Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-05-2011) 01-07-2011, n. 25896 Ammissibilità e inammissibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 16 marzo 2010, depositata in Cancelleria il 19 luglio 2010, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna dichiarava l’irrilevanza della eccepita questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 391 bis c.p. come previsto dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 2, comma 26 con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. e rigettava i quattro reclami avanzati nell’interesse di B.P. ex L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 18 concernenti la contestazione della fondatezza della censura della corrispondenza epistolare censurata in arrivo e in partenza.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore e anche personalmente, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il B. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali. a) con il primo motivo veniva reiterata l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 391 bis c.p. con riferimento sia all’art. 24 Cost. (giusta la limitazione dell’attività difensiva non potendo infatti il difensore comunicare il contenuto della corrispondenza censurata e di acquisire informazioni dal detenuto stesso o da terzi che siano utili alla comprensione del significato della corrispondenza medesima) che all’art. 3 Cost. (essendo rimessa all’amministrazione penitenziaria la segnalazione della corrispondenza censurabile peraltro solo ai detenuti in regime della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis);

b) con il secondo motivo veniva censurato il difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata in quanto ancorchè riportare il tenore delle espressioni censurate si limita a dichiarare il requisito della cripticità delle stesse.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

3.1 – Giova in via preliminare osservare che il ricorso redatto personalmente dal B. è illeggibile sicchè lo stesso si palesa inammissibile (si confronti sul punto, tra le altre, la decisione Cass., Sez. 4, 9 marzo 2005, n. 19825, Ouni, rv. 231358 che ha espresso, ancorchè per le sentenze, il principio di diritto qui applicato: "l’illeggibilità, anche parziale, della sentenza redatta a mano può essere causa di nullità per mancanza della motivazione, risultando violato sia il principio generale di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, sia il diritto di difesa dell’imputato, che può risultare compromesso o limitato nel momento in cui la parziale comprensione della sentenza influisca sull’efficacia dei mezzi di impugnazione che possono essere attivati;

in ogni caso, la illeggibilità deve essere valutata caso per caso, apprezzata dalle parti e verificata dal giudice, che la può rilevare anche d’ufficio").

3.2 – Quanto all’impugnativa a firma del difensore deve rilevarsi invece che l’eccezione di illegittimità costituzionale non solo è astratta e irrilevante (per non avere alcuna diretta incidenza sul provvedimento impugnato), ma anche manifestamente infondata.

La censura nella fattispecie, e dunque la compromissione del diritto defensionale costituzionalmente tutelato di cui all’art. 24 Cost., è giustificata dal particolare regime di sorveglianza speciale previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis, in forza del quale il detenuto è peraltro edotto, sin dal momento della notifica del decreto applicativo, del fatto che la sua corrispondenza sarà stata sottoposto a censura (art. 3 decreto ex L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis).

A parte il dover sollevare seri dubbi circa la legittimità della decisione dell’Autorità giudiziaria di mettere a conoscenza del difensore il contenuto della corrispondenza censurata, è appena il caso di osservare come l’esercizio dell’attività difensiva non implica necessariamente la violazione da parte del difensore dell’art. 341 bis c.p. non dovendo per vero l’avvocato, nel raccogliere informazioni presso il proprio cliente (onde valutare la legittimità della censura della corrispondenza) comunicare per forza allo stesso il contenuto delle missive in questione ben potendo oltretutto assumere indicazioni anche ottunde. Sotto il profilo della piena giustificabilità del controllo sulla corrispondenza epistolare in regime dell’art. 41 bis OP si profila la conseguente totale infondatezza anche della sollevata violazione dell’art. 3 Cost., giusta la non parificabilità del detenuto comune al detenuto in regime differenziato.

3.3 – Da rigettare è infine la censura che attiene all’onere motivazionale del provvedimento di non inoltro o di trattenimento, posto la L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 18 ter la prevede solo per i provvedimenti limitativi della corrispondenza. Va ritenuto, infatti, in ossequio alla giurisprudenza del Supremo Collegio sul punto, che l’obbligo della motivazione può ritenersi assolto qualora emerga che il giudice abbia preso in esame gli elementi versati in atti e li abbia valutati con modalità non palesemente illogiche. Va inoltre rilevato che la motivazione di un provvedimento ben può essere sintetica, specie in una materia che, come quella in esame, esige una doverosa riservatezza, onde evitare di rendere pubbliche situazioni che potrebbero esporre a pericolo le istituzioni (cfr., con riferimento al dovere di garantire la riservatezza della materia, Cass., Sez. 1, 27 marzo 2008, n. 17799, Lioce, rv. 239850), essendo sufficienti anche poche ma incisive parole, che siano idonee a dimostrare, come nella specie in esame, che non è stata meramente ripetuta la formula della legge, ma che abbia avuto luogo un’adeguata disamina dello specifico caso concreto (Sez. 1, 4 dicembre 2008, n. 3713, Uoce, rv. 242525).

La ratio nella norma applicata è del resto quella di non consentire attraverso la motivazione del provvedimento di rigetto la veicolazione forzata di quelle stesse informazioni che, con la censura della corrispondenza, si voleva evitare per cui l’esplicitazione dei motivi che attengono alla causale del provvedimento censorio trova necessariamente il suo contemperamento nelle esigenze di interrompere la normale circolazione delle missive sospette; in ogni caso, a ben vedere, quanto alla posta in entrata che il detenuto giocoforza non conosce, le argomentazioni spese nel provvedimento non servono a consentirgli di contestare nel dettaglio la censura stessa, bensì a opporsi al provvedimento di diniego in sè, in quanto, con evidenza, in tanto il destinatario potrebbe avversare la qualità negativa intravista dal giudice di alcune frasi in quanto egli fosse a conoscenza del contesto in cui calare quelle stesse frasi e che invece non deve e non può avere. La motivazione della censura espressa nel provvedimento servirà pertanto, quale garanzia di controllo, al giudice dell’impugnazione chiamato a esaminare il reclamo del condannato, che, in quella sede, potendo leggere la missiva censurata, valuterà, sempre nel rispetto della riservatezza, la sussistenza delle ragioni censorie.

4. – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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