T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 06-07-2011, n. 3542 Beni di interesse storico, artistico e ambientale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è proprietaria di un fondo rustico con cellaio, sito nel Comune di Lacco Ameno, in località "Pannella" e censito in catasto al fol. 7 p.lla 573.

Il suddetto immobile è stato dichiarato di interesse storico – artistico con decreto ministeriale del 24.10.1991 e, per l’effetto, sottoposto ai vincoli di tutela di cui alla legge n. 1089 del 1939.

Avverso tale atto la ricorrente ha articolato le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 3 della legge n° 241/1990, in quanto l’Amministrazione non avrebbe compiuto alcuna conferente istruttoria, dando valore esclusivamente ad opinioni personali e dicerie; di contro gli elementi desumibili dalle fonti ufficiali non conterrebbero alcun riferimento alla rilevanza storica del sito;

2) del pari, non costituirebbe una peculiare caratteristica dei luoghi la rilevata presenza dei muri in pietra detti "parracine", diffusamente presenti sul territorio di Ischia.

Resiste in giudizio il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, che ha concluso per la reiezione del ricorso.

All’udienza del 7.6.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

Con una prima censura la ricorrente lamenta l’insufficienza del corredo motivazionale dell’atto impugnato. Ai suddetti fini, deduce, anzitutto, l’inettitudine strutturale del provvedimento a veicolare nelle forme prescritte dalla legge conferenti argomentazioni a sostegno del relativo contenuto precettivo; e ciò a cagione del fatto che l’impugnato decreto rinvia ai motivi contenuti nella relazione tecnica, giammai notificata, e, dunque, di per se stessa, non idonea ad integrare il mentovato decreto per relationem.

La censura è infondata.

Il preambolo del decreto ministeriale del 24.10.1991 reca, invero, un rinvio esplicito alla relazione storico – artistica allegata (…."ha interesse particolarmente importante ai sensi della citata legge per i motivi contenuti nella relazione storico artistica allegata"), della quale, pertanto, mutua integralmente le valutazioni storico – artistiche e le connesse ragioni giuridiche che reggono le misure di tutela imposte.

Appare, dunque, di tutta evidenza come la fattispecie in esame rifletta specularmente lo schema giuridico convalidato dall’3, comma III della l. n. 241 del 1990, secondo cui "Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama".

Resta, poi, acquisito che la disponibilità dell’atto richiamato per relationem debba essere intesa nel senso che all’interessato deve essere consentito di prenderne visione, di richiederne ed ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio, sicché non sussiste l’obbligo dell’Amministrazione di notificare all’interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell’interessato (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 11 febbraio 2011, n. 896).

In definitiva, il provvedimento amministrativo preceduto da atti istruttori o da pareri può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo ad essi, giacché tale richiamo sottintende l’intenzione dell’Autorità emanante di farli propri, assumendoli a causa giustificativa della determinazione adottata, ma a condizione che dal complesso degli atti del procedimento siano evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione, onde consentire al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall’ordinamento e al giudice amministrativo, ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza (cfr. Consiglio di stato, sez. VI, 24 febbraio 2011, n. 1156).

Il suddetto risultato, avuto riguardo al caso di specie, risulta in concreto ampiamente garantito: la relazione storico – artistica richiamata nel provvedimento impugnato è stata messa a disposizione della ricorrente, come è fatto palese dalla circostanza che è stata finanche prodotta a corredo dell’atto di gravame.

D’altro canto, la stessa piana lettura delle ulteriori doglianze in cui si articola il costrutto giuridico attoreo – che aggrediscono i contenuti della valutazione svolta dall’organo tutorio – dimostra la piena consapevolezza, da parte della ricorrente, di tutti gli snodi motivazionali di cui si compone la traiettoria argomentativa in cui impinge il provvedimento impugnato.

Sotto diverso profilo, con un ulteriore motivo di censura, la parte ricorrente lamenta l’insufficienza degli elementi sintomatici valorizzati dal Ministero ai fini del giudizio di interesse storico – artistico posto a fondamento dell’impugnato decreto.

Nella suddetta prospettiva, la ricorrente pone in dubbio l’effettività di un concreto collegamento del sito con l’eroe del Risorgimento Giuseppe Garibaldi.

Allo stesso modo, nel costrutto di parte ricorrente viene stimato come inconferente il dato concernente la rilevata presenza dei muri in pietra detti "parracine", diffusamente presenti sul territorio di Ischia e, dunque, genericamente caratterizzanti il paesaggio dell’intera Isola.

Anche tale censura si rivela priva di pregio.

E’, invero, riduttiva, se non addirittura fuorviante, la lettura del provvedimento impugnato da cui prendono abbrivio le censure mosse dalla ricorrente, di talchè risulta menomata, in radice, la stessa effettiva portata caducatoria della domanda all’uopo spiegata.

