Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-05-2011) 01-07-2011, n. 25898 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 16 settembre 2010, depositata in cancelleria il 22 settembre 2010, il Tribunale di Sorveglianza di Roma, in accoglimento del reclamo avanzato nell’interesse del D. avverso il decreto ministeriale di proroga del regime previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis, revocava il regime di sospensione delle regole detentive inframurarie ordinarie ex L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis nei confronti del medesimo.

1.1 – Veniva rilevato nella decisione che tale regime non era giustificato per l’inserimento del condannato nella organizzazione di stampo mafioso C. in posizione non apicale per cui era improbabile che l’organizzazione medesima avesse interesse a mantenere i rapporti con un soggetto di modesta caratura. a. – Avverso il citato provvedimento è insorto tempestivamente il Procuratore Nazionale Antimafia osservando che il giudice non solo aveva svalorizzato la pur ritenuta organicità del D. nell’ambito dell’organizzazione criminosa di riferimento, ma aveva anche sminuito la forza e la vitalità criminale di essa associazione, non tenendo conto della documentazione raccolta, cui il decreto di proroga aveva fatto rimando, e attestante la pericolosità del soggetto.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

3.1 – Giova premettere che il ricorso in esame trova la sua disciplina nella L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis, comma 2 sexies, il quale dispone, come è noto, che l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che abbia deciso sul reclamo proposto avverso il Decreto Ministeriale di cui all’art. 41 bis, comma 2 bis è ricorribile in cassazione "per violazione di legge". Nel caso di specie il ricorrente ha sostanzialmente prospettato tale vizio di legittimità sub specie del grave difetto di motivazione, giacchè, secondo prospettazione difensiva, il giudice a quo avrebbe motivato in termini apparenti in ordine alla sussistenza della pericolosità sociale, della sua attualità, nonchè in ordine ad ogni altro requisito richiesto dalla norma per l’adozione del grave provvedimento impugnato, in particolare in ordine ai collegamenti del detenuto con un’associazione criminale.

Orbene, secondo costante e risalente insegnamento di questa Corte (Sez. 6, 13 marzo 1992, n. 7441, p.c in proc. Bonati ed altri, rv.

190883) la violazione di legge concernente la motivazione trova il suo fondamento nella disciplina costituzionale di cui all’art. 111, commi 6 e 7 e consiste nella omissione totale della motivazione stessa ovvero allorchè ricorrano le ipotesi di motivazione fittizia o contraddittoria, che si configurano, la prima, allorchè il giudicante utilizza espressioni di stile e stereotipate, e la seconda quando si riscontri un argomentare fondato sulla contrapposizione di argomentazioni decisive di segno opposto. Rimangono escluse dalla nozione di violazione di legge connessa al difetto di motivazione tutte le rimanenti ipotesi nelle quali la motivazione stessa si dipani in modo insufficiente e non del tutto puntuale rispetto alle prospettazioni censorie.

Di tali principi generali ha fatto buon uso la Corte di legittimità delibando il vizio in parola in ipotesi di impugnativa dinanzi ad essa dell’ordinanza di rigetto L. n. 354 del 1975, ex art. 41 bis, comma 2 sexies. Secondo quanto stabilito in un orientamento consolidato e condiviso da questo Collegio (Cass., Sez. 1, 9 gennaio 2004, n. 449; 14 novembre 2003 n. 5338; 9 novembre 2004, n. 48494) in tema di regime carcerario differenziato, nella nozione di violazione di legge per cui è soltanto proponibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza – L. n. 354 del 1975, art. 41 bis, comma 2 sexies, – deve farsi rientrare anche la mancanza di motivazione, alla quale vanno ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano così scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (anche Cass., Sez. 1, 9 maggio 2006, n. 19093). Non è pertanto censurabile il profilo della pretesa illogicità o contraddittorietà della motivazione, ma solo la carenza totale o la mera apparenza della stessa.

3.2. – Ciò posto deve osservarsi che, nel provvedimento gravato, più che un deficit motivazionale è apprezzabile un’erronea applicazione della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis avendo il giudice erroneamente ritenuto che il regime speciale predetto non si attagli tout-caurt a soggetti che non si trovino in posizione apicale e comunque a chi non sia stata contestata, come verificatosi per il D., l’aggravante di cui al capoverso dell’art. 416 bis c.p., ben potendo per contro asseverarsi la necessità della prosecuzione del regime, non solo dalla comunque certa collocazione del soggetto nella consorteria di riferimento, sulla base delle informative assunte e della biografia criminale che gli è propria, ma anche dagli altri elementi dalla legge indicati nella novella del 2009.

Il Tribunale di Sorveglianza nulla ha in concreto ha argomentato circa la sussistenza delle condizioni e dei presupposti per il mantenimento dello speciale regime imposto anche e soprattutto con riferimento alle indicazioni di cui alla recente L. 15 luglio 2009, n. 94 che, novellando la L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis, ha previsto che la proroga (ora della durata di anni due) sia disposta quando emerga non essere venuta meno la capacità del sottoposto di mantenere collegamenti con il gruppo criminale di provenienza, tenuto conto del profilo criminale, del ruolo coperto nell’associazione, della perdurante operatività del sodalizio, della sopravvenienza di nuove incriminazioni, dell’esito del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari.

3.3. – Deve infine osservarsi che il provvedimento gravato verte su una richiesta di proroga del regime differenziato sicchè, con evidenza, gli stessi elementi posti a fondamento dell’imposizione originaria, sono stati diversamente valutati dal giudice come non sufficienti a legittimarne la prosecuzione senza che ne fosse data ragionata contezza in un’argomentazione logica e congruente.

In altre parole il vaglio del giudice è stato gravemente lacunoso perchè incompleto e non ottemperante dei chiari parametri normativi sicchè è censurabile come vizio di legge in questa sede.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p. come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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