T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 06-07-2011, n. 1819 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 29 gennaio 2010 L.M. S.p.A. ha impugnato la deliberazione del Direttore Generale n. 1069 del 29 dicembre 2009, comunicata nel gennaio 2010, con la quale l’Azienda Ospedaliera della provincia di Lodi ha disposto l’adesione alla procedura aperta per l’appalto dei servizi di pulizia, sanificazione, disinfezione, lavaggio stoviglie, attività di supporto cucine e trasporti, per la durata di 6 anni, aggiudicata dall’Azienda Ospedaliera "Istituti Ospitalieri di Cremona", con affidamento del servizio alla Società C.R.E.S. Coop di Piacenza e la nota del 30 dicembre 2009, prot. n. 10394, inoltrata nel gennaio 2010, con la quale l’Azienda Ospedaliera ha comunicato la cessazione del servizio in corso a far data dal 1 febbraio 2010.

Si è costituita l’Azienda Ospedaliera intimata, depositando tutta la documentazione relativa alla procedura per cui è causa e chiedendo la reiezione del ricorso.

Anche la controinteressata C.R.E.S. Coop. si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 134 dell’11 febbraio 2010 è stata respinta l’istanza cautelare.

Con motivi aggiunti notificati il 28 febbraio 2010 la ricorrente ha impugnato gli ulteriori atti in epigrafe, evocando in giudizio anche la Regione Lombardia.

Quest’ultima si è costituita con memoria depositata il 13 aprile 2010, contestando ogni pretesa di parte ricorrente e concludendo per la reiezione del ricorso.

Anche l’Azienda Ospedaliera di Lodi e la controinteressata hanno resistito all’ulteriore impugnativa.

In vista della discussione del merito le parti costituite hanno depositato memorie conclusive e repliche e, all’udienza pubblica del 22 giugno 2011, sentiti i rispettivi difensori, la causa è passata in decisione.

2. La ricorrente, affidataria del servizio di pulizia e sanificazione dei Presidi Ospedalieri ed extraospedalieri dell’Azienda fin dal settembre 1997 con durata triennale, ha gestito il servizio, in virtù di successive proroghe (le ultime di fatto), fino al gennaio 2010; ciò in quanto le due procedure di licitazione privata, indette fin dal 2000 per l’affidamento del servizio, sono state successivamente revocate.

In particolare la seconda, cui la ricorrente ha concorso, indetta il 14 marzo 2007, è stata revocata il 3 dicembre 2009.

Nelle more, sulla scorta delle direttive dettate a livello regionale intese a snellire le procedure di affidamento e a razionalizzare la spesa sanitaria regionale mediante l’introduzione di forme aggregate di acquisto, anche con la modalità della gara aziendale aperta a successive adesioni, tra alcune aziende ospedaliere lombarde è stato costituito il Consorzio AIPEL, cui l’Azienda di Lodi ha aderito con delibera n. 555 del 16 giugno 2006, recependo l’Accordo Interaziendale per la disciplina delle forme aggregate riguardanti la fornitura di beni e l’appalto di servizi intervenuto nel 2003.

In data 20 agosto 2007 l’Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona ha indetto una gara, agendo, come specificato nel bando, anche per conto di altre amministrazioni aggiudicatrici, per l’affidamento dei servizi di pulizia, sanificazione, lavaggio stoviglie, attività di supporto cucine e trasporti, aggiudicata a C.R.E.S. Coop. il 28 febbraio 2008 per Euro 18.281.814,18.

L’art. 4 del capitolato speciale di appalto prevedeva la cosiddetta clausola di estensione in favore delle ulteriori 15 amministrazioni, tra cui l’Azienda Ospedaliera di Lodi, alle condizioni tecnico – organizzative di cui alla procedura con la possibilità di concordare condizioni economiche più favorevoli. La durata degli eventuali contratti delle consorziate aderenti era limitata alla durata del contratto originario (sei anni) e l’importo massimo di adesione era fissato in Euro 91.700.000,00 oltre IVA per l’intera durata contrattuale innanzi indicata.

Con l’impugnata delibera n. 1069 del 29 dicembre 2009 l’Azienda Ospedaliera della provincia di Lodi ha disposto l’adesione alla suddetta procedura aperta, affidando il servizio per 4 anni alla Società C.R.E.S. Coop di Piacenza per l’importo di Euro 13.526.739,50 oltre IVA.

3. Il ricorso introduttivo è affidato ad un unico articolato motivo con cui la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 57 del codice dei contratti, degli artt. 3 e 33 dello stesso codice, nonché la violazione dei principi comunitari di concorrenza.

