Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-04-2011) 01-07-2011, n. 25915 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il gup del Tribunale di Perugia, all’esito di giudizio celebrato con rito abbreviato, riteneva C.D. responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere ceduto eroina e cocaina a G.V. (capo a), di quello di cui all’art. 586 c.p. per aver cagionato, quale conseguenza non voluta della condotta di cui sopra, la morte del medesimo (capo b), fatti avvenuti in (OMISSIS), nonchè di detenzione a fine di spaccio di eroina e cocaina in concorso con Gu.

M. (capo c), e lo condannava alla pena di anni 5 e mesi 4 di reclusione ed Euro 20000,00 di multa.

2. La Corte di appello confermava il giudizio di responsabilità e, tenuto conto delle modifiche intervenute con la L. n. 49 del 2006, rideterminava la pena in anni 3 e mesi 8 di reclusione ed Euro 14000,00 di multa.

3. Avverso la sentenza resa in grado di appello il difensore del C. ha proposto ricorso per cassazione, con il quale deduce i seguenti motivi: 1) difetto di motivazione in quanto non è stato provato con certezza che quella sera vi fosse stato un’incontro tra C. e G. e che l’imputato avesse fornito al primo la droga, tanto più che C. mai aveva avuto a che fare con l’eroina; vi è solo la probabilità di un incontro; 2) erronea applicazione di legge e difetto di motivazione in ordine al reato di cui all’art. 586 c.p., in quanto l’evento letale verificatosi è stato addebitato solo sulla base del nesso di causalità materiale, indipendentemente da ogni criterio di prevedibilità soggettiva ed in totale assenza di motivazione sull’esistenza di una colpa dell’imputato rispetto all’evento non voluto, con violazione dei principi posti dalla giurisprudenza di questa Corte.

4. Nell’interesse della parte civile è stata presentata una memoria con la quale si censurano i motivi di ricorso proposti e se ne chiede la dichiarazione di inammissibilità od almeno il rigetto.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento per quanto riguarda il reato di cessione di stupefacente di cui al capo a), unicamente per il quale sono state proposte censure con il primo motivo di ricorso. La sentenza impugnata, cui si aggiunge quella di primo grado come noto integrativa, è, al riguardo, fondata su un compiuto e logico accertamento degli elementi di fatto. La Corte di appello ha dato ragionevole conto, con motivazione condivisibile, della riconducibilità al C. della avvenuta cessione di stupefacente al G. la sera del (OMISSIS). E’ stato posto in rilievo come lo stesso imputato avesse ammesso la sua conoscenza ed i rapporti con la vittima, del resto comprovati dalle oltre trenta telefonate intercorse tra i due durante la settimana antecedente la morte del G. e dalla presenza nella rubrica del G., sotto il nome "(OMISSIS)", del numero di cellulare in uso al C. stesso;

sono state ammesse le telefonate della notte del cinque agosto e il fatto che le stesse avevano ad oggetto la droga, anche se poi C. ha tentato di sminuirne la portata, affermando che era il G. che gli telefonava per convincerlo a consumare insieme della cocaina in suo possesso; correttamente tale tesi difensiva è stata ritenuta del tutto inverosimile tenuto conto che l’incontro tra i due è avvenuto, come si è evinto dai tabulati telefonici, attraverso i quali è stato possibile ricostruire, a mezzo delle cellule di volta in volta agganciate dai telefoni cellulari nella loro disponibilità, il rispettivo percorso, nelle vicinanze di (OMISSIS), dove si sono incontrati; e che sarebbe stato ben strano che il G., dopo aver mentito alla propria ragazza S.L., dicendole che sarebbe andato a dormire, aggiungendo, peraltro, che non si sentiva bene, si fosse messo in macchina, dopo le 23,00, per andare a consumare la droga, di cui aveva impellente necessità, ed avesse continuato il viaggio verso l’abitazione di C., nonostante il rifiuto dello stesso a consumare cocaina insieme.

2. Non altrettanto può dirsi in relazione al reato di omicidio preterintenzionale di cui al capo b), non ritenendo il Collegio che la sentenza impugnata si sia uniformata alla pronuncia di questa Corte, resa a sezioni unite, in data 22.1.2009 n.22676, Ronci, la cui massima stabilisce che "In tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, la morte dell’assuntore di sostanza stupefacente è imputabile alla responsabilità del cedente sempre che, oltre al nesso di causalità materiale, sussista la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale (diversa dalla norma che incrimina la condotta di cessione) e con prevedibilità ed evitabilità dell’evento, da valutarsi alla stregua dell’agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall’agente reale".

Secondo tale decisione, la responsabilità per la morte del soggetto a cui si è venduta la droga, non può essere accertata solo sulla base del nesso di causalità; si tratta di responsabilità a titolo di colpa che si configura solo quando l’evento mortale o lesivo, dall’agente non voluto ma derivante da una sua precedente condotta delittuosa, era in concreto prevedibile con giudizio ex ante, e dunque richiede un accertamento positivo che dia conto della concreta prevedibilita dell’evento letale.

Nel caso di specie la Corte di appello si è limitata ad osservare che l’imputato ben conosceva G., che sapeva che quest’ultimo faceva uso di droga scadente, che "non poteva non rendersi conto che quella sera il G. non stava bene, come riferito dalla S. che aveva appreso la circostanza dal fidanzato nel corso della sua ultima telefonata". Affermazione che, di tutta evidenza, rimane nell’ambito di un giudizio astratto, del tutto generico e disancorato da ogni circostanza fattuale e non rende conto delle ragioni per le quali l’imputato, nel momento della cessione, doveva e poteva rendersi conto del malessere del G., delle sue condizioni generali e del rischio che l’assunzione di stupefacente potesse comportare conseguenze dannose. Tanto più tenuto conto che se pure può ritenersi correttamente stabilito, per quanto sopra detto, che vi è stata vendita di stupefacente da C. a G., è parimenti stato accertata che la morte di quest’ultimo è avvenuta per overdose da assunzione di sostanze stupefacenti in soggetto in stato di intossicazione alcolica, essendo risultata la contemporanea presenza di morfina, di cocaina e di alcol etilico in concentrazione di gr.0,81 per litro; senza che sia stato invece possibile appurare quale è stata la effettiva potenza della eroina ceduta da C. (come si desume dalle 4 bustine ritrovate in tasca a G.), l’ordine in cui l’imputato ha assunto le sostanze stupefacente e l’alcol e l’effettiva efficacia di queste tre condizioni nel determinarne il decesso. 3. Conclusivamente deve essere annullata la sentenza impugnata senza rinvio in ordine al reato ex art. 586 c.p. perchè il fatto non costituisce reato, non sussistendo una situazione probatoria suscettibile di ulteriore approfondimenti.

Resta invariata la pena stabilita in primo grado dal momento che quel giudice si è limitato a stabilire la pena per i due episodi ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 senza alcuna considerazione per il reato di cui all’art. 586 c.p., e sul punto non è stata proposta impugnazione. Il ricorso deve essere nel resto rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio in ordine al reato ex art. 586 c.p. perchè il fatto non costituisce reato.

Rigetta il ricorso nel resto.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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