T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 06-07-2011, n. 1149 Comunicazione, notifica o pubblicazione del provvedimento lesivo Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 2 novembre 2009 e depositato il successivo 13 novembre, i ricorrenti indicati in epigrafe chiedevano l’annullamento della determina dirigenziale provinciale con la quale era disposta la sospensione degli atti autorizzativi rilasciati alla F.S.A. srl allo spandimento dei fanghi di depurazione sui terreni di proprietà dell’altra azienda ricorrente – nonché degli atti presupposti – fondata sulla considerazione in base alla quale il Consiglio Comunale del Comune di Asciano, con delibera del 16 luglio 2009, per ritenuti motivi di salvaguardia ambientale, ex art. 4, comma 3, lett. h), d.lgs. n. 99/92, aveva introdotto l’art. 88bis del Regolamento Edilizio, facendo, in sostanza, divieto dell’attività di spandimento in questione sui terreni agricoli, in virtù del valore detrattore, in ambiti territoriali a diffusa caratterizzazione turistica, conseguente alla diffusione di aerosoli e alla forte percezione olfattiva, seppure nel rispetto dei quantitativi massimi applicabili e delle distanza minime da rispettare.

I ricorrenti, quindi, premettendo cenni sulle modalità di svolgimento dell’attività di spandimento in questione e sulla successione provvedimentale che l’aveva autorizzata, lamentavano, in sintesi, quanto segue.

" 1. Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione di cui all’art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione di principi di cui agli artt. 1 e 3 della legge sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990 n. 241 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione art. 127 dlgs 152/2006; violazione e falsa applicazione artt. 3, 4, comma 3 lett. h), 6, 7 e 8 legge 27 gennaio 1992 n. 92; violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 1 lett. b) L.R.T. 18 maggio 1998 n. 25 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione art. 11, 12, 17 e 18 Regolamento Regionale 25 febbraio 2004 di attuazione ai sensi della lettera e), comma 1, dell’art. 5 della L.R.T. 18 maggio 1998 n. 25, come da ultimo modificata dalla L.R.T. 21 novembre 2008 n. 62; eccesso di potere per carenza dei presupposti, carenza di motivazione, irragionevolezza, contraddittorietà ed illogicità manifesta".

Ai sensi della richiamata normativa nazionale, lo spandimento di fanghi in agricoltura è vietato solo se risulta accertata l’esistenza di una situazione di pericolo per la salute e per la salvaguardia dell’ambiente mentre, ai sensi di quella regionale, la sospensione delle autorizzazioni può essere disposta solo per inadempienze alle stesse, alle norme vigenti o alle prescrizioni autorizzative, e comunque previa diffida e per un tempo determinato.

Nel caso di specie tali presupposti non erano presenti, tenuto conto dell’ampia fase istruttoria che aveva preceduto il rilascio delle autorizzazioni in questione, ed il provvedimento impugnato risultava adottato solo sulla base di quanto deliberato dal Comune di Asciano con la richiamata modifica al regolamento edilizio comunale, in assoluta carenza di potere.

La Provincia non poteva abdicare alle sue competenze e comunque sospendere le autorizzazioni a tempo indeterminato e doveva, semmai, provvedere anche ad una valutazione comparativa degli interessi, dandone congrua illustrazione nella necessaria motivazione, qui invece assente del tutto, essendosi il dirigente provinciale limitato a richiamare l’adozione della ricordata delibera di consiglio comunale.

"2. Illegittimità derivata. Violazione e falsa applicazione artt. E 13, comma 1, dlgs 267/2000 in relazione all’art. 19 del medesimo dlgs. violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 1 lett. b) e 7 L.R.T. 18 maggio 1998 n. 25 e s.m.i. Ulteriore violazione artt. 9, 11, 12 Regolamento Regionale 25 febbraio 2004 di attuazione ai sensi della lettera e), comma 1, dell’art. 5 della L.R.T. 18 maggio 1998 n.25. Incompetenza. Ulteriore eccesso di potere per carenza assoluta di presupposti, manifesta irragionevolezza".

Se la motivazione della determina dirigenziale provinciale impugnata derivava, "per relationem", da quanto deliberato dal Comune di Asciano, i ricorrenti rilevavano l’assoluta incompetenza di questo, insistendo in capo alla Regione la relativa potestà regolamentare in materia di utilizzo di fanghi in agricoltura.

