Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-02-2011) 01-07-2011, n. 25890 Porto abusivo di armi in abitazioni e appartenenze

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza in data 15 aprile 2010 il Tribunale monocratico di Melfi applicava, su concorde richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., a S.M. la pena di Euro 92,00 di ammenda per avere portato fuori dalla propria abitazione e senza giustificato motivo un pugnale con lama a punta lunga cm. 17,5, condotta qualificata quale reato di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4 ed inquadrata nell’ipotesi di lieve entità del fatto di cui alla citata Legge, comma 3, secondo periodo.

2.- Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Potenza denunciando violazione di legge in quanto il fatto di lieve entità è riferibile ai soli strumenti atti ad offendere e non è, invece, configurabile per un’arma bianca quale deve essere considerato un pugnale con lama a punta della lunghezza di cm. 17,5, per il quale sarebbe da contestare l’ipotesi di reato di cui all’art. 699 c.p., comma 2. 3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, Dott. Fausto De Santis, con atto depositato il 6 agosto 2010, chiede che la sentenza impugnata sia annullata con le consequenziali statuizioni.

Motivi della decisione

4- Il ricorso è fondato.

E’ principio di diritto consolidato che quando con il ricorso per cassazione avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, sia denunciata la non corretta qualificazione giuridica del fatto, la Corte di Cassazione deve verificare se il fatto, quale accertato e valutato dal giudice di merito nella pronuncia che ha recepito l’accordo tra le parti, sia riconducibile alla fattispecie incriminatrice ritenuta in sentenza.

La qualificazione giuridica del fatto è, infatti, materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore su di essa integra un errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), (Sez. U. sentenza 19.1.2000, n. 5, Rv. 21582).

Nel caso di specie il fatto storico contestato all’imputato riguarda il porto di un pugnale con lama a punta della lunghezza di cm. 17,5, strumento la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona e che rientra, in considerazione delle sue caratteristiche e della sua specifica destinazione, nel novero delle armi bianche propriamente dette, il porto delle quali è punibile ai sensi dell’art. 699 c.p., comma 2, (Cass. Sez. 1, sent. 4.7.1985, Rv. 171168; Cass. Sez. 1, sent. 18.3.1996, n. 1730, Rv. 204676; Cass. Sez. 1, Sent. 15.12.2009, n. 49746, Rv. 245986) o, tuttalpiù, sulla base una compiuta e logica valutazione di merito concernente le caratteristiche dell’arma, nella L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 1.

Rientrano, invece, nella previsione di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, commi 2 e 3, solo gli altri strumenti ed oggetti, anche da punta e da taglio, non naturalmente ed esclusivamente destinati all’offesa alla persona, ma utilizzabili a tale scopo come armi improprie il cui porto, senza giustificato motivo al di fuori della propria abitazione o dalle appartenenze di essa, è sanzionato penalmente, con pena decisamente più lieve rispetto a quella prevista dall’art. 699 c.p..

La lieve entità del fatto, prevista dalla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3, che consente l’irrogazione facoltativa della sola pena dell’ammenda, è applicabile esclusivamente agli strumenti che, pur essendo da punta e da taglio, non sono naturalmente destinati all’offesa e in quanto tali costituiscono armi improprie e non vere e proprie armi, non da sparo, come il pugnale (da ultimo Cass. Sez. 1, sent. 15.4.2010, n. 16767, Rv. 246931).

La sentenza gravata non ha tenuto conto della costante giurisprudenza di questa Corte relativa alla materia delle armi non da sparo e delle armi c.d. improprie, in particolare non ha considerato che la lieve entità del fatto prevista dalla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3 è configurabile con riferimento al porto delle sole alle armi improprie.

La suddetta omissione è tale da inficiare la valutazione effettuata, essendo obbligo del giudice quello di valutare, dandone conto in termini di logica motivazione, la esatta qualificazione giuridica del fatto e la correttezza dell’applicazione delle circostanze prospettate dalle parti.

Dunque, il Tribunale non avrebbe dovuto accogliere la richiesta delle parti poichè la stessa era fondata su una non corretta qualificazione giuridica del fatto e delle circostanze dello stesso;

ne consegue che la sentenza deve essere annullata con trasmissione degli atti al Tribunale di Melfi per il corso ulteriore.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Melfi per il corso ulteriore.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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