Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-04-2011) 01-07-2011, n. 25914 Infortuni sul lavoro colpa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Cagliari, sezione di Sanluri, ha ritenuto F. G., nella qualità di responsabile e legale rappresentante della Euroservice, responsabile del reato di lesioni colpose commesse con violazione della normativa antinfortunistica, in particolare del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5 e art. 35, comma 1, (per non aver dotato i propri dipendenti di idonea attrezzatura), in danno di M.S.. L’infortunio si era verificato nello stabilimento Nuovo Casar di (OMISSIS), al cui interno la Euroservice era presente come una delle ditte cui era appaltato il servizio di facchinaggio e movimentazione merci. Il (OMISSIS), giorno dell’incidente, poichè mancava uno dei dipendenti della Nuova Casar ed era necessario ed urgente riparare una grondaia del capannone, M. si era offerto per tale lavoro, in sostituzione del collega assente; aiutato da un altro operaio, saliva sul tetto utilizzando un trabattello rudimentale; dopo che aveva percorso pochi metri, una lastra di onduline cedeva a causa del suo peso ed egli finiva a terra riportando plurime fratture alle costole e al bacino.

2. La Corte di appello confermava la sentenza concedendo all’imputato la sospensione condizionale della pena. Rilevava la Corte che era pacifico che il M.S., dipendente della Euroservice di cui il F. era legale rappresentante, svolgeva la propria attività di magazziniere presso la ditta Nuova Casar e che il giorno dell’infortunio era impegnato nella riparazione di una grondaia insieme ad altri operai della Nuova Casar; egli era salito sul tetto utilizzando un rudimentale trabatello e dopo aver percorso pochi metri sul tetto stesso, era caduto, a causa del cedimento di una lastra di onduline che non aveva retto il peso; il medesimo aveva dichiarato di non aver preso la cintura di sicurezza perchè dove doveva lavorare non esistevano punti di ancoraggio e comunque per la fretta di porre in essere l’intervento a causa della imminente pioggia; la testimonianza, ritenuta del tutto attendibile resa dallo stesso M., era confermata dalle dichiarazioni di un dipendente della Nuova Casar e dalle indagini svolte dall’ispettore del lavoro intervenuto a seguito dell’incidente, da cui era risultato che, in caso di necessità, gli operai della Euroservice erano direttamente utilizzati dai responsabili della Nuova Casar per lo svolgimento di lavori di vario genere, come appunto quelli di manutenzione e riparazione, ricevendo in tali occasioni istruzioni ed ordini dagli stessi responsabili della Nuova Casar ed in particolare, come era avvenuto nella specifica occasione, dall’ing. S.; in tale contesto, rilevava la Corte di appello, in conformità a quanto già ritenuto dal primo giudice, pur potendosi ritenere provato che il M. si era dichiarato spontaneamente disponibile a svolgere il lavoro in questione, non si poteva ritenere che si fosse trattato di un comportamento imprevedibile ed eccezionale, tale da elidere il nesso di causalità, dal momento che la condotta collaborativa del medesimo si inseriva nelle normali modalità dello svolgimento dell’attività lavorativa, modalità di cui l’imputato ben era consapevole; era del tutto normale che, a seconda delle necessità, quando i dipendenti della Nuova Casar non erano sufficienti alla bisogna, si facesse ricorso agli operai della Euroservice al momento disponibili, i quali erano pienamente consapevoli di dover prestare la propria opera. L’infortunio si era dunque svolto a causa e nello svolgimento delle mansioni lavorative dell’infortunato ed evidente era la colpa dell’imputato, suo datore di lavoro, per aver consentito che svolgesse la propria attività in un ambiente privo delle idonee misure di sicurezza.

3. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Con un primo motivo lamenta che la Corte di Cagliari non abbia dichiarato la prescrizione della contravvenzione antinfortunistica, pur essendo la prescrizione maturata fin dal giudizio di primo grado come riconosciuto in motivazione dalla stessa sentenza di primo grado che però non aveva riportato tale statuizione al dispositivo. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e); sostiene il ricorrente che la motivazione data dai giudici di merito parte da un dato non vero e cioè che i dipendenti della Euroservice fossero tenuti a svolgere lavori di carpenteria del tipo di quello nel quale si è verificato l’incidente e che egli fosse a conoscenza di una prassi per la quale i dirigenti della Casar impartivano direttamente ordini del genere ai dipendenti della Euroservice; i dipendenti Euroservice, ed in particolare F., svolgeva l’attività di magazziniere e facchinaggio, e saltuariamente, come dallo stesso dichiarato, aiutava i meccanici; soltanto di questo era a conoscenza il F. che, invece, assolutamente ignorava l’esistenza della ritenuta prassi più ampia per la quale i dirigenti della Casar impartivano ordini di eseguire lavori anche di carattere straordinario; in realtà l’incidente era avvenuto per colpa esclusiva del F. che, con un atto assolutamente estraneo al processo produttivo e alle mansioni attribuitegli, si era offerto, come dallo stesso riconosciuto, di fare un pericoloso lavoro di carpenteria; non gli si poteva dunque imputare di non aver messo a disposizione i dispositivi di sicurezza necessari, dispositivi che invece erano regolarmente disponibili presso lo stabilimento per l’attività di magazziniere e facchinaggio.

Motivi della decisione

Osserva il Collegio che deve essere dichiarata la prescrizione in ordine al reato contravvenzionale ex D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 1, contestato al ricorrente al capo b) della rubrica e accertato il (OMISSIS), per essere il medesimo reato estinto per prescrizione. Una analoga statuizione era stata resa nella motivazione della sentenza di primo grado ma non era stata riportata nel dispositivo di tale sentenza e nemmeno era stata resa dalla sentenza di appello, onde correttamente la questione è stata sollevata davanti a questa Corte.

Per il resto il ricorso non merita accoglimento, risultando correttamente apprezzata e valutata la responsabilità dell’imputato.

L’accertamento dei fatti effettuato dalle ben motivate sentenze di primo e secondo grado ha consentito di affermare l’esistenza di una prassi per la quale i dipendenti della Euroservice non si limitavano a svolgere l’attività di facchinaggio e magazziniere che era propria del contratto di appalto stipulato tra le due ditte, ma dovevano offrire e concretamente offrivano la propria disponibilità e collaborazione anche per lavori diversi che si rendevano necessari, e non solo quelli che consistevano nel dare una mano ai meccanici ma in attività di qualunque tipo a seconda delle concrete necessità del momento. E’ di conseguenza corretta l’affermazione di responsabilità del F., tenuto, secondo pacifici principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, a garantire che il proprio dipendente svolgesse la propria attività in un ambiente di lavoro sicuro e avesse a disposizione idonee attrezzature di sicurezza, laddove invece è risultato provato che i caschi di protezione nemmeno esistevano e che le cinture di sicurezza non venivano in concreto utilizzate o per la fretta o perchè non vi erano punti di ancoraggio.

Conclusivamente deve essere dichiarata la prescrizione del contestato reato contravvenzionale e il ricorso deve essere nel resto rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato contravvenzionale ex D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 1, per essere il reato estinto per prescrizione.

Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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