Nel caso di specie, inoltre, la motivazione adottata dal Comune era comunque illogica, in quanto non si rilevava la presenza di centri abitati prossimi all’azienda ove si spargevano i fanghi secondo le rilasciate autorizzazioni né di insediamenti turistici stanziali coinvolti dagli effetti dell’attività di spandimento.

"3. Ulteriore illegittimità derivata. Violazione e falsa applicazione artt. 3 e 13, comma 1, dlgs 267/2000; violazione e falsa applicazione art. 4 DPR 380/2001 – contenuti del regolamento edilizio – violazione e falsa applicazione art. 64 L.R.T. 172005 e s.m.i. in relazione agli artt 39 e 40, capo III, L.R.T. e s.m.i. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità manifesta".

In subordine, i ricorrenti rilevavano che non poteva esser utilizzato lo strumento del regolamento edilizio, al di fuori dei presupposti di cui all’art. 4 dpr n. 380/01 e 64 l.r. n. 1/05 qui inesistenti, per intervenire nella materia di utilizzo dei fanghi in agricoltura.

Si costituivano in giudizio l’Amministrazione Provinciale di Siena e il Comune di Asciano, chiedendo la reiezione del ricorso, secondo le rispettive deduzioni illustrate in memorie per la camera di consiglio.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, questa Sezione accoglieva la domanda cautelare.

In prossimità della pubblica udienza tutte le parti costituite depositavano memorie e documentazione ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi, facendo riferimento, le amministrazioni intimate, anche ad indagini penali in corso sull’attività di spandimento in questione.

Alla pubblica udienza del 31 marzo 2011 la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio rileva che la determina dirigenziale provinciale impugnata è chiara nel motivare la decisione esclusivamente su quanto disposto nella delibera del Consiglio Comunale di Asciano n. 42 del 16 luglio 2009 "…per motivi di salvaguardia ambientale, di cui all’art. 4 c.3 lettera h) del D.Lgs. n. 99/92". Null’altro è aggiunto. Né può farsi riferimento al contenuto della determina del 5 agosto 2009 con la quale era comunicato l’avvio del procedimento, in cui erano contenuti richiami anche ad altri presupposti poi non riportati nel provvedimento finale.

Si ricorda, infatti, che nella fase "embrionale" dell’attività amministrativa, se non si può pretendere che nell’avviso di inizio del procedimento l’Amministrazione individui con assoluta precisione quali saranno l’ampiezza, la struttura e il dispositivo del provvedimento che si accinge ad emanare, essendo possibile che, una volta avviata l’istruttoria, essa deliberi di non emettere più il provvedimento che in origine si era prefissa di adottare in conseguenza delle emergenze istruttorie acquisite ovvero decida per le medesime ragioni di emettere un provvedimento parzialmente diverso dall’archetipo in origine ipotizzato (Cons. Stato, Sez. VI, 6.5.08, n. 2009), ne consegue che se viene adottato un provvedimento finale fondato su motivazioni che richiamano solo parzialmente quelle prospettate in sede di comunicazione di avvio deve dedursi, logicamente, che le altre risultano abbandonate, vuoi per il contributo procedimentale fornito dall’interessato vuoi per una diversa ponderazione da parte dell’Amministrazione procedente. Si evidenzia, infatti, che la sede in cui l’Amministrazione esercita il suo potere, insistendo sulla sfera giuridica dell’interessato, è solo quella del provvedimento finale, non potendo costituire la comunicazione di avvio del procedimento un appendice (prodromica) dello stesso sotto il profilo del rispetto dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 l.n. 241/90.

