T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 06-07-2011, n. 1291 Equo indennizzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 6.10.1993 il ricorrente, direttore regionale dell’Amministrazione regionale in quiescenza dall’1.12.1993, ha presentato domanda di concessione di equo indennizzo in relazione all’infermità: cardiopatia ischemica.

Con la nota n. 4757 del 3.5.2000 la Presidenza della Regione ha negato l’attribuzione del richiesto equo indennizzo per infermità dipendente da causa di servizio, richiamando il parere del CPPO n. 766/1997.

Nel citato parere il C.P.P.O. ha ritenuto che "pure se negli ultimi anni prima del collocamento a riposo il ricorrente ha dovuto fare fronte ad un impegno di lavoro notevolmente rilevante comunque l’episodio infartuale acuto, successivamente documentato dallo stesso richiedente, si è verificato in epoca notevolmente posteriore al collocamento a riposo, nel giugno 1994".

Il C.P.P.O. ha – sostanzialmente – ritenuto che, dall’insieme degli elementi risultanti in ordine al servizio effettivamente prestato dal ricorrente e al quale non possono aggiungersi in questa sede quali fattori determinanti gli incarichi commissariali esterni all’amministrazione regionale espletati nello stesso periodo, si trae il convincimento che il servizio stesso, nel suo complesso, può avere avuto un ruolo scatenante rispetto all’infermità cardiaca lamentata e quindi assumere le caratteristiche di fattore concausale ma non in modo tale da potersi ritenere predominante tanto da giustificare la concessione dell’equo indennizzo, tenuto conto che tale valutazione trova sostanzialmente conferma nei dati risultanti dall’esame obiettivo in sede di visita medica, che non appaiono tali da far condividere il giudizio positivo sulla dipendenza da causa di servizio espresso dalla C.M.O.".

Con il ricorso in epigrafe l’interessato ha prospettato i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione artt. 8 e 9 DPR 349/1994, eccesso di potere per illogicità ed erroneità di presupposti; (sostiene che, nella relazione dell’Assessore alla Presidenza n. 2006 del 17.11.1993, risulta in modo chiaro che il ricorrente, nella qualità di direttore regionale del personale e dei servizi generali della Presidenza della Regione, era sottoposto ad un particolare affaticamento).

In data 8.4.2011 il ricorrente ha depositato perizia clinica del 13.9.2009 a firma del Dott. Rosario Bella circa la sua patologia.

Controparte ha replicato nel merito circa l’infondatezza del ricorso.

Tanto premesso, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

In particolare:

a) come è noto, prima dell’istanza tendente ad ottenere la concessione dell’equo indennizzo è necessario il riconoscimento della causa di servizio, devoluto ad una commissione medica ospedaliera (C.M.O.) che effettua un duplice accertamento (che si sia verificata una menomazione di carattere permanente e che sussista un nesso eziologico tra l’evento invalidante e la menomazione stessa);

b) nel procedimento di concessione dell’equo indennizzo deve essere acquisito il parere del Comitato per le pensioni privilegiate (C.P.P.O.), il cui accertamento riguarda essenzialmente l’inquadramento della menomazione nella categoria prevista dalle tabelle delle infermità e lesioni invalidanti, allegate al testo unico delle pensioni di guerra, e la determinazione dell’importo da liquidare.

Entrambi i procedimenti sono autonomi e separati (cfr., Cons. Stato, Sez. V, 29052000, n. 3089);

c) in altre parole – premesso che una volta accertata la causa di servizio, si apre la procedura per la concessione dell’equo indennizzo e l’amministrazione deve acquisire il parere del Comitato per le pensioni privilegiate – nel caso di contrasto tra i due pareri l’amministrazione è tenuta a specificare le ragioni per cui ritiene di attenersi ad un parere piuttosto che ad un altro;

d) inoltre, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ritenuto che, in base all’art. 5 bis legge n. 387 del 1987, i giudizi collegiali adottati dalle commissioni mediche ospedaliere in tema di dipendenza delle infermità riportate dal personale statale sono definitivi ai fini della concessione delle aspettative, del rimborso delle spese di cura nonché delle spese di decesso per causa di servizio e cosi via, mentre ai fini della concessione dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata ordinaria occorre in ogni caso il parere del C.P.P.O., il quale deve pronunciarsi sia sulla dipendenza della causa di servizio che sulla classifica;

e). in definitiva, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 5 bis legge n. 472 del 1987, il C.P.P.O. ben può valutare discrezionalmente la situazione di fatto sottoposta al suo esame, non essendo vincolato dalle determinazioni cui non abbia contribuito (parere della Commissione medica ospedaliera), e ben può ancora liberamente esprimere il convincimento che non esiste lo stato morboso denunciato o che manca il nesso eziologico tra lo stesso ed il servizio.

Unica limitazione è che gli atti adottati dal C.P.P.O. siano dotati di una motivazione veramente adeguata, che dia l’esplicita giustificazione del diverso risultato dei due procedimenti, dimostrando che vi è stata una reale e critica rivalutazione delle argomentazioni svolte dagli altri organi (consultivi e di amministrazione attiva) che si sono già pronunciati sull’argomento, condotta sulla base di un’analitica disamina di tutti gli elementi di fatto e di diritto emergenti dalla documentazione disponibile.

Tanto precisato, nel caso di specie, il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato è adeguatamente motivato anche con puntuale richiamo alla carenza di specifiche situazioni di effettivi disagi o surménage psicofisico tali da rivestire un ruolo di concausa efficiente e determinante.

Inoltre, si ritiene di poter escludere che abbiano avuto un ruolo concausale sia l’ambiente lavorativo in cui è stata svolta la prestazione lavorativa che le mansioni svolte.

E’ noto, infatti, che nella nozione di concausa efficiente e determinante della genesi o dell’aggravamento di una infermità possono farsi rientrare solo fatti ed eventi concreti ed individuati in modo specifico, e non anche circostanze e condizioni generali e connaturate ai disagi propri di qualsiasi attività lavorativa (cfr., T.A.R. Lazio, III Sez., 30 novembre 1991 n. 2119; T.A.R. Lazio, II Sez., 30 marzo 1989 n. 461).

Pertanto, come emerge anche dalla documentazione, il lavoro non appare aver avuto una significativa influenza sull’infermità specifica riscontrata al ricorrente.

In conclusione, per quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso, come in epigrafe proposto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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