Cons. Stato Sez. IV, Sent., 07-07-2011, n. 4075 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con il ricorso di primo grado la sig.ra F. S. chiedeva l’annullamento della concessione edilizia n. 66 del 1995 rilasciata dal Comune di Melissano, della delibera consiliare di detto Comune del 26 luglio 1994, delle note n. 1128 del 1994 e del 13 aprile 1995, nonché della delibera di Giunta Regionale Pugliese n. 3279 del 1995. Con motivi aggiunti chiedeva, inoltre, l’annullamento dei provvedimenti del Comune citato di proroga della C.E. n.66 del 1995 e di approvazione del nuovo Centro Ortofrutticolo di Melissano (D.D. n. 2948 del 7 ottobre 1994). Proponeva, infine, domanda di risarcimento danni.

2. – Con sentenza n. 7242 del 14 ottobre 2004 il primo Giudice ha assunto le seguenti decisioni:

– è inammissibile l’impugnativa svolta per l’annullamento di tutti gli atti indicati nel ricorso introduttivo e del provvedimento di approvazione del nuovo Centro Ortofrutticolo di Melissano, investito dall’atto di motivi aggiunti, in quanto "…già al momento della presentazione (ndr: da parte della stessa ricorrente) del ricorso per accertamento tecnico preventivo al Presidente del Tribunale Civile di Lecce (quindi nel dicembre 1998) conosceva nel dettaglio l’opera in corso di realizzazione e la relativa concessione edilizia rilasciata dal Comune di Melissano, quanto meno negli aspetti ritenuti da parte ricorrente lesivi della propria sfera giuridica…"; peraltro, la tardività di dette impugnative risulta confermata anche da altri fatti ed atti del giugno, del luglio e del settembre 1997 tutti evincibili dalla documentazione di causa;

– l’inammissibilità anzidetta si estende anche a tutti i provvedimenti di proroga della originaria concessione edilizia, impugnati con i motivi aggiunti, in quanto detti provvedimenti "…si pongono come atti meramente confermativi, salvo che per la durata temporale (e quindi implicano una nuova valutazione solo su aspetti che esulano da quelli oggetto delle censure della ricorrente)…" ed in ogni caso "…non possono essere impugnati per vizi riguardanti aspetti già definitivamente valutati nel provvedimento originario…" in caso di inoppugnabilità di quest’ultimo per decadenza;

– è, ancora, inammissibile il secondo motivo del ricorso introduttivo, perché coperto dal giudicato formatosi a seguita della sentenza del Consiglio di Stato n. 7262 del 2003 di annullamento soltanto in parte della sentenza del TAR Puglia n. 3154 del 2002;

– è infondata la domanda formulata con riferimento "…al danno conseguente alla condotta in violazione della prescrizione contenuta nella concessione edilizia, relativa all’obbligo di adottare tutte le misure per evitare il peggioramento del deflusso delle acque, nonché a quello derivante dalla violazione del progetto originario…" perché la relazione redatta dal C.T.U. nominato dal TAR, esente dai vizi formali pure denunziati dalla ricorrente, "…ha dimostrato che non sussiste alcuno dei danni lamentati dalla ricorrente, difettando quindi un elemento fondamentale della fattispecie di cui all’art. 2043 codice civile, cioè il danno stesso…";

– sono infondati, infine, anche i due motivi di impugnazione concernenti "…l’assenso alla variante all’originaria concessione edilizia rilasciato dal Comune di Melissano con provvedimento del 31 gennaio 2000…" tenuto conto, quanto al secondo, dell’esito della CTU disposta dal Tribunale e, quanto al primo, del fatto che, in conseguenza di detta decisione di merito, "…l’eventuale contributo istruttorio dell’interessata sarebbe stato del tutto inutile e fuorviante…".

3. – Con l’appello in epigrafe la sig.ra S. ha chiesto la riforma di detta sentenza per i motivi di seguito indicati.

