Cons. Stato Sez. III, Sent., 07-07-2011, n. 4083 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La G. s.r.l., odierna appellante, stipulò nel corso del 1995 con l’Azienda Ospedaliera Universitaria un contratto di appalto per il servizio di pulizia dell’ospedale, di durata quadriennale, successivamente oggetto di numerose proroghe sino al 2005.

Pendente un contenzioso per il compenso revisionale e per parte del corrispettivo ancora dovuto, le parti conclusero, il 31.3.2007, un contratto di transazione avente tale duplice oggetto con cui, da un lato, l’Azienda Ospedaliera riconosceva l’importo complessivo di oltre tremilionisettecentomila euro per sorte capitale e, dall’altro, la G. rinunciava al pagamento degli interessi e della rivalutazione.

In seguito, con delibera del 13.7.2007 n. 462, l’amministrazione agì in autotutela, sostenendo in via principale la nullità della transazione per mancanza delle autorizzazioni necessarie e, in subordine, ove si ritenesse esistente un provvedimento implicito in tal senso, disponendone comunque l’annullamento, per errore di diritto concernente la disciplina della revisione prezzi.

2. Pronunciando sul ricorso proposto avverso tale provvedimento, di cui è era stata dedotta l’illegittimità sotto vari profili, il Tar ha escluso la sussistenza di un atto implicito di autorizzazione alla transazione, benché ritenuta necessaria, facendone conseguire automaticamente l’inefficacia dell’accordo, "senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell’amministrazione".

3. La G. ha presentato appello, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto, una volta esclusa l’esistenza di un atto autorizzatorio implicito, del contratto di transazione avrebbe potuto conoscere solamente il giudice ordinario. Nel merito delle questioni dedotte, ha ribadito la legittimazione del Direttore Generale dell’Azienda a stipulare la transazione e, nella prospettiva dell’annullamento in autotutela, l’illegittimità di tale atto per difetto di motivazione e di istruttoria.

Si è costituita l’Azienda Ospedaliera, con articolata memoria difensiva, resistendo all’appello.

All’udienza pubblica del 17.6.2011, in vista della quale le parti costituite hanno depositato ulteriori memorie, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.

4. A fronte della dedotta questione di giurisdizione, osserva il Collegio preliminarmente come si controverte in merito alla sorte di un accordo transattivo avente ad oggetto l’esecuzione di un precedente rapporto di appalto, intercorso tra le stesse parti.

Il tema della "transazione degli enti pubblici", di non frequente applicazione giurisprudenziale, è legato al nome di un autorevole studioso del processo amministrativo, peraltro espressamente citato proprio nel provvedimento impugnato, che ne fece argomento di un saggio pubblicato nel lontano 1936, ripreso più di recente, a distanza di molti anni ed in un quadro normativo assai mutato, da un’attenta dottrina.

Nella vicenda in esame si è al cospetto, in particolare, di una transazione intervenuta all’interno di un rapporto di diritto privato, tale essendo il rapporto di appalto, quantunque preceduto, come di regola, da una procedura ad evidenza pubblica. Ciò in quanto la transazione è scaturita pur sempre dalla necessità di risolvere problemi correlati all’esecuzione dell’appalto, e non a profili inerenti, a monte, la procedura ad evidenza pubblica. In simili casi, si è osservato che la transazione, la cui ammissibilità non pare seriamente dubitabile, ricadrebbe pienamente nel paradigma dell’art. 1965 e seguenti del codice civile, sia per quanto concerne i presupposti che per quanto attiene ai contenuti.

Tale prospettiva privatistica, le cui conseguenze sul riparto di giurisdizione saranno esaminate a breve, non vale peraltro a negare la peculiarità di una transazione posta in essere dalla P.A., se non altro per il possibile rischio di un immediato esborso di denaro pubblico, al punto da giustificare talune deviazioni dal paradigma tipico del codice civile. Si fa riferimento, in specie, alla necessità che la transazione assume la forma scritta ad substantiam (Cass. I, 6.6.2002, n. 8192) quando, invece, ai sensi dell’art. 1967 c.c., la forma scritta è imposta solamente ad probationem; e, soprattutto, alla necessità che la transazione sia preceduta da una congrua motivazione, nella quale siano esaminati e valutati i rischi connaturati a simile fattispecie, legati ad esempio alla prevedibile durata ed al prevedibile (o imprevedibile) esito di un contenzioso già pendente.