Con tali censure la ricorrente ritiene illegittima l’impugnata delibera in quanto l’Azienda intimata avrebbe disposto un affidamento diretto in assenza dei presupposti previsti dall’art. 57 del D.Lgs. 163/2006 per la trattativa privata senza pubblicazione del bando e perché avrebbe aderito all’esito di una procedura indetta non già da una centrale di committenza, bensì da una amministrazione aggiudicatrice come appalto singolo.

Nei motivi aggiunti tali censure sono state ampliate osservandosi che l’Azienda di Cremona non avrebbe agito come centrale di committenza, essendo questa un modulo organizzativo che, nel caso di specie, avrebbe dovuto aggiudicare un accordo quadro, recante oggetto, luogo, durata, importo e tutti gli elementi di legge: solo all’esito le amministrazioni aderenti avrebbero potuto stipulare successivi contratti con l’operatore economico prescelto ai sensi dell’art. 59 del D.Lgs. 163/2006.

Sul punto ha richiamato un precedente della Sezione di Brescia costituito dalla sentenza n. 4796 del 7 dicembre 2010.

Inoltre sono state impugnate le delibere del Consiglio e della Giunta Regionale che prevedono e promuovono forme aggregate di acquisizione di beni e servizi, deducendone l’illegittimità per contrasto con i principi comunitari e invocandone la disapplicazione in quanto sarebbero tutte antecedenti all’entrata in vigore del codice dei contratti.

L’Azienda Ospedaliera intimata ha sviluppato una serie di eccezioni preliminari di inammissibilità che deriverebbero dal non aver impugnato l’atto di revoca della precedente licitazione privata, dalla mancanza di una posizione differenziata e qualificata trattandosi di gestore in proroga, eccependo altresì la tardività dell’impugnazione delle delibere regionali avvenuta oltre il termine di trenta giorni dalla loro conoscenza.

Nel merito ha contestato le avverse censure osservando che tutti gli elementi dei successivi affidamenti erano comunque presenti nella lex specialis della gara indetta dalla capofila sicché non sussisterebbe alcuna indeterminatezza né nell’oggetto, né nella durata, né nell’importo e, conseguentemente, non vi sarebbe violazione dei principi comunitari di concorrenza e trasparenza.

4. Le suindicate eccezioni preliminari non possono trovare accoglimento.

Invero l’atto di revoca della precedente gara non è configurabile quale atto presupposto di quello impugnato con il ricorso in epigrafe difettando, peraltro, in capo all’odierna ricorrente l’interesse ad impugnarlo, essendo essa il gestore in proroga del servizio.

D’altra parte non è dubbio l’interesse attuale della ricorrente ad impugnare la delibera di adesione alla procedura aggiudicata dall’Azienda di Cremona, atteso che, in qualità di impresa operante nel settore, essa è portatrice dell’interesse a partecipare ad una gara pubblica per conseguire l’affidamento del servizio.

Infine non può considerarsi intempestiva l’impugnazione delle delibere regionali in epigrafe, conosciute con il deposito in giudizio da parte dell’Amministrazione e, comunque, richiamate nella delibera n. 1068/2009, atteso che, trattandosi di atti generali non riconducibili alla disciplina di cui all’art. 23bis della L. 1034/71 (oggi trasfusa negli artt. 119 e 120 c.p.a.), la loro impugnazione non soggiace alla dimidiazione dei termini.

5. Il ricorso è, tuttavia, infondato.

L’art. 4 del capitolato speciale di appalto della procedura aperta indetta dall’Azienda di Cremona premette che, in attuazione dei principi sanciti dal Piano Socio sanitario regionale 20022004, approvato con delibera del Consiglio regionale n. 462 del 13 marzo 2002, e dalle successive delibere di Giunta Regionale che auspicano forme consorziate di acquisto tra gli enti del Servizio Sanitario regionale, è stato sottoscritto tra le Aziende ivi elencate un accordo per attivare modalità di acquisto in forma aggregata e precisa che tale accordo ha trovato conferma nella delibera di Giunta n. VII/3776 del 13 dicembre 2006.

Ciò posto esso prevede che le Aziende stipulanti l’intesa per l’attivazione delle modalità di acquisto a livello aggregato, in calce elencate nominativamente in numero di 15 – tra le quali rientra l’Azienda Ospedaliera di Lodi – possano chiedere all’aggiudicatario "l’estensione del contratto, alle condizioni definite dalla procedura stessa, riservandosi, per quanto riguarda l’aspetto economico, di concordare con la ditta condizioni più favorevoli per tutte le aziende interessate all’appalto".

Stabilisce poi che la durata dell’affidamento "non potrà protrarsi oltre quella del contratto originario stipulato dall’A.S.L. di Cremona, ivi incluse eventuali proroghe", e che "il fornitore non è obbligato ad accettare la richiesta di estensione".

Infine fissa l’importo massimo di adesione in misura "pari ad Euro 91.700.000,00 IVA esclusa per la vigenza contrattuale di anni 6(sei)".

