T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 06-07-2011, n. 1240

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente impugna l’epigrafato diniego di sanatoria edilizia adottato dal Comune di Lecce sui seguenti presupposti:" Il regime giuridico del nuovo condono edilizio, introdotto dalla l. 326/2003, delinea un ambito di condonabilità ben più restrittivo rispetto alla disciplina delle precedenti leggi (n. 47/1965 e n. 724/1994) soprattutto per quanto concerne le opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo. In queste zone le sole opere suscettibili di sanatoria sono quelle ricadenti nelle tipologie 4, 5 e 6 vale a dire opere di restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e opere non valutabili in termini di superficie e di volume. Il legislatore regionale con la Legge 28 del 23 dicembre 2003 aveva escluso anche queste ultime dal beneficio della sanatoria, in seguito, con la Legge 19 del 3 novembre 2004, modificando l’art. 2 della L.R. 28/2003, ha affermato la condonabilità degli abusi minori nelle aree vincolate, vi è più che l’immobile realizzato su suolo agricolo contrasta con le norme e prescrizioni urbanistiche".

1.1. A sostegno del ricorso sono dedotte le seguenti censure:

I) Illegittimità del provvedimento di diniego di sanatoria edilizia del Dirigente dell’U.T.C., Settore Urbanistica del Comune di Lecce (prot. n. 41529 notificato in data 30 marzo 2010) per violazione e falsa applicazione dell’art. 32 commi 26 e 27 l. 326/2003 e dell’art. 2 comma 1 L.R. n. 27/2003.

II) Illegittimità per eccesso di potere del provvedimento di diniego di sanatoria edilizia. Carenza di motivazione.

III) Illegittimità per violazione di legge. Assenza di motivazione.

IV) Risarcimento del danno da inutile attività processuale.

1.2. Con atto depositato in data 21 luglio 2010 si è costituito in giudizio il Comune di Lecce insistendo per la reiezione del ricorso.

1.3.Nella pubblica udienza del 5 maggio 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Il ricorso è infondato e non meritevole di accoglimento.

2.1. La questione della sanabilità degli abusi edilizi in zone vincolate è stata già affrontata di recente dalla Sezione con argomentazioni dalle quali non è dato discostarsi (per tutte, fra le ultime, sent. 17/2009) e che possono darsi per riportate nel caso in esame.

In particolare, tra i principi di diritto più significativi, ivi si è affermato che:

– Il combinato disposto dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 32 comma 27 lett. D) del d.l. n. 269 del 2003 comporta che un abuso commesso su un bene vincolato può essere condonato, a meno che non ricorrano, insieme, l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa prima della esecuzione delle opere, la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio, la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Se una di tali condizioni non ricorre (ad esempio la difformità dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici), l’abuso realizzato su un immobile soggetto ad un vincolo di inedificabilità relativa sfuggirà alla disciplina dell’eccezione regolata dall’art. 32 comma 27 lett. D) citato (cioè alla non condonabilità) e sarà invece assoggettato alla disciplina generale dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, sicché sarà condonabile anche (ad esempio) l’abuso realizzato dopo la imposizione del vincolo (sempre in presenza delle condizioni previste dal citato art. 32 della legge n. 47 del 1985).

– il coordinamento fra l’art. 33 della legge n. 47 del 1985 e l’art. 32 comma 27 lett. D) del D.L. n. 269 del 2003, importa la non condonabilità dello stesso, ai sensi dell’art. 33.

– è irrilevante la sussistenza o meno delle altre condizioni contemplate dall’art. 32 comma 27 lett. D) citato.

– Come ha rilevato la Corte Costituzionale nella sentenza n. 196 del 2004 il condono disciplinato dal D.L. n. 269 del 2003 costituisce il risultato del bilanciamento di vari interessi: quelli della tutela delle esigenze pianificatorie, del paesaggio, della cultura, della salute, del diritto all’abitazione e al lavoro, dell’interesse finanziario dello Stato.

Se il condono di cui alla legge n. 47 del 1985 comportava il sacrificio delle esigenze pianificatorie quanto alla applicazione delle sanzioni amministrative e delle sanzioni penali edilizie (previste dall’art. 20 della legge n. 47 del 1985) in base al disposto dell’art. 38, il condono di cui al D.L. n. 269 del 2003 ha comportato anche il sacrificio della tutela paesaggistica quanto alla applicazione delle sanzioni penali specifiche.