A) – In ordine alla tempestività del ricorso di primo grado:

– nullità dei provvedimenti impugnati e soprattutto della concessione edilizia, "…una volta che si è realizzata la condizione risolutiva espressamente indicata nella concessione medesima…";

– in subordine, erroneità della decisione di tardività dell’impugnazione proposta con il ricorso introduttivo del giudizio ed in parte con i motivi aggiunti, in carenza di ogni "… prova rigorosa ed univoca in ordine ad una piena ed effettiva conoscenza da parte della sig.ra S. dei provvedimenti impugnati al fine di sostenerne la tardività…" che, peraltro, alla stregua della giurisprudenza in materia, potrebbe ritenersi intervenuta soltanto quando alla "…conoscenza meramente formale e documentale dei provvedimenti impugnati…" si aggiunga la conoscenza, oltre che del titolo, anche della "…documentazione ed i progetti alla stesso allegati…", cosa che, nella specie, sarebbe intervenuta soltanto "…a seguito della proposizione del ricorso originario e della successiva costituzione in giudizio delle parti resistenti e contro interessate…".

B)- In ordine ai successivi capi della sentenza appellata, erroneità delle decisioni in essi adottate dal primo Giudice perché:

i) – con riferimento alla censura di omesso avviso di avvio del procedimento, la giurisprudenza richiederebbe la persistenza dell’obbligo di avviso anche nel caso che vi sia prova di una conoscenza indiretta e generica della volontà dell’ente pubblico di procedere alla realizzazione dell’opera pubblica;

ii)- con riferimento alla declaratoria di inammissibilità anche dell’impugnativa degli atti di proroga della C.E. n. 66 del 1995, non risponderebbe al vero che essi siano atti meramente confermativi in quanto avrebbero, invece, valenza rinnovatoria della iniziale concessione edilizia;

iii)- con riferimento "..al presunto passaggio in giudicato di quanto censurato con il secondo motivo del ricorso di primo grado…", sarebbe "…irrilevante quanto affermato dal TAR…", una volta che con la sentenza n. 7263 del 2003 del Consiglio di Stato ha mantenuta ferma la giurisdizione del Giudice Amministrativo proprio "…in ordine a quanto esposto…" in detto secondo motivo;

iv)- con riferimento alla realizzazione dei lavori la relativa attività sarebbe stata posta in essere in maniera errata "…alla stregua delle risultanze emerse in sede di accertamento tecnico preventivo…";

v)- con riferimento alla relazione peritale redatta dal CTU nominato dal TAR, essa sarebbe, innanzitutto, affetta da nullità, per non avere consentito il consulente di ufficio la partecipazione della sig.ra S. alle operazioni, con l’assistenza dal proprio tecnico di fiducia, e perché, comunque, le conclusioni rassegnate si baserebbero "…su presupposti del tutto errati e contraddittori…", come sarebbe confermato anche dalla diverse conclusioni raggiunte dai tecnici di parte le cui relazioni peritali sarebbero state del tutto disattese dal primo Giudice;

vi)- con riferimento ai motivi aggiunti, altrettanto errata sarebbe anche l’affermazione che "…la ricorrente pone solo due censure…" di mancato avviso dell’avvio del procedimento e di illegittimità di una concessione in variante che peggiora anziché migliorare il deflusso delle acque piovane nelle campagne circostanti, in quanto sarebbero state proposte anche altre pregnanti censure quali quelle di "..illegittimità derivata, eccesso di potere, violazione del d.lgs. n. 152 del 1999, violazione del d.p.r. n. 554 del 1999, violazione della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per carenza dei presupposti e difetto di istruttoria…", che vieterebbero ogni immissione sul suolo, in assenza delle opere individuate dalla Regione Puglia a garanzia e tutela della proprietà e delle acque dall’inquinamento;

vii)- con riferimento al termine per impugnare la delibera di approvazione di un progetto ex lege n. 1 del 1978 la giurisprudenza farebbe decorrere tale termine dalla conoscenza individuale dell’atto e non dalla pubblicazione e che riconosce il diritto al risarcimento del danno anche attraverso la reintegrazione in forma specifica;