5. Tanto premesso, reputa il Collegio che, nella particolare fattispecie in esame, difetti la giurisdizione del giudice amministrativo, per una duplice ragione.

6. La prima di queste ragioni, di ordine più generale, muove dal consolidato riparto di giurisdizione in materia di contratti "pubblici", per il quale la fase esecutiva è in linea di massima – fatte salve specifiche e tassative deroghe – devoluta alla cognizione del giudice ordinario, trattandosi di rapporti paritari nei quali l’Amministrazione è (ormai) priva di poteri autoritativi ed il privato è titolare di diritti soggettivi (v., per un precedente proprio in tema di transazione, Cons. St., V, 28.12.2001, n. 6443). Nella vicenda in esame merita sottolineare come la transazione abbia avuto ad oggetto non solo il compenso revisionale ma anche, in una misura considerevole, lo stesso corrispettivo contrattuale originariamente previsto, per il quale è pacifico che un’eventuale azione di adempimento e condanna debba essere proposta dinanzi al giudice ordinario.

7. La seconda ragione è legata, più in particolare, al tipo di atto impugnato in questa sede con il quale l’Amministrazione, credendo di potere esercitare un proprio ius poenitendi, ha, alternativamente, (prima) dichiarato la nullità della transazione, se ed in quanto non preceduta da una previa autorizzazione, poi annullato in autotutela tale provvedimento, ove ritenuto implicito nella stipula del contratto di transazione. In entrambe le ipotesi il contratto sarebbe comunque inefficace, secondo la tesi dell’Amministrazione: nel primo caso perché radicalmente nullo, nel secondo caso perché annullabile per errore di diritto.

7.1. Premesso che entrambe le soluzioni postulano che, a monte della vicenda, vi fosse bisogno di un atto ad evidenza pubblica che precedesse la stipula del contratto di transazione, il Giudice di primo grado, non ravvisando alcuna delibera a contrarre, né esplicita né implicita, ha concluso per l’inefficacia dell’accordo transattivo – aggiungendo – "senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell’amministrazione, in conseguenza della mancanza (originaria, in questo caso) dell’atto costitutivo della volontà negoziale dell’amministrazione".

7.2. Ebbene, reputa il Collegio che – anche ammettendo che vi fosse bisogno di una delibera a contrarre e che la sua mancanza sia opponibile al privato, determinando delle conseguenze invalidanti sul contratto – non si possa comunque prescindere dal principio generale secondo cui, giusta la formula enfatica dell’art. 1372 c.c., "il contratto ha forza di legge tra le parti". Da qui l’impossibilità di uno scioglimento unilaterale, se non per cause ammesse dalla legge, e di contro la necessità del mutuo consenso (vale a dire di un secondo contratto) oppure di una pronuncia del giudice.

7.3. In questa seconda prospettiva si può discutere, e la questione è da sempre assai controversa in dottrina ed in giurisprudenza, se occorra una pronuncia dichiarativa ovvero costituiva, il che equivale a chiedersi, a ritroso, in che modo il vizio della procedura ad evidenza pubblica si rifletta sul contratto di diritto privato, se in termini di nullità, annullabilità o inefficacia, originaria o sopravvenuta.

E’ evidente che il profilo sostanziale circa la "sorte del contratto" si saldi con quello processuale afferente il riparto di giurisdizione, quanto meno secondo l’orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, per la quale dall’annullamento (non importa se in via giurisdizionale o in sede di autotutela) dell’aggiudicazione, o comunque di un atto della procedura ad evidenza pubblica, discenderebbe, quale conseguenza, l’annullabilità anche del contratto, per (sopravvenuto) difetto di legittimazione a negoziare; annullabilità da far valere con specifica domanda proposta dall’amministrazione stessa, unico soggetto a ciò legittimato ex art. 1441 c.c., in un giudizio davanti al giudice ordinario (v., ad esempio, Cass. I, 17.11.2000, n. 14901 e Cass., II, 8.5.1996, n. 4269).

E’ noto come questa soluzione, peraltro condivisa in passato da voci autorevoli della dottrina (per cui il contratto concluso in mancanza di deliberazione a contrarre sarebbe assimilabile al negozio del falsus procurator), sia stata in anni più recenti sottoposta a revisione critica per la sostanziale elusione del principio di effettività della tutela giurisdizionale che si determinerebbe nell’ipotesi di annullamento giurisdizionale dell’atto ad evidenza pubblica, lasciando all’amministrazione – già soccombente nel giudizio amministrativo – ogni decisione sulla sorte del contratto facendone valere o meno l’annullabilità.

