Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-06-2011) 04-07-2011, n. 26125 Durata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 04.03.2011 il Tribunale di Venezia rigettava l’appello proposto nell’interesse di L.K. avverso l’ordinanza 26.01.2011 del GIP di Padova che ne aveva respinto l’istanza di scarcerazione per decorrenza, ex art. 297 c.p.p., comma 3, dei termini di durata della misura della custodia carceraria infettagli il 02.11.2010 dallo stesso GIP relativo al reato ex art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Rilevava in particolare il Tribunale che i fatti oggetto della misura della custodia carceraria di cui si chiedeva la retrodatazione erano divenuti noti all’A.G. solo con la nota dei CC in data 01.07.2010, laddove il fatto oggetto della prima ordinanza era stato giudicato con sentenza del 10.03.2010.

Propone ricorso l’indagato a mezzo del difensore, deducendo che gli elementi indiziari posti a base del secondo titolo custodiale, come emerge dal suo stesso tenore, erano già sussistenti al momento di emissione della prima ordinanza, dovendosi considerare la nota dei CC in data 01.07.2010 un mero compendio delle pregresse attività di indagine.

Motivi della decisione

Deve preliminarmente osservarsi in diritto che l’esatta portata della norma di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3 risulta oggi esaurientemente definita dai recenti interventi della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite di questa Corte.

Queste ultime, invero, con la sentenza 22.03.2005, Rahulia, hanno statuito che:

– nel caso di emissione nei confronti di un imputato di più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica, la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive, prevista dall’art. 297, c.p.p., comma 3, opera indipendentemente dalla possibilità, al momento dell’emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l’esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive, e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure;

– quando nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, opera la retrodatazione prevista dall’art. 297 c.p.p., comma 3 anche rispetto ai fatti oggetto di un "diverso" procedimento, se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanza;

– nel caso di emissione nei confronti di un imputato di più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, tra i quali non sussiste la connessione prevista dall’art. 297 c.p.p., comma 3, i termini delle misure disposte con le ordinanze successive decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, se al momento dell’emissione di questa erano desumibili dagli atti gli elementi che hanno giustificato le ordinanze successive, sempre che le misure cautelari non siano state disposte in procedimenti diversi.

Il Giudice delle leggi, a sua volta, con sentenza n. 408 del 03.11.2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 3 del cit. art. 297 c.p.p. nella parte in cui non si applica anche a fatti diversi non connessi, quando risulti che gli elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima ordinanza.

Ancora le Sezioni Unite di questa Corte, con sent. 19.12.2006, Librato, riprendendo e precisando anche quanto già deciso con la cit. sentenza Rahulia, hanno sottolineato che:

– nel caso di emissione nello stesso procedimento di più ordinanze che dispongono nei confronti di un imputato la medesima misura cautelare per lo stesso fatto, diversamente circostanziato o qualificato, o per fatti diversi, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologia, commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza, la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive opera automaticamente, ovvero senza dipendere dalla possibilità di desumere dagli atti, al momento dell’emissione della prima ordinanza, l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le successive misure ( art. 297 c.p.p., comma 3, prima parte).

Nel caso in cui le ordinanze cautelari adottate nello stesso procedimento riguardino invece fatti tra i quali non sussiste la connessione prevista dall’art. 297 c.p.p., comma 3, la retrodatazione opera solo se al momento dell’emissione della prima esistevano elementi idonei a giustificare le misure applicate con le ordinanze successive;

– ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza della custodia cautelare ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3, il presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all’emissione della prima, non ricorre allorchè il provvedimento successivo riguardi un reato di associazione (nella specie di tipo mafioso) e la condotta di partecipazione alla stessa si sia protratta dopo l’emissione della prima ordinanza;

– in tema di "contestazione a catena", quando nei confronti di un imputato sono emesse in procedimenti diversi più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, la retrodatazione prevista dall’art. 297 c.p.p., comma 3, opera per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza.

Nel caso in cui le ordinanze cautelari adottate in procedimenti diversi riguardino invece fatti tra i quali non sussiste la suddetta connessione e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, solo se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione può essere frutto di una scelta del pubblico ministero.

Ciò chiarito in diritto, rilevasi che il Tribunale, pur non disconoscendo la sussistenza, tra i fatti oggetto delle due ordinanze, di una connessione rilevante agli effetti dell’art. 297 c.p.p., comma 3, ha precisato che, mentre la prima ordinanza aveva ad oggetto un fatto isolato, conseguente a un arresto in flagranza, il materiale indiziario posto a base della seconda ordinanza ha assunto sufficiente chiarezza e consistenza solo grazie agli ulteriori collegamenti ed elaborazioni sfociati nella suddetta nota in data 01.07.2010.

A fronte di tali rilievi, in forza dei quali è stata esclusa la sussistenza dei presupposti per la retrodatazione dei termini custodiali, il ricorrente si è limitato a sottolineare che gli elementi indiziali posti a base della seconda ordinanza erano già stati acquisiti al momento dell’emissione della prima ordinanza, senza però specificamente contestare (se non attraverso una irrilevante censura alla presumibile "lentezza" della P.G.) il punto cruciale relativo al momento dell’utile coagularsi di tali elementi ai fini della loro effettiva "desumibilità" dagli atti in possesso dell’A.G. patavina (v. sul punto Cass. n. 12906 del 2010): momento individuato dal Tribunale, con non illogica motivazione, avvalsasi anche del richiamo all’impugnata ordinanza del GIP (e non sindacabile in questa sede: v. Cass. n. 9990 del 2010), all’atto della complessiva elaborazione di tutti gli esiti d’indagine esposta nella nota dei CC in data 01.07.2010.

Il proposto ricorso, deve, pertanto, essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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