E’ noto, sotto tale profilo, che le norme contenute nell’art. 7 l. cit., in materia di partecipazione al procedimento da parte del cittadino, non devono essere applicate in modo meccanico e formalistico, non potendo la partecipazione stessa limitarsi a un mero simulacro, essendo invece necessario che, nello spirito che ha ispirato le disposizioni della legge n. 241 cit., le memorie, le osservazioni, i documenti e/o le audizioni dei cittadini incisi dall’adottando provvedimento siano stati valutati dall’Amministrazione e che di tale valutazione è necessario che vi sia traccia nel provvedimento finale, atteso che il giusto provvedimento cui tende la cultura della partecipazione non è quello che accontenti il privato, ma quello che assicuri l’effettivo conseguimento dell’interesse pubblico, motivando in ordine alle scelte effettuate anche in ragione degli interessi privati in gioco, per cui la partecipazione rifluisce necessariamente nell’obbligo di motivazione, fissato all’art. 3 stessa legge (Tar Campania, Na, Sez. I, 17.12.04, n. 19311; C.G.A.R.S., 27.4.98, n. 283).

Anche se nel caso di specie, il provvedimento impugnato attesta che non sono pervenute osservazioni in merito alla comunicazione di avvio del procedimento, non può ritenersi che la motivazione del provvedimento stesso possa ritenersi in qualche modo "integrata" dal contenuto della relativa precedente comunicazione ex art. 7 l. cit., dato che ben poteva essere che la medesima amministrazione, meglio ponderando la questione, avesse ritenuto che l’unica motivazione sostenibile era quella legata all’applicazione automatica della delibera comunale richiamata.

Tale conclusione appare l’unica logicamente individuabile, perché se il dirigente provinciale avesse voluto ritenere valide tutte le ragioni già esposte nella comunicazione di avvio del procedimento, in assenza di deduzioni da parte degli interessati, avrebbe potuto richiamare integralmente, se del caso anche "per relationem", il rispettivo contenuto. Se non lo ha fatto ed ha ritenuto che il provvedimento adottato si fondasse solo sull’unico presupposto sopra richiamato, sta a significare, secondo logica, che solo l’applicazione della suddetta delibera comunale è stata ritenuta come legittimo fondamento per l’esercizio del potere specifico di sospensione come attuato.

Premesso ciò, quindi, il Collegio evidenzia già ora che non è condivisibile il contenuto delle memorie depositate dalle parti intimate, secondo cui la motivazione del provvedimento dovrebbe desumersi per quanto espresso "…sia nella comunicazione di avvio del procedimento, che nel provvedimento finale" (memoria Provincia per la camera di consiglio, pag. 7, e per l’udienza pubblica, pag. 11) ovvero per le altre ragioni illustrate sia dalla Provincia che dal Comune di Asciano nelle rispettive difese, relative alla pendenza di un procedimento penale, con disposto sequestro di aree, perché di tale motivazione non c’è traccia né nel provvedimento impugnato né, tantomeno, nella delibera del consiglio comunale presa a riferimento.

Chiarito ciò, il Collegio ritiene di confermare l’orientamento già anticipato in sede cautelare, ritenendo la fondatezza del ricorso.

In relazione a quanto dedotto con i primi due motivi di ricorso, infatti, il Collegio concorda con le conclusioni giurisprudenziali richiamate anche dai ricorrenti, evidenziando che, in tema di protezione dell’ambiente, non sussiste alcuna competenza comunale in materia di disciplina dello spandimento di fanghi di depurazione in agricoltura, ai sensi del D.L. 27 gennaio 1992 n. 99, ove la Regione abbia riservato a sé la materia e l’abbia ampiamente e compiutamente disciplinata, con la conseguenza, pertanto, che devono essere annullati gli strumenti di pianificazione regolamentare comunale, quali essi siano, nella parte in cui disciplinano il predetto profilo (TAR Lombardia, Mi, Sez. IV, 10.6.10, n. 1773 e 29.5.09, n. 3848, TAR Friuli, 3.5.10, n.299).

Nel caso di specie, poiché – come sopra evidenziato – il dirigente provinciale non richiama alcuna motivazione in ordine ad irregolarità riscontrate nella gestione dell’autorizzazione (che, comunque, per essere legittimamente adottate a fondamento del provvedimento di sospensione, da disporsi, tra l’altro, non a tempo indeterminato, dovevano essere precedute da idonea diffida di cui all’art. 18, Reg. regionale attuativo della l.r. n. 25/98), ne consegue che il provvedimento impugnato è fondato su una determinazione in materia su cui il Comune di Asciano non aveva competenze, ai sensi degli artt. 6, 7 e 8 d.lgs. n. 99/1992 e dell’art. 6, comma 1, lett. b), l.r. Toscana n. 25/1998.