Tale obiezione, all’origine dell’evoluzione giurisprudenziale registratasi nell’ultimo decennio (specie nella giurisprudenza del Consiglio di Stato) e delle scelte compiute dal legislatore nel 2010 in occasione del recepimento della direttiva ricorsi in materia di appalti pubblici (v. ora gli artt. 121 e 122 del c.p.a.), non ha tuttavia pari fondamento in un caso, quale quello qui in esame, di annullamento in autotutela dell’atto presupposto di un contratto di transazione. In simile evenienza, infatti, è semmai all’inverso proprio il principio di effettività della tutela giurisdizionale, valutato unitamente alla garanzia della libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost., in cui trova tutela indiretta anche l’autonomia negoziale dei privati, che dovrebbe escludere che l’amministrazione abbia il potere di sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale. L’eventuale mancanza o invalidità degli atti del procedimento ad evidenza pubblica – nel caso di specie la delibera a contrarre, ove ritenuta necessaria ai fini della transazione ed ove la sua mancanza sia opponibile al privato – potrebbe essere fatta valere dall’amministrazione, parte del contratto, solamente davanti al giudice avente giurisdizione sull’atto negoziale, attraverso un’azione (a seconda della teoria che si ritiene di accogliere) di nullità oppure di annullamento oppure, ancora, di risoluzione, qualora in tale ultima categoria si voglia far rientrare la "inefficacia del contratto" di cui genericamente parlano ora gli artt. 121 e 122 del c.p.a.

7.4. Del resto, come ricordato di recente autorevolmente anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 4.6.2011, n. 10, "al di fuori dei casi in cui l’ordinamento attribuisce espressamente al giudice amministrativo la giurisdizione sulla "sorte del contratto" che si pone a valle di un procedimento amministrativo viziato (v. art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a., in tema di contratti pubblici relativi a lavori, servizi, e forniture), secondo l’ordinario criterio di riparto di giurisdizione spetta al giudice amministrativo conoscere dei vizi del procedimento amministrativo, e al giudice ordinario dei vizi del contratto, anche quando si tratti di invalidità derivata dal procedimento amministrativo presupposto dal contratto" (v. al punto 24.3).

8. Ciò posto, si può quindi escludere che l’Azienda ospedaliera, odierna appellata, avesse il potere di sciogliersi unilateralmente dal vincolo della transazione stipulata con la G., neppure attraverso l’espediente dell’annullamento in autotutela di una inesistente delibera a contrarre implicita; essendo onerata, piuttosto, ad agire dinanzi al giudice civile per l’accertamento circa la nullità del contratto ovvero per una pronuncia costitutiva che ne disponesse l’annullamento o, comunque, la perdita degli effetti.

9. Sicché il Giudice di primo grado, una volta esclusa correttamente la tesi dell’atto implicito, avrebbe dovuto declinare la propria giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario.

Tale soluzione si impone comunque in questa sede, atteso che il difetto di giurisdizione è stato dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che in modo implicito aveva statuito sulla giurisdizione (art. 9 c.p.a.), e che la giurisprudenza ha già da tempo riconosciuto come il ricorrente che sceglie di adire il giudice amministrativo, ove risulti, nel giudizio di primo grado, soccombente nel merito ma vittorioso (implicitamente o esplicitamente) sulla giurisdizione, sia legittimato e abbia interesse a proporre appello sul capo di sentenza (esplicito o implicito) che afferma la giurisdizione del giudice adito (v. Cons. St., V, 10.9.2009, n. 5454).

10. In conclusione, quindi, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, con conseguente annullamento della sentenza di primo grado, e va affermata la giurisdizione del giudice ordinario. In applicazione dell’art. 11, co. 1, del c.p.a., il giudice ritenuto competente deve essere individuato nel Tribunale civile di Napoli, dinanzi al quale il giudizio dovrà essere riassunto nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, ai sensi e con gli effetti di cui all’art. 11, co. 2, del c.p.a.

11. Le spese di lite possono essere interamente compensate, tenuto conto della peculiarità della vicenda in esame e della natura della decisione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando così provvede:

1) dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per l’effetto annulla la sentenza di primo grado;

2) dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale il giudizio va riproposto con le modalità e termini di cui all’art. 11 del c.p.a.;

3) compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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