Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-06-2011) 04-07-2011, n. 26122 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con atto personale C.G. ricorre avverso l’ordinanza 22.2-14.3.2011 con la quale il Tribunale per il riesame di Lecce, in accoglimento della richiesta del pubblico ministero e in riforma dell’ordinanza 28.1.2001 del GIP di Brindisi (che, convalidato l’arresto, aveva respinto la richiesta di applicazione della misura custodiale), disponeva la sua custodia cautelare in carcere per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis.

Con unico articolato motivo il ricorrente deduce illogicità della motivazione, per:

aver escluso il solo uso personale della sostanza rinvenuta (un pezzo di hashish di gr.4, un pezzo di cocaina di gr. 7 contenuto in unico involucro, due pezzi di hashish di gr. 2 contenuti in unico contenitore), a fronte del ridotto quantitativo e dell’assenza di prove sulla sua destinazione allo spaccio;

non aver considerato:

che il ricorrente non aveva precedente o pendenza per reati in materia di stupefacenti e che la condanna per il reato ex art. 416 bis c.p. si riferiva a fatti risalenti nel tempo e si era concretizzata in pena modesta sintomatica della modestia dei fatti stessi;

la mancata suddivisione in dosi e il possesso di parte dello stupefacente all’interno della giacca da camera indossata, e la riconducibilità delle tracce di stupefacente sulla lama di un coltello all’uso personale della sera precedente, la bilancia rinvenuta essendo poi inidonea ad uso di precisione;

la capacità patrimoniale, in ragione dell’attività lavorativa e delle condizioni di vita della madre;

aver ritenuto apoditticamente la ritenuta inidoneità della detenzione domiciliare alla salvaguardia delle esigenze cautelari, per la modestia dei quantitativi e l’assenza di indicazioni sul domicilio quale luogo di spaccio.

2. Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.

2.1 Quanto ai gravi indizi di colpevolezza in ordine alla almeno parziale destinazione dello stupefacente sequestrato allo spaccio, il Tribunale ha argomentato la sussistenza dei gravi indizi di destinazione dello stupefacente quantomeno anche allo spaccio, sulla base dei seguenti elementi:

il rinvenimento del materiale indiziante nella camera in uso all’indagato;

l’avere il C. consegnato spontaneamente solo un involucro contenente hashish, tentando di nascondere quello, sì unico, ma contenente otto pezzi di cocaina di varie dimensioni e con caratteristiche tali da farne ritenere allo stato un elevato grado di purezza;

la detenzione contemporanea di più sostanze, e l’hashish in due diverse confezioni, da parte di soggetto non dichiaratosi tossicodipendente ma solo consumatore occasionale, i documenti afferenti il contatto con il Sert essendo remoti;

il possesso di materiale idoneo al confezionamento non solo astrattamente (ritagli di plastica, foglio di cellophane, nastro isolante) ma pure effettivamente utilizzato per tale uso;

la mancanza di prova allo stato di attività lavorativa.

Si tratta di una motivazione in sè immune dai vizi del tutto genericamente dedotti, che costituisce apprezzamento di stretto merito, che può non essere il più convincente, rispetto a quello del GIP, ma che si sottrae alle sole censure ammesse in questa fase di legittimità. 2.2 Quanto invece alle esigenze cautelari, il Riesame ha innanzitutto argomentato la sussistenza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie dalla condotta al momento dell’arresto, dall’assenza di riscontri alla parte delle sue dichiarazioni a lui favorevoli (innanzitutto lo svolgimento di stabile attività lavorativa retribuita), dai precedenti penali, anche per associazione di stampo mafioso, per reati contro il patrimonio, e in materia di prevenzione che – pur non specifici – dovevano considerarsi sintomatici di disponibilità alla reiterazione di condotte della stessa specie di quelle per cui si procede.

Su questo punto, della sussistenza delle esigenze cautelari, il ricorso è fondato.

In definitiva il Riesame ha dato atto dell’assenza di precedenti e pendenze specifiche.

Ma ha ritenuto che il pericolo di reiterazione di delitti proprio in materia di stupefacenti (che tale è il limite del pericolo di reiterazione indicato dall’art. 274 c.p.p., lett. C) e applicato alla fattispecie concreta) in ragione della condotta al momento dell’arresto, dell’assenza – allo stato – di riscontri positivi ad alcune delle sue dichiarazioni (in particolare sul proprio lavoro, risultando accertata la pensione materna e la delega del ricorrente a riscuoterla), dei precedenti in particolare per violazione della misura di prevenzione (di fatto il precedente associativo è nella motivazione quasi accantonato), e dei precedenti contro il patrimonio che, apparentemente, parrebbero ridursi a condotte di emissione di assegni senza provvista e di (un?) "reato" di ricettazione.

Da questi ha argomentato sia "uno stile di vita complessivamente dedito al crimine" che la pertinenza dei delitti contro il patrimonio alla funzionalità al reperimento di sostanze economiche non altrimenti rinvenibili.

Questa motivazione va, allo stato, giudicata in parte apparente ed in parte manifestamente illogica.

Poichè infatti il pericolo di reiterazione di condotte illecite rileva solo in relazione a delitti della stessa indole e lo stesso Tribunale non ha ritenuto che il fatto quale in concreto accertato fosse, per gravità intrinseca o modalità proprie, per sè indice di pericolosità, nel caso concreto la sussistenza dell’esigenza cautelare ex art. 274 c.p.p., lett. C) dovrebbe essere ricavata da elementi, sia logici che fattuali, che tuttavia univocamente siano idonei ad indirizzare non verso una Vita disordinatà, anche caratterizzata dall’occasionale consumazione di reati, bensì proprio e solo verso la consumazione di altri reati in materia di stupefacenti.

Ed è certo ben possibile che tale pericolosità specifica sussista a prescindere dall’assenza di precedenti e pendenze specifiche, ma inevitabilmente in un tale contesto il percorso logico che sostiene la corrispondente conclusione dev’essere particolarmente rigoroso.

Ora, la motivazione impugnata da un lato, appunto, è in realtà generica su natura, numero e collocazione temporale dei precedenti contro il patrimonio, associativo e di violazione delle misure di prevenzione; dall’altro da conto di una situazione (il certo reddito della madre e la gestione diretta da parte del figlio) e di un’argomentazione (i delitti contro il patrimonio come fonte di reddito per il recupero di sostanze stupefacente) che sono dal punto di vista logico, insieme considerate, come ha fatto il Tribunale, contraddittorie con la pericolosità specifica (in particolare, paradossalmente l’argomento dei reati contro il patrimonio come fonte di risorse per il procacciamento dello stupefacente è poco conciliabile con il pericolo – se non con il fatto stesso – dello spaccio ulteriore che, se avviene, per massima di comune esperienza – certamente suscettibile di non applicazione, ma con motivazione rigorosa e specifica – per sè è fonte sufficiente del nuovo approvvigionamento).

Il tutto realizza allora una motivazione apparente, laddove in definitiva l’affermazione di un concreto pericolo di reiterazione di condotte di spaccio si fonda, allo stato, su elementi fattuali richiamati formalmente ma non esaminati nella loro intrinseca essenza, per scioglierne l’altrettanto intrinseca non immediata univocità.

Consegue l’annullamento sul punto, che assorbe allo stato il successivo rilievo afferente la ritenuta inidoneità, nella specie, degli arresti domiciliari, con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame degli elementi fattuali e logici, che tenga conto dei rilievi metodologici e logici sopra svolti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia al Tribunale di Lecce per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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