viii)- con riferimento alla C.E. sarebbe dimostrato che essa "…non poteva esprimere efficacia in assenza del nulla osta della Provincia di Lecce…", come risulterebbe da nota del 14 aprile 200 della stessa Amministrazione;

ix)- con riferimento alla variante proposta dalla V. (approvata con provvedimento sindacale del 31 gennaio 2000) illegittimità di essa perché "…si fonda su presupposti del tutto errati…" in quanto "..il tombino (rectius sottopasso) di cui si parla nel provvedimento sindacale è stato profondamente mutato rispetto alla funzione che svolgeva nel passato…";

x)- in relazione alla domanda risarcitoria pure formulata sussisterebbero, poi, tutti i requisiti e le condizioni legittimanti la stessa.

C) – Ha riproposto, infine, l’appellante i motivi di ricorso ed i motivi aggiunti non valutati dal Giudice territoriale, nonché le ulteriori deduzioni svolte nelle memorie presentate che andrebbero tutti accolti.

4. – Si sono costituti in giudizio il Comune di Melissano, la V. L. s.p.a, in proprio e nella qualità di mandataria dell’A.T.I. con Società I. P. C. D. e con Impresa Costruzioni Lavori Appalti (I.C.L.A.) s.p.a e le F. D. S. E. E. S. A. s.r.l.

5. – Con ordinanza n. 867, deliberata nella Camera di Consiglio del 22 febbraio 2005, è stata respinta l’istanza cautelare.

6. – Con più memorie prodotte in previsione della discussione dell’appello in pubblica udienza l’appellante e le parti resistenti hanno ulteriormente illustrato le rispettive ragioni.

7. – All’udienza del 10 giugno 2011 l’appello è stato rimesso in decisione.

8. – Prima di procedere all’esame dei motivi di appello, reputa utile il Collegio premettere alcune notazioni, in punto di fatto, concernenti, sia la vicenda in generale che qui occupa, sia il procedimento giurisdizionale svoltosi sino all’emanazione della contestata sentenza di primo grado, potendo essi essere determinanti nell’economia del presente giudizio di appello.

La sig.ra S., proprietaria di un fondo coltivato intensivamente e confinante con la tratta ferroviaria delle F. Sud Est, con la strada comunale di circonvallazione e con la statale GallipoliUgento, nonché a valle con altro fondo agricolo di diversa proprietà, lamentava sin dal 1993, con atti indirizzati ad autorità pubbliche ed a soggetti privati, che sul proprio fondo, a seguito di vari lavori effettuati dal Comune di Melissano, dall’Anas e dalle F. Sud Est, si riversassero acque meteoriche sempre più abbondanti che non venivano più assorbite dalla voragine naturale sita nella citata vicina proprietà privata confinante.

Nel 1998, a seguito dei lavori di realizzazione di uno scalo merci nel Comune di Melissano, effettuati dalle citate F., a mezzo della concessionaria ATI V., la sig.ra S. chiedeva al Tribunale Civile di Lecce un accertamento tecnico preventivo, sull’assunto che tali opere avrebbero aggravato la situazione del proprio fondo relativamente al deflusso delle acque.

Successivamente la stessa sig.ra S. proponeva ricorso al Tar Puglia impugnando i provvedimenti relativi ai lavori di costruzione di detto nuovo centro ortofrutticolo.

In particolare, chiedeva l’annullamento, o la declaratoria di nullità, della concessione edilizia n. 66 del 1995 rilasciata dal Comune di Melissano, nonché l’annullamento della delibera consiliare comunale n. 79 del 26 luglio1994, della nota del Ministero dei Lavori Pubblici n. 1128 del 1994, della delibera della Giunta Regionale Pugliese n. 3279 del 1995, nonché il risarcimento dei danni patiti ad opera del Comune di Melissano, delle F. Sud Est e della V..

Con tale impugnativa la sig.ra S. si doleva che l’opera anzidetta fosse in contrasto con la condizione apposta alla C.E. n. 66 del 1995 dal Comune di Melissano di adottare "..tutte quelle misure atte a consentire il deflusso delle acque piovane delle campagna circostanti, di concerto con l’Ufficio Tecnico Comunale, senza peggioramento alcuno…", nonché fosse stata realizzata, quanto allo scalo merci ed al piazzale, in difformità del progetto iniziale, così come rilevato dal CTU del Tribunale Civile di Lecce ed, in generale, in violazione dei criteri ordinari di perizia e diligenza e non fosse mantenuta secondo le regole previste in via ordinaria e straordinaria per le strade.

A seguito del deposito in corso di giudizio di nuova documentazione e nuovi atti relativi ad una variante alla concessione edilizia n. 66 del 1995 ed alla diffida della Provincia di Lecce di eseguire qualsiasi opera di convogliamento delle acque verso l’inghiottitoio esistente in loco, la sig.ra S. proponeva ulteriori censure per l’annullamento di tali atti.

In particolare, sosteneva che l’illegittimità originaria della concessione edilizia n. 66/1995 si riverberava in via derivata sui successivi provvedimenti di rinnovo e che i provvedimenti di rinnovo, oltre i vizi propri di detti rinnovi per contrarietà degli stessi con il nuovo piano adottato e con la natura idrogeologica delle aree medesime, nonché con la normativa in materia di lavori pubblici e con la normativa di tutela delle acque.

Il Tar con (una prima) sentenza n. 3154 del 5 luglio 2002 dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, ritenendo la controversia sostanzialmente una lite risarcitoria, legata all’esecuzione dei lavori di costruzione del Nuovo Centro Ortofrutticolo del Comune di Melissano, nell’ambito degli interventi per l’ammodernamento ed il potenziamento delle F. Sud Est ex art. 2 della legge 910/1986.

Detta decisione di primo grado veniva impugnata dalla sig.ra S. e la sesta sezione di questo Consiglio di Stato con sentenza n. 7262 del 12 novembre 2003 accoglieva l’appello affermando, "…con riguardo al caso di specie ed al secondo motivo del ricorso originario, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo limitatamente a quella censura con la quale si pone in rilievo l’immediata violazione di obblighi derivanti dall’ordinamento giuridico generale (obblighi di diligenza, di perizia, di manutenzione, etc…), mentre sussiste la giurisdizione nella parte in cui il motivo lamenta la esecuzione dei lavori in modo non conforme alla concessione rilasciata (di cui al primo motivo si è chiesto l’annullamento, ponendosi quindi un problema di alternatività logica fra i due mezzi)…"; precisando, inoltre, che"…la giurisdizione del giudice amministrativo sussiste poi certamente, quale giurisdizione generale di legittimità, sul primo motivo di ricorso e sui motivi aggiunti, recanti ordinarie impugnative di atti amministrativi (da valutarsi, dal giudice del rinvio, secondo i consueti canoni sotto i diversi profili rilevanti, ricevibilità, interesse a ricorrere, fino alla fondatezza o infondatezza nel merito)…".

Riassunta la causa innanzi al TAR Puglia, quest’ultimo ha emanato la sentenza qui impugnata.

9. – L’appello è infondato.

9.1 – Preliminarmente, deve dare atto il Collegio, alla stregua della sentenza della Sezione Sesta di questo Consiglio n. 7262 del 12 novembre 2003, del giudicato formatosi sulla declaratoria di difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo "…limitatamente a quella censura con la quale si pone in rilievo l’immediata violazione di obblighi derivanti dall’ordinamento giuridico generale (obblighi di diligenza, perizia, manutenzione)…" e, quindi, dell’esclusione di ogni sua competenza sulla relativa domanda di risarcimento proposta dalla sig.ra S..

9.2 – Ciò chiarito, in via pregiudiziale, osserva il Collegio che tutte le critiche mosse alla sentenza impugnata