Inoltre il bando chiarisce espressamente che la gara è indetta anche per conto di altre amministrazioni.

Alla luce di tali dati il Collegio ritiene che nell’indire la procedura del 20 agosto 2007 l’Azienda Ospedaliera di Cremona abbia agito in qualità di azienda capofila aggiudicando un appalto, di oggetto, durata e importo ben definiti nelle relative entità massime, destinato anche ed eventualmente alle altre 15 amministrazioni individuate nominativamente nel capitolato speciale.

Il modulo gestionale prescelto, anche qualora lo si volesse qualificare come centrale di committenza, a prescindere dalle indicazioni fornite nelle richiamate delibere regionali, non appare peraltro in contrasto con il dettato dell’art. 3, comma 34, del D.Lgs. 163/2006 a tenore del quale la "centrale di committenza" è un’amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.

La norma testé riportata non prevede soltanto il ricorso all’accordo quadro, come sostenuto dalla ricorrente, ma contempla la possibilità di aggiudicare appalti pubblici destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori senza peraltro escludere che l’appalto aggiudicato sia destinato anche all’amministrazione che agisce da capofila.

L’accordo quadro, definito dall’art. 3 comma 13 del codice dei contratti, è un accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste.

Peraltro detto strumento negoziale, giuridicamente qualificabile come contratto normativo, non postula un obbligo di adesione, con l’effetto che la decisione di aderire alla convenzione, resta pur sempre una scelta con l’unica differenza che non richiede da parte della amministrazione che se ne avvale una specifica motivazione dell’interesse pubblico che la sottende, in quanto l’individuazione del miglior contraente è avvenuta a monte nel rispetto dei principi comunitari (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 4 novembre 2010, n. 22688).

In altri termini è l’ente che, nell’ambito della sua autonomia e nell’esercizio di un’attività non imposta ma consentita dalla legge, assume la decisione di avvalersi o di non avvalersi della convenzione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1 ottobre 2010, n. 7261).

Diversa è la fattispecie all’esame del Collegio in cui l’azienda capofila agisce anche per conto delle varie aziende a sé collegate, con l’impegno a trasmettere loro i risultati della gara, affinché ciascuna di esse possa, ove lo voglia, adottare la deliberazione di recepimento e procedere alla formalizzazione del rapporto con l’aggiudicataria (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 7 aprile 2009, n. 682; Cons. Stato, Sez. V, 19 aprile 2007, n. 1800).

Nel caso di specie, infatti, la clausola di adesione (riconducibile alle altre "forme collaborative" di cui all’art. 4 dell’Accordo intervenuto nel 2003 per definire "forme consorziate" di acquisto tra enti del servizio sanitario nazionale – cfr. doc. 17 del fascicolo dell’azienda ospedaliera di Lodi) non produce altro effetto che quello, laddove una delle altre Aziende che hanno sottoscritto l’accordo ritenga rispondenti alle proprie esigenze il bando di gara e il relativo disciplinare, nonché le condizioni di contratto offerte dall’aggiudicatario, di consentirle di formulare una proposta di adesione a quest’ultimo, con la conseguenza che l’eventuale sua accettazione consentirebbe all’Azienda aderente di risparmiare i costi (non solo economici) dell’indizione della gara. Per ciò stesso la clausola non può essere ritenuta idonea a modificare, ampliare o rendere incerto il contenuto del contratto (così: TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 11 febbraio 2010, n. 714).

Osserva il Collegio che la suddetta clausola, contenuta nell’art. 4 del capitolato speciale di appalto relativo alla gara indetta dall’Azienda ospedaliera di Cremona, in forza della quale l’Azienda Ospedaliera di Lodi ha adottato la delibera di adesione impugnata, a differenza di quanto verificatosi nel caso analogo ma non identico analizzato dalla Sezione di Brescia nella sentenza n. 4796/2010 richiamata dalla ricorrente, non è suscettibile di dar luogo, come in quel caso, ad "una serie indefinita di affidamenti diretti senza alcun termine di riferimento sotto il profilo dell’ammontare economico e dei quantitativi di prodotto".

Pertanto nel caso di specie non potrebbe registrarsi "un massiccio avvalimento dell’opportunità concessa per un importo assolutamente non preventivabile".

Invero nella fattispecie all’esame del Collegio l’importo massimo di adesione è ben delimitato in Euro 91.700.000,00 IVA esclusa per la vigenza contrattuale di anni 6 (sei), il che comporterebbe che laddove alcune Aziende soltanto, aderendo, esaurissero tale importo massimo, nessun’altra di esse, sebbene consorziata, avrebbe la possibilità di stipulare alcun contratto con C.R.E.S. Coop. alle condizioni ivi previste e dovrebbe, comunque, indire un’altra gara ovvero attingere ad altre forme aggregate di acquisto.

