamente all’oggetto della controversia – che la norma attributiva del potere nella specie esercitato ha introdotto nel sistema un principio di carattere generale, in base al quale le autorità di pubblica sicurezza possono emettere avviso orale quando sussistono gli elementi di fatto di cui al richiamato art. 1 L. 1423/1956, in armonia con la finalità della legge stessa, che è appunto quella di prevenire la commissione di reati e, in particolare, le manifestazioni di pericolosità sociale.

Pertanto, l’avviso orale a tenere una condotta conforme alla legge – che rappresenta, invero, la misura più tenue tra quelle previste dalla legge n. 1423/1956 e costituisce la condicio sine qua non per l’eventuale applicazione delle misure di cui alla stessa legge – ben può essere motivato con riferimento anche a semplici sospetti a carico del destinatario, purché basati su elementi di fatto che ne facciano ragionevolmente ritenere l’appartenenza ad una delle menzionate categorie ex art. 1 L. 1423/1956.

Infatti, presupposto per l’emanazione dell’avviso in questione non è l’esistenza, secondo quanto sopra precisato, di "specifiche prove" sulla commissione di reati, essendo sufficienti, appunto, anche meri sospetti sugli elementi di fatto che, secondo la regola della logica e della ragionevolezza, inducano la competente Amministrazione a ritenere la sussistenza di quelle condizioni di pericolosità sociale che possano dar luogo all’applicazione di misure di prevenzione.

In altri termini, circa l’applicabilità da parte del Questore dell’avviso orale previsto dall’art. 4 L. 1423/1956, il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto avvisato non richiede la commissione di specifici reati, essendo sufficiente che l’Autorità di polizia sospetti semplicemente della presenza di elementi tali da ritenere la configurabilità, nel soggetto destinatario dell’avviso, di una personalità propensa a seguire particolari comportamenti antigiuridici.

6. Ora, trasferendo i richiamati principi al caso particolare oggetto di esame, deriva che la fase istruttoria del procedimento finalizzato ad emettere l’impugnato avviso orale, in effetti, si è nella specie concretata nella valutazione delle informazioni di cui le autorità di pubblica sicurezza erano in possesso al fine di verificare, sulla base di tali risultanze, la possibile pericolosità sociale del ricorrente.

Di conseguenza, per giudicare l’eventuale fondatezza della censura centrale proposta nell’originario gravame di difetto di istruttoria e insufficienza della motivazione (motivi primo e secondo), occorre verificare se gli interessi in gioco siano stati dall’Amministrazione correttamente acquisiti, valutati e confrontati; occorre, in definitiva, valutare se il suddetto giudizio di prognosi sia stato correttamente formulato.

La discrezionalità amministrativa ha, infatti, come suoi predicati sia la legittimità sia il merito e per essere immune da vizi, di legittimità o di merito, deve essere convenientemente volta al perseguimento del fine pubblico previsto dalla norma attributiva del potere secondo una corretta qualificazione, valutazione e ponderazione di tutti gli interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’iter procedimentale, secondo lo schema in precedenza descritto.

Orbene, nel caso di cui trattasi, ritiene il Collegio che il potere pubblico sia stato correttamente esercitato, non sussistendo né la violazione della L. 1423/1956, né il vizio di eccesso di potere, sotto il profilo dell’insufficienza della motivazione.

In proposito, d’altronde, la giurisprudenza, nell’interpretare la normativa ora richiamata, ha da tempo fissato alcuni punti di riferimento, il primo dei quali attiene al pacifico rilievo secondo cui, se è vero che il provvedimento preventivo deve essere motivato con riferimento a concreti comportamenti attuali del soggetto dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica, resta fermo che tali comportamenti non debbono necessariamente concretarsi in circostanze univoche ed episodi definiti, ma possono desumersi da una valutazione indiziaria fondata su circostanze di portata generale e di significato tendenziale, o su contesti significativi nel loro complesso. Secondo i principi giurisprudenziali, peraltro, il giudizio di pericolosità sociale che giustifica l’irrogazione della misura di prevenzione è tipica valutazione di merito, che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo se non sotto profili di abnormità dell’iter logico o di incongruenza della motivazione, profili nella specie non sussistenti.

Ora, applicando dette coordinate al caso in questione, risulta evidente che l’Autorità di Polizia ha adottato il provvedimento impugnato sulla scorta di elementi di fatto tutt’altro che generici siccome riconducibili alle varie segnalazioni a suo carico sopra menzionate.

7. In definitiva, tutti gli elementi sopra ricordati contribuiscono a delineare nel complesso un quadro di fatto, rispetto al quale il giudizio di pericolosità formulato dall’Amministrazione – nei limiti in cui esso è sindacabile nella presente sede di legittimità – appare tutt’altro che irragionevole o arbitrario

8. Resta da esaminare il terzo motivo col quale è stata denunciata la violazione dell’art. 7 L. 7 agosto 1990 n. 241 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

9. Anche tale censura è infondata.

Secondo un noto ed ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, consacrato a livello legislativo nel disposto dell’art. 21 octies comma 2 L. n. 241 del 1990, nel testo introdotto dalla recente L. n. 15 del 2005, le ipotesi per le quali l’obbligo di comunicazione di avvio acquista rilievo ai fini della legittimità dello svolgimento dell’iter procedimentale ricorrono nelle sole fattispecie per le quali un apporto endoprocedimentale rivesta effettivo e concreto rilievo ai fini dell’adozione della conclusiva determinazione.

Pertanto, l’obbligo della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo (previsto dall’art. 7 L. n. 241 del 1990) sussiste solo quando, in relazione alle ragioni che giustificano l’adozione del provvedimento, e a qualsiasi altro possibile profilo, la comunicazione stessa apporti una qualche utilità all’azione amministrativa, affinché questa, sul piano del merito e della legittimità, riceva arricchimento dalla partecipazione del destinatario del provvedimento, in mancanza dell’illustrata utilità venendo meno l’obbligo della comunicazione di cui trattasi:

Orbene, nel caso di specie, la decisione di adottare l’avviso orale rientra nel novero degli apprezzamenti astrattamente rimessi all’esclusiva volontà dell’amministrazione procedente, rispetto ai quali non appare ipotizzabile alcun apporto da parte dell’amministrato, di tal che va rilevato come non appaia configurabile alcun ipotizzabile margine di utilità, per l’azione amministrativa, rinveniente dall’apporto endoprocedimentale ordinariamente consentito al soggetto nei cui confronti sono indirizzate le ricadute effettuali di quest’ultima.

D’altra parte, né nel corso del presente giudizio, né precedentemente (richiesta di revoca dell’avviso orale e nel ricorso gerarchico) il ricorrente ha in qualche modo contestato la veridicità dei presupposti di fatto su cui si basa l’avviso stesso, sicché risulta davvero difficile ipotizzare in cosa avrebbe potuto consistere il suo apporto partecipativo.

10. Il ricorso deve essere, pertanto, respinto.

11. Le spese di giudizio seguono,come di regola, la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Quinta sezione, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di giudizio che, comprensive di diritti, onorari ed altre competenze, sono liquidate in complessivi Euro1000,00 (mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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