Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-04-2011) 01-07-2011, n. 26018

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 29/4/2010 la Corte di Appello di Genova confermava la sentenza emessa dal Tribunale del luogo in data 1/10/2008 appellata da D.V., ritenuta responsabile del reato di furto aggravato (accertato ai danni di un magazzino (OMISSIS)), per il quale era stata condannata alla pena di mesi due di reclusione giorni venti ed Euro 80,00 di multa,previa concessione delle generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ritenute prevalenti sulla aggravante contestata ai sensi dell’art. 625 c.p., n. 2.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1 – Con il primo motivo,la violazione dell’art. 625 c.p., n. 2, in riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E), e la violazione dell’art. 529 c.p.p..

A riguardo evidenziava la mancanza di elementi idonei a sostenere che i capi di abbigliamento oggetto di sottrazione avessero subito da parte dell’imputata l’asportazione dei cartellini e delle placche antitaccheggio,essendo sul punto incerte le dichiarazioni della teste indicata in sentenza ( G.), e non potendo desumersi tale circostanza da altre dichiarazioni testimoniali,rese da agenti di PS. intervenuti sul posto, dove avevano visto la merce priva di cartellini.

D’altra parte la difesa evidenziava che l’imputata era stata soggetta alla sorveglianza della teste G., che non aveva notato alcunchè nel luogo dove l’imputata si era appartata.

Per tali motivi il ricorrente rilevava l’erronea applicazione dell’aggravante prevista dall’art. 625 c.p., n. 2.

Asseriva pertanto che in assenza di tale aggravante si sarebbe dovuta pronunziare sentenza di non doversi procedere per difetto di querela.

2 – Con il secondo motivo la difesa deduceva la violazione degli artt. 56 e 624 c.p., in riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B).

A riguardo rilevava che l’imputata era rimasta sotto la vigilanza del personale addetto al magazzino e che erroneamente si era ritenuto trattarsi di furto consumato, osservando che era stata superata la barriera delle casse. In senso contrario la difesa richiamava giurisprudenza sostenendo che la sorvegliante aveva accompagnato l’imputata fin dal momento in cui era uscita dal camerino e fino al superamento delle casse e della barriera antitaccheggio, onde sarebbe stato realizzato un tentativo di furto.

3 – Con ulteriore motivi la difesa deduceva la incongruenza e contraddittorietà della sentenza,ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E), avendo l’imputata lamentato la mancata conversione della pena detentiva in sanzione pecuniaria, chiedendo tale beneficio.

A riguardo la Corte, dato atto che la difesa in sede di discussione non aveva insistito su tale punto, pur non avendo rinunziato al motivo di gravame, e pur avendo rilevato che la richiesta dell’imputata avrebbe potuto essere accolta, non aveva provveduto alla conversione della pena detentiva, ritenendo che l’imputata non fosse nelle condizioni di pagare la rilevante sanzione pecuniaria.

Tale motivazione si riteneva incongrua, avendo la Corte dato atto che alla D. era stata applicata la sospensione condizionale della pena ed il condono, che aveva determinato l’estinzione della pena, onde l’imputata non avrebbe dovuto pagare alcuna somma.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta dotato di fondamento limitatamente all’ultimo motivo. Per ciò che concerne le censure di cui al primo motivo di gravame si rileva che risulta correttamente applicata nella specie l’ipotesi di furto aggravato ai sensi dell’art. 625 c.p., n. 2.

Ai fini della contestazione di tale aggravante,è sufficiente la che in relazione alla merce sottratta al grande magazzino sia stata asportata la placca antitaccheggio, ed i cartellini del prezzolati riportati in sentenza, dalla Corte territoriale,desumendo la circostanza da deposizione della teste che aveva funzioni di sorvegliante nel luogo in cui era avvenuta l’azione.

Va menzionata giurisprudenza di questa Corte sul punto – Sez. 4 del 19 febbraio 2004, n. 7235, e conforme – Sez. 5 – del 30 novembre 2005, n. 43357 – RV. 227348 -.

Pertanto le deduzioni del ricorrente si pongono come manifestamente infondate, ove negano il valore probatorio delle risultanze vagliate in modo esauriente dal giudice di appello (che ha menzionato tra l’altro,la testimonianza di un agente di ps. che aveva notato la merce con i relativi cartellini,e i capi asportati che apparivano con i cartellini staccati).

Le argomentazioni svolte dalla difesa per proporre diversa interpretazione dei dati processuali si ritengono come tali inammissibili.

Per il secondo motivo, si rileva che sono privi di fondamento i rilievi del ricorrente con i quali si afferma l’esistenza di elementi atti a configurare l’ipotesi del tentativo di furto.

Infatuai fini del perfezionamento della condotta tipica del furto consumato sufficiente che l’agente abbia completato l’attività di impossessamento della res, che nel caso di specie, era costituita da capi di biancheria che erano nella borsa dell’imputata, e dunque ella ne aveva conseguito autonoma disponibilità.

Va sull’argomento evidenziato che questa Corte con sentenza Sez. 5 del 2.12.2005, n. 44011 – Valletti – RV. 232806 – ha stabilito che "costituisce furto consumato e non tentato il sottrarre merce dai banchi di esposizione di un grande magazzino ove si pratichi il sistema del cosiddetto self service evitando il pagamento alla cassa.

Il momento consumativo del reato, in tal caso,è ravvisabile all’atto dell’apprensione della merce, che si realizza certamente quando l’agente abbia superato la barriera delle casse senza pagare il prezzo, ma anche prima, allorchè la merce venga dall’agente nascostaci da predisporre le condizioni per passare dalla cassa senza pagare; ..".

Nella specie, inoltre, non era emerso un costante controllo da parte del personale addetto al magazzino, onde correttamente la Corte ha escluso trattarsi dell’ipotesi di furto tentato.

Va inoltre evidenziato che la motivazione sul punto della sentenza impugnata risulta conforme ai canoni giurisprudenziali richiamati, onde resta escluso il fondamento dei rilievi difensivi di cui al secondo motivo di ricorso.

3 – Deve invece ritenersi dotato di fondamento il rilievo della difesa relativo alla mancata conversione della pena detentiva, beneficio richiesto dall’appellante.

Invero la sentenza sul punto risulta motivata in modo contraddittorio ed illogico atteso che – prescindendo dalla reiterazione di richieste difensive circa la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria – il giudice avrebbe dovuto valutare l’esistenza dei presupposti di legge, anche con riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p. e chiarire in base a quali dati si fondasse una prognosi di impossibilità di adempiere per l’imputata.

Può essere menzionata in proposito sentenza di questa Corte – Sez. 5 – del 6 febbraio 1998, n. 1455, Firas – RV 209799 – dalla quale si evince che il giudizio discrezionale inerente all’applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 53, 56 e 58, viene esercitato dal giudice di merito tenuto a valutare i presupposti legittimanti con gli stessi criteri direttivi dettati,in via generale, dall’art. 133 c.p..

Pertanto, avendo la Corte omesso di valutare in modo esauriente e logico le richieste in tal senso avanzate dall’appellante, l’impugnata sentenza deve essere sul punto annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte territoriale.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla conversione della pena con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Genova per nuovo esame.

Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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