Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-06-2011) 04-07-2011, n. 26129 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 21.02.2011 il Tribunale di Catania rigettava il riesame proposto nell’interesse di B.N. avverso l’ordinanza del locale GIP del 14.01.2011 che gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73 (capi X e Y della rubrica).

Propone ricorso l’indagato, deducendo che il Tribunale:

ha illogicamente respinto l’eccezione di preclusione per effetto della sentenza di non luogo a procedere emessa dal GUP del Tribunale di Napoli il 10 ottobre 2008 per il medesimo reato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 in relazione a un periodo idoneo a ricomprendere quello oggetto di contestazione nel presente procedimento;

ha motivato in modo illogico sulla sussistenza del grave quadro indiziario in ordine al delitto associativo, in quanto si è basato sui risultati di conversazioni telefoniche di dubbia attribuzione e dubbio significato, omettendo di considerare il breve periodo di coinvolgimento del ricorrente e di evidenziare e specificare l’effettività di un suo persistente e consapevole contributo al sodalizio, a fronte di emergenze indicative di un mero rapporto personale con tale M. e comunque di rapporti non eccedenti il mero concorso nei reati singoli;

non ha sostanzialmente motivato sulla concretezza, attualità ed entità delle esigenze cautelari, omettendo in particolare di considerare il lungo tempo trascorso dai fatti, risalenti al 2006.

Motivi della decisione

I rilievi con cui si contesta la motivazione sulla esclusione della preclusione derivante dalla sentenza di non luogo a procedere emessa dal GUP del Tribunale di Napoli il 10 ottobre 2008 e sulla sussistenza del grave quadro indiziario in ordine al delitto associativo sono generici e assertivi e non prendono specificamente in considerazione la logica argomentazione con cui si è esclusa la sovrapponibilità dei fatti oggetto della suddetta sentenza a quelli oggetto del presente procedimento e le articolate indicazioni dell’ordinanza impugnata circa i molteplici elementi emersi a carico del ricorrente, che evidenziano l’esistenza e l’operatività del contestato, pur semplice, sodalizio criminoso, e l’inserimento in esso del ricorrente col ruolo precipuo di approvvigionatore della sostanza presso fornitori partenopei, e in assiduo contatto, oltre che con la figura preminente del M., anche con il C. e il G., dediti soprattutto alla fase di spaccio e recupero fondi.

Pertinente appare invece il motivo con cui si contesta la mancanza di una sostanziale motivazione sull’attualità delle esigenze cautelari.

In effetti l’ordinanza impugnata rende al riguardo una motivazione basata soprattutto sulla gravità delle condotte contestate, che si fermano comunque a più di quattro anni prima dell’emissione dell’ordinanza impositiva.

Ora, premesso che il lungo tempo decorso dai fatti fa concretamente venir meno, in riferimento al requisito dell’attualità, la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, non c’è dubbio che la motivazione su tale requisito resta carente e illogica se non prende adeguatamente in considerazione il periodo intercorrente tra i fatti e l’emissione della misura, in riferimento in particolare alle vicende riguardanti il soggetto interessato e il contesto delinquenziale in cui si svolsero le condotte contestate.

Sul punto il Tribunale, dopo aver ricordato che il B. è stato detenuto dal luglio 2006 al febbraio 2009, ha escluso la rilevanza in senso favorevole del troppo breve periodo successivo e della addotta stabile occupazione lavorativa di non precisata redditività.

Ora, da un lato, è evidente che il periodo di detenzione è un periodo in sè neutro, che non esclude però la valutabilità dei riflessi di circostanze esterne, relative in particolare alle sorti del sodalizio di pregressa appartenenza, sull’evolversi anche in quel periodo del tasso di pericolosità del soggetto; dall’altro, e conseguentemente, si rivela illogica l’aprioristica scissione da tale periodo, e dalle suddette circostanze esterne, della valutazione del successivo periodo di libertà, soprattutto se caratterizzato dall’intrapresa di un’attività lavorativa.

L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata in parte qua, con rinvio al giudice di merito, che procederà a nuova deliberazione, rendendo motivazione immune da vizi.

P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e 623 c.p.p., annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia al Tribunale di Catania per nuovo esame sul punto.

Rigetta nel resto il ricorso.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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