La conferma di tanto si ricava dai dati contabili, atteso che, dell’intera provvista di Euro 91.700.000,00, l’Azienda di Cremona ha utilizzato Euro 18.281.814,18, l’Azienda di Brescia – che ha aderito deliberazione n. 707 del 23 settembre 2009 (doc. 21 del fascicolo dell’Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi) – ha utilizzato Euro 43.470.376,67 e l’Azienda ospedaliera della Provincia di Lodi ha utilizzato Euro 13.526.739,50, per un totale complessivo di Euro 75.278.930,35: il che comporta che fino al 31 marzo 2014, data di scadenza dei sei anni di vigenza contrattuale, le rimanenti 13 aziende consorziate potrebbero sottoscrivere contratti riproduttivi delle clausole contenute nel richiamato capitolato speciale solo fino a concorrenza della residua somma di Euro 16.421.069,65.

Quanto all’ulteriore profilo relativo alla facoltà di prestare adesione, cui corrisponde la possibilità per il fornitore di accettare o rifiutare, ritiene il Collegio che esso si ponga in coerenza con gli elementi di cui si struttura la lex specialis, finalizzati ad offrire alle consorziate la mera possibilità di aderire anche valutandone la convenienza economica.

Peraltro è stato la stessa Sezione di Brescia, nella citata sentenza dell’11 febbraio 2010, n. 714, a ritenere legittima la clausola di adesione, in quel caso per di più priva della fissazione di un tetto massimo di valore ai fini dell’estensione delle condizioni dell’aggiudicazione, impugnata da un soggetto che aveva partecipato alla gara pubblica.

In detta pronuncia è stato osservato che la possibilità di rifiutare l’adesione scongiurava ogni pregiudizio per il fornitore che avesse "calibrato la propria offerta esclusivamente sulla fornitura del servizio all’Amministrazione che ha bandito la gara", in quanto laddove "l’estensione, già di per sé eventuale, della convenzione ad altra Azienda sanitaria dovesse rivelarsi non remunerativa per lo stesso, gli viene riconosciuta la piena facoltà di respingere tale proposta contrattuale".

In quella occasione la Sezione bresciana ha concluso "che sotto il profilo dedotto – e cioè della compatibilità con i principi di trasparenza, concorrenza e par condicio – la clausola di adesione sia legittima e conforme all’ordinamento".

D’altra parte non va sottaciuto che ciò che, a parere della ricorrente determinerebbe l’illegittimità della adesione delle altre consorziate (nella specie dell’attuale resistente), in quanto lesiva dell’interesse delle imprese operanti nel settore a partecipare alla gara per l’affidamento del servizio, ossia l’oggetto del contratto, l’entità, i luoghi di esecuzione, in realtà costituisce il contenuto esplicito dell’art. 4, punto 1) del capitolato speciale dell’appalto indetto dalla capofila.

Tale contenuto è stato espressamente accettato dall’aggiudicataria, laddove si precisa che l’entità della fornitura è commisurata al bisogno, che le quantità indicate nello schema di offerta sono puramente indicative e non costituiscono un impegno o una promessa dell’Azienda, essendo i consumi non esattamente prevedibili in quanto subordinati a fattori variabili e ad eventuali manovre di contenimento della spesa sanitaria disposte dallo Stato o dalla Regione Lombardia.

La stessa clausola precisa che l’aggiudicataria sarà tenuta a fornire solo i servizi che verranno effettivamente richiesti, senza poter avanzare alcuna eccezione qualora quanto richiesto risultasse diverso da quanto preventivabile.

Inoltre il disciplinare contrattuale, anch’esso facente parte della lex specialis ed espressamente accettato dall’aggiudicataria, prevede la possibilità per l’Azienda di variare le superfici entro il limite massimo di 1/5, di variare le relative destinazioni d’uso, i livelli di qualità del servizio e le modalità di prestazione.

In altri termini quelli che dalla ricorrente sono invocati quali elementi di indeterminatezza suscettibili di arrecare, nella sostanza, un indebito vantaggio all’aggiudicataria di quella gara, in realtà, dalla lettura sistematica dell’intero corpus della lex specialis, potrebbero anche rivelarsi elementi in astratto idonei ad elidere le possibilità di conseguire un utile significativo, atteso che essa si vedrebbe esposta, in caso di accettazione della proposta di estensione, al rischio di dover eseguire prestazioni minori e a costi inferiori a quelli stimati: si tratterebbe, tuttavia, di clausole della lex specialis che soltanto C.R.E.S. Coop. avrebbe avuto interesse ad impugnare, difettando, viceversa, analogo interesse in capo alla attuale ricorrente.

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.

Quanto alle spese si ritiene equo disporne l’integrale compensazione fra tutte le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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