D’altronde, la Regione Toscana, nell’ambito della sua potestà legislativa, con la l.r.25/1998, al relativo art. 7, non ha attribuito ai Comuni alcuna competenza in materia di rifiuti diversa dal servizio di gestione dei rifiuti urbani.

Sotto tale profilo, quindi, il provvedimento dirigenziale impugnato deve essere annullato.

Il ricorso è però fondato anche in relazione a quanto dedotto avverso la delibera comunale richiamata in epigrafe (tempestivamente impugnata entro il termine perentorio di legge, avuto riguardo al periodo della sua pubblicazione e alla sospensione feriale dei termini).

Oltre al profilo di incompetenza sopra evidenziato, il Collegio rileva comunque, in subordine, anche il difetto di carenza dei presupposti ed illogicità manifesta lamentati dai ricorrenti.

Sostengono le amministrazioni intimate che, in realtà, la determinazione comunale che ha inciso sul Regolamento Edilizio risulta in applicazione dell’art. 4 d.p.r. n. 380/01 e dell’art. 64 l.r. n. 1/2005, in materia di "igiene e sicurezza". Il Collegio rileva, però, che la deliberazione in questione comprende il comma 2 all’art. 88 bis del R.E., secondo cui il divieto di spandimento sui terreni agricoli "…è conseguenza del valore detrattore, in ambiti territoriali a diffusa caratterizzazione turistica, costituito da tale pratica durante le fasi di applicazione e spandimento…a causa del’accentuata diffusione di aerosoli e alla conseguente percezione olfattiva…".

Come è facile notare, non c’è alcun richiamo alla tutela della salute e dell’ambiente – non risultando d’altronde specifica istruttoria sulla eventuale tossicità dei fanghi destinati allo spandimento – ma, piuttosto, la delibera appare dettata evidentemente a tutela del turismo, limitandosi al richiamo della "percezione olfattiva", e ponendosi a tutela delle imprese operanti nel settore ma senza effettuare il dovuto bilanciamento degli interessi anche in considerazione della altre imprese, meramente agricole, pure presenti sul medesimo territorio comunale. Nemmeno risulta considerato, come evidenziato dalle ricorrenti, che l’odore dei fanghi è inavvertibile a distanze superiori a duecento metri, se non sottovento, che il periodo di spandimento è concentrato tra la primavera e l’estate e può durare, al massimo, trenta- trentacinque giorni, esclusi sabato e domenica.

La carenza di istruttoria, quindi, rende il provvedimento comunale impugnato illegittimo anche per tale motivo.

L’unico profilo richiamato nella deliberazione comunale in questione, poi, relativo alla tutela del settore turistico, confligge poi anche con l’affermazione contenuta nella delibera dirigenziale provinciale del 17 settembre 2009, secondo la quale il Comune aveva attuato il divieto per motivi di "salvaguardia ambientale, di cui all’art. 4 c.3 lettera h del D.Lgs. n. 99/92".

Si evidenzia, infatti, che la norma in questione prevede il divieto di applicazione di fanghi ai terreni "…h) quando sia stata comunque accertata l’esistenza di un pericolo per la salute degli uomini e/o degli animali e/o per la salvaguardia dell’ambiente" ma, nell’ipotesi considerata, nessun richiamo alla salute o alla salvaguardia dell’ambiente viene operato ma solo, come detto, alla salvaguardia del turismo.

Anche sotto tale profilo, quindi, la delibera dirigenziale provinciale appare viziata, per carenza dei presupposti.

Per quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento della determina provinciale del 17 settembre 2009 e della delibera di C.C. di Asciano n. 42/09, concretandosi l’altro provvedimento dirigenziale impugnato in una mera comunicazione di avvio del procedimento, come tale non lesiva. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la disposizione dirigenziale provinciale del 17 settembre 2009 e la delibera del Consiglio Comunale di Asciano n. 42 del 16 luglio 2009.

Condanna l’Amministrazione Provinciale di Asciano e il Comune di Asciano a corrispondere, in solido, ai ricorrenti, nella misura del 50% ciascuno, le spese di lite che liquida in totale in euro 4.000,00, oltre accessori di legge e quanto versato a titolo di contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *