Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-03-2011) 01-07-2011, n. Abuso di ufficio26013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.- L.B. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che aveva confermato l’affermazione della sua penale responsabilità per i reati di falso ed abuso d’ufficio, secondo l’ipotesi di accusa da lui commessi con l’indurre in errore il direttore generale della ASL n. (OMISSIS) con la falsa dichiarazione di avere età inferiore a quella effettiva, inducendo così il predetto a nominarlo Direttore Sanitario di quella stessa ASL, nomina che ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, comma 7, era consentita solo per medici di età non superiore a 65 anni, che perciò l’età effettiva del L. ((OMISSIS) anni) non avrebbe consentito, nonchè per aver dato il parere, dal quale doveva astenersi, in ordine alla correzione della delibera che l’aveva nominato direttore sanitario, in relazione all’errore materiale costituito dalla indicazione nell’atto di età inferiore a quella sua effettiva.

Deduce il ricorrente la nullità della sentenza impugnata per 1) erronea interpretazione del D.Lgs. citato, art. 3, comma 7, che contrariamente a quanto aveva ritenuto la corte territoriale, non imporrebbe in assoluto il limite di 65 anni, che andrebbe invece ragguagliato a quello di (OMISSIS) anni, limite massimo del mantenimento in servizio, previa autorizzazione, dei pubblici funzionari, maggior limite di cui esso ricorrente legittimamente fruiva. La corretta interpretazione della norma svuotava di rilevanza anche il falso, rendendolo ininfluente;

2) Illogicità e contraddittorietà della motivazione per carente o inadeguata disamina dei motivi di appello, sia in ordine all’ingiusto vantaggio divisato dall’ipotesi di accusa, che nella specie non era ipotizzabile atteso che il L. avrebbe percepito stipendio inferiore a quello che gli veniva corrisposto prima per l’esercizio di funzioni direttive superiori; sia in relazione all’ipotizzata induzione in errore del Direttore Generale, che dalle sue dichiarazioni emergeva come insussistente; sia sulla dedotta impossibilità di ravvisare il reato di falso ideologico nella condotta dell’imputato; sia sull’asserita assenza di dolo.

B.- Il ricorso è fondato limitatamente alle imputazioni concernenti i due diversi episodi di abuso di ufficio, contestati al ricorrente nei capi c) e d) dell’epigrafe, il primo costituito dal conseguimento della nomina a Direttore Sanitario della ASL n. (OMISSIS) in virtù di induzione in errore del Direttore Generale P.C., al quale aveva dichiarato età inferiore a quella effettiva; il secondo dalla pronuncia, nella qualità di facente funzioni di Direttore Generale della ASL n. (OMISSIS), della Delib. 18 ottobre 2002, n. 1858, nella quale aveva anche espresso, nella qualità di Direttore Sanitario, parere favorevole alla sua adozione, avendo l’obbligo di astenersi in presenza di un interesse proprio.

Con detto atto si provvedeva ad emendare l’erronea indicazione della sua data di nascita, spacciata per mero errore materiale. Va osservato infatti che la sentenza impugnata fonda l’affermazione di responsabilità sull’assunto dell’illegittimità dei provvedimenti, perchè dettati in violazione di norme di legge e regolamenti, senza precisare quale fosse l’ingiusto vantaggio patrimoniale in ipotesi conseguito, o eventualmente il danno ingiusto cagionato ad altri.

Infatti, come ha ritenuto questa Corte con orientamento consolidato (cfr. da ultimo sez. 5, n. 16895 del 2 dicembre 2008 – Rv 243327;

Sez. 2, n. 2754 dell’11 dicembre 2009- Rv 246262) ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 323 c.p. è necessario che sussista la cosiddetta "doppia ingiustizia", nel senso che ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed ingiusto l’eventuale vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia. Nel caso di specie sussiste la prima ingiustizia, non essendo dubbia l’illegittimità della condotta materiale posta in essere dal ricorrente, ma non la seconda, risultando che l’imputato non aveva percepito retribuzione maggiore di quella che già gli veniva corrisposta per l’incarico apicale che prima ricopriva nell’amministrazione regionale, ed anzi con i motivi di appello si sosteneva che addirittura l’odierno ricorrente percepiva nel nuovo incarico compensi di ammontare inferiore, punto cui la corte territoriale non ha dato riscontro di sorta.

Valga del resto considerare che il ricorrente era stato assolto fin dal primo grado dal reato di truffa di cui all’art. 640 c.p., comma 1, n. 1, contestatogli perchè secondo l’ipotesi di accusa aveva goduto del trattamento economico spettante al Direttore Sanitario in danno dell’Azienda Sanitaria, e detta assoluzione è stata confermata dalla corte territoriale, che ha rigettato l’appello proposto sul punto dal P.M..

Osserva infatti la sentenza impugnata l’insussistenza della truffa, avendo il L. effettivamente esercitato le funzioni per le quali veniva retribuito, avendone competenze e capacità, compensi, va aggiunto, che comunque gli sarebbero stati corrisposti per l’esercizio della funzione apicale prima esercitata. Se dunque non vi fu percezione indebita di compensi non dovuti, come correttamente ha osservato il ricorrente viene meno lo stesso presupposto del reato contestato.

Appare pertanto all’evidenza come fosse insussistente il requisito del conseguimento di un vantaggio patrimoniale ingiusto, fermo restando che per tale deve intendersi l’incremento in concreto di elementi costitutivi del reddito.

Nel caso di specie, venuto meno l’elemento qualificante della condotta di cui s’è detto, al più sarebbe ipotizzabile la sussistenza del requisito del danno ingiusto arrecato ad altri, che la norma contempla alternativamente all’ingiusto vantaggio patrimoniale. "L’altri" sarebbe da identificare nel dott. T. A., che nella stessa sentenza si dice aspirante alla stessa carica, e quindi concorrente del L.: ma l’ipotesi non è contestata. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio sul punto, e va eliminata la frazione di pena corrispondente come irrogata dai giudici del merito. Il ricorso è invece destituito di fondamento nel resto. La sentenza impugnata ha infatti correttamente disatteso l’appello proposto in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di falso ideologico, dando adeguata contezza delle ragioni della decisione, osservando in particolare come non potesse trarsi l’illazione della irrilevanza penale della condotta dalla circostanza che il L. fosse stato autorizzato e restare in servizio per periodo successivo al compimento del 65 anno di età, atteso che tra la norma che consente la permanenza in servizio e quella che vieta a soggetto che abbia superato i 65 anni di ricoprire l’incarico di Direttore Sanitario non v’è nesso alcuno, trattandosi di disposizioni che regolano in modo indipendente fatti diversi non collegati. In altre parole ben poteva il L. restare legittimamente in servizio continuando a svolgere le mansioni che già svolgeva, ma ciò solo non lo abilitava anche a ricoprire incarico che la norma espressamente gli precludeva per il superamento del limite di età.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi C) e D) perchè il fatto non sussiste ed elimina il relativo aumento di pena per la continuazione di mesi tre di reclusione; rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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