Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-11-2011, n. 24520 Costituzione delle servitù

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 23 aprile 2009, la Corte d’appello di Torino – giudicando in sede di rinvio, a seguito della sentenza n. 24784 del 2005 della Corte di cassazione, sulla domanda subordinata diretta alla costituzione di una servitù coattiva sul fondo dei convenuti O.F. ed altri – ha respinto l’appello interposto da Z.G. ed altri avverso la pronuncia del Tribunale di Mondovì;

che in particolare, la Corte territoriale ha escluso il positivo accertamento della situazione di interclusione assoluta del fondo di proprietà degli attori;

che a tal fine la Corte di merito ha rilevato: (a) che gioca a favore delle parti convenute in riassunzione la prova presuntiva rappresentata dalla presenza di una vera e propria strada, per 43 m. asfaltata, che collega il fondo attoreo alla via pubblica sul lato sud, lungo i mappali 214-215 e 236-291, descritta dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata nel giudizio di rinvio; (b) che l’esistenza di una vera e propria strada induce a presumere un diritto di passaggio, la cui inesistenza avrebbe dovuto essere dimostrata dalla parte attrice tenuta a comprovare la sussistenza del presupposto della interclusione, apparentemente esclusa proprio dall’esistenza della stradina, che tra l’altro sembra funzionalmente creata per dar accesso al fondo degli attori; (c) che vi è una serie di elementi indiziari e presuntivi che corrobora la tesi della presunzione di corrispondenza della situazione di fatto a quella di diritto;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello lo Z. e le altre parti indicate in epigrafe hanno proposto ricorso, con atto avviato alla notificazione il 7 giugno 2010 e notificato il 9 giugno 2010, sulla base di due motivi;

che ha resistito con controricorso O.F., mentre le altre intimate – M. e O.C. – non hanno svolto attività difensiva in questa sede;

che in prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente sul rilievo che la notificazione dell’impugnazione sarebbe avvenuta tardivamente, oltre il termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ.;

che infatti, poichè ai fini della tempestività dell’impugnazione vale il principio per cui la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, nella specie il termine lungo di un anno – ratione temporis applicabile -, maggiorato del periodo di sospensione feriale, è stato rispettato, atteso che la sentenza della Corte d’appello è stata depositata in cancelleria il 23 aprile 2009 e la consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto di impugnazione per la notifica è avvenuta, tempestivamente, il 7 giugno 2010;

che passando al merito, con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione delle norme relative all’onere della prova, segnatamente degli artt. 2697 e 1051 cod. civ.;

che il motivo si conclude con il quesito di diritto "se in tema di costituzione di servitù di passaggio coattivo, ove il convenuto fornisca la prova dell’esistenza di una strada alternativa privata, non mappata, nè interpoderale, collegante, tra gli altri, anche il fondo dell’attore con la via pubblica, sia a carico del convenuto l’onere di dimostrare l’esistenza di un diritto di passaggio a favore dell’attore sulla strada predetta, al fine di provare come la dedotta interclusione esista solo in astratto ma non in concreto";

che il motivo è infondato;

che la Corte territoriale non solo ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui è onere del proprietario del fondo che chiede la costituzione della servitù dimostrare il fatto costitutivo della pretesa e cioè l’interclusione del fondo medesimo, onere che non viene meno allorchè sussista di fatto una strada di collegamento tra il fondo dell’attore e la strada pubblica, perchè in tal caso è la parte attrice a dover dimostrare l’impossibilità in concreto di far uso della predetta strada per ragioni di fatto o di diritto; ma in ogni caso ha anche rilevato, con una motivazione ampia e puntuale e all’esito di un accurato esame delle risultanze istruttorie, in applicazione del principio di acquisizione probatoria, che la dedotta interclusione non sussiste, esistendo un corredo indiziario convergente (non ultimo, la dichiarazione della venditrice A. T., nel rogito con cui gli odierni ricorrenti hanno acquistato l’immobile in oggetto, di avere sempre usufruito, sul lato sud, del passaggio lungo la stradina asfaltata di cui si controverte), congruamente apprezzato e valutato dal giudice del merito, circa la corrispondenza della situazione di fatto (presenza di un efficiente collegamento stradale) a quella di diritto;

che con il secondo mezzo denuncia illogicità della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5;

che il motivo è inammissibile, per mancanza del quesito di sintesi;

che questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) – è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria e le ragioni della contraddittorietà della motivazione o per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione;

che ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603);

che non si può dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, Cass., Sez. 3^, 30 dicembre 2009, n. 27680);

che nella specie il motivo di ricorso, formulato ex art. 360 c.p.c., n. 5, è totalmente privo di tale momento di sintesi, iniziale o finale, costituente un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo;

che pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 1.300,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

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