La stessa relazione storico – artistica, che offre, come già detto, adeguato supporto motivazionale al decreto impositivo del vincolo in argomento, quanto al primo punto in contestazione, si limita a riportare la comune denominazione "cantina Garibaldi" assegnata al sito in questione.

Tale circostanza non è contestata da parte ricorrente che, piuttosto, offre una ricostruzione alternativa sulle reali origini di tale denominazione, ricollegandola al nomignolo di un vecchio colono.

Ciò nondimeno, una serena lettura della mentovata relazione evidenzia come il collegamento con l’eroe risorgimentale non sia la ragione unica e fondante del vincolo imposto: anzi, a ben vedere, tale aspetto viene citato solo incidenter tantum nella proposizione introduttiva e, peraltro, in forma dubitativa ("…infatti sembrerebbe che il Generale ne abbia usufruito durante il soggiorno a Lacco Ameno nel giugno del 1864").

Di contro, il particolare rilievo storico – artistico della struttura risulta tutto polarizzato sulla particolare collocazione e sulle originali caratteristiche architettoniche, tipologiche e costruttive.

La relazione pone, infatti, in risalto che l’area su cui sorge il manufatto architettonico "..ha una configurazione a terrazzamenti atta alla coltivazione dei vigneti in pianura"….La Cantina si inserisce su di un terrazzamento per tre lati consecutivi, aprendosi completamente sulla parte frontale verso il terrazzamento più basso da cui si accede".

Del pari, vengono valorizzate – come già sopra anticipato – le peculiari caratteristiche costruttive del manufatto, ma anche sotto tale diverso profilo le osservazioni censoree della ricorrente risultano riduttivamente incentrate sulla sola contestazione del riferimento – ritenuto non decisivo dalla ricorrente – ai muri in pietra detti "parracine".

Tale punto, pur costituendo uno dei passaggi motivazionali della relazione, non esaurisce, però, il contenuto delle valutazioni all’uopo svolte dall’organo tutorio che, nell’ambito di una più ampia visione di insieme, mette adeguatamente in risalto ulteriori caratteristiche di rilievo storico- artistico, inspiegabilmente rimaste obliterate nel costrutto giuridico attoreo.

Ed, invero, la relazione dopo aver evidenziato che "secondo l’uso costruttivo spontaneo dell’isola i muri di contenimento delle terrazze sono realizzate da "parracine" (muri di pietrame a secco edificati dagli stessi contadini)" aggiunge che "La cantina è costruita con pietra locale di tufo verde, la copertura è voltata a botte, vi si accede da una massiccia porta architravata a due battenti; non si leggono né finestre o altre aperture, l’infisso a chiusura dell’entrata è costruzione tipica a quadrelle vuote atte a regolare le esigenze di temperature del vino da conservare". L’organismo architettonico è estremamente semplice nell’impostazione planimetrica e volumetrica; la peculiarità che contraddistingue il manufatto stesso è l’inserimento nel paesaggio perfettamente riuscito e l’uso dei materiali lapidei tipici della zona".

In definitiva, l’inappagante prospettiva atomistica privilegiata dalla ricorrente si è risolta in una critica circoscritta (solo) a taluni specifici aspetti, che sono però rimasti assorbiti in un più ampio giudizio sulla rilevanza storico artistica del manufatto, con l’effetto perverso, da ritenersi irrimediabile in questa sede, di rinunciare in partenza all’articolazione di pertinenti censure sul complesso delle valutazioni svolte dall’organo tutorio.

In ragione di quanto detto il provvedimento impugnato resta immune rispetto alle divisate doglianze attoree, rivelando queste, per le ragioni già evidenziate, la propria manifesta inettitudine a ribaltare un giudizio che, viceversa, trova nella trasversalità degli argomenti utilizzati (di cui una buona parte nemmeno è stata presa in esame) e nel loro collegamento qualificato il proprio fondamento logico e giuridico.

Il dato morfologico del territorio, la particolare ubicazione del manufatto, le vestigia apprezzate nell’armonico inserimento del contesto naturale, le caratteristiche dei materiali utilizzati e la tipologia costruttiva, vivificati in un’irrinunciabile visione di insieme, sono stati considerati come testimonianza materiale ed espressione della memoria storica e culturale di luoghi, in quanto elemento di identificazione di una particolare tecnica costruttiva ("di tipo rurale") e, dunque, in definitiva, ".. un unicum" architettonico e ambientale da conservare".

In altri termini, la traiettoria argomentativa posta a fondamento dell’assetto di interessi definito con il provvedimento impugnato costituisce il punto di approdo di un articolato giudizio storico – artistico non scalfito dalle deduzioni di parte ricorrente, sia perché aggredito da censure riduttivamente direzionate avverso solo alcune delle (e non decisive) circostanze sintomatiche in esso valorizzate sia perché frutto di una valutazione tecnica caratterizzata da un significativo tasso di discrezionalità e, come tale, non sindacabile dal giudice di legittimità se non sotto i profili di illogicità e irrazionalità della motivazione, qui non ravvisabili.

Pertanto, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto siccome infondato.

Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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