– Il raccordo fra i due condoni quanto alla estinzione dei reati edilizi è costituito dall’art. 32 comma 36 del D.L. n. 269 del 2003, secondo il quale " La presentazione nei termini della domanda di definizione dell’ illecito edilizio, l’oblazione interamente corrisposta nonché il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti di cui all’articolo 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47", cioè l’estinzione dei reati edilizi.

La produzione di effetti (amministrativi e penali) sotto il profilo edilizio e quello paesistico è, quindi, oggetto di separate previsioni.

– La diversità dei due regimi è stata anche oggetto di esame da parte della Corte Costituzionale (sentenza 27 aprile 2007 n. 144), che ha rilevato la diversità dell’oggetto fra i reati paesaggistici (volti alla tutela del bene materiale costituito dal paesaggio e dall’ambiente) e i reati edilizi (volti alla tutela del bene immateriale costituito dalla complessiva disciplina amministrativa dell’uso del territorio) e, per incidens, nella sentenza 5 maggio 2006 n. 183 ha ritenuto l’irrilevanza della disciplina statuale relativa al condono paesaggistico rispetto al potere regionale attinente alla previsione di sanzioni edilizie per lo stesso fatto.

– In conclusione, l’attinenza del condono previsto dall’ art. 1 comma 37 della legge n. 308 del 2004 alla tutela paesistica sotto il profilo penale, e quindi anche quello amministrativo specifico, e la diversità dei beni tutelati dalle norme paesistiche e da quelle che, bilanciando i vari interessi in gioco, disciplinano profili paesistici e profili edilizi del condono sotto l’aspetto amministrativo e quello penale impediscono di interpretare queste ultime alla luce delle altre (posto che le une e le altre sono norme eccezionali insuscettibili di interpretazione estensiva o analogica).

Il condono "paesistico" di cui all’art. 1 comma 37 della legge n. 308 del 2004 comporta dunque la sottrazione del fatto alla disciplina penale ed a quella amministrativa attinenti alla tutela paesistica, rimanendo ferma però la sanzionabilità del fatto edilizio sotto i profili amministrativo e penale.

La disciplina dell’art. 1 comma 37 della legge n. 308 del 2004 è pertanto inidonea ad incidere su una regola data ad una pluralità di interessi, che attua un bilanciamento degli stessi ed è quindi insuscettibile di contaminazioni ad opera di una regola che attiene ad uno solo degli interessi bilanciati.

– Del pari limitati al profilo paesistico (amministrativo e penale) sono gli accertamenti di compatibilità paesistica previsti dall’art. 167 comma 4 e dall’art. 181 comma 1 ter del D.Lgs. n. 42 del 2004 (attinenti al rilascio in via ordinaria della autorizzazione paesaggistica per lavori già realizzati, di limitata entità e ritenuti compatibili con le esigenze di tutela del paesaggio) e dall’art. 182 comma 3 bis del medesimo testo (relativi alla definizione dei procedimenti attivati con la presentazione, entro il 30 aprile 2004, di domande di autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria); perciò irrilevanti ai fini della definizione di un fenomeno molto più complesso (quanto agli interessi coinvolti e conseguentemente bilanciati) quale è il condono, insieme edilizio e paesaggistico, ex art. 32 commi 25,26 e 27 lett. D) del D. L. n. 269 del 2003.

3. Alla luce di quanto ritenuto le censure dedotte sono infondate atteso che l’intervento edilizio è stato eseguito in assenza di titolo edilizio (secondo le affermazioni formulate dallo stesso ricorrente), in contrasto con le norme urbanistiche e le prescrizioni degli strumenti urbanistici, in area sottoposta ai vincoli di cui all’art. 32 comma 27 lett. D) del D.L. n. 269 del 2003 e successivamente all’imposizione dei vincoli stessi (trattasi di vincoli ex L. 1497/1939 recepiti nel piano regolatore generale del Comune di Lecce con deliberazione di C.C. n. 93 del 1983 e n. 12 del 1989, nonché nel successivo PUTT/p approvato dalla regione Puglia in data 15 12.2000).

4. Non sussiste neppure il lamentato difetto motivazionale del provvedimento impugnato esternando lo stesso palesemente l’iter logico giuridico seguito.

5. Per le considerazioni che precedono il ricorso va quindi respinto.

6. Sussistono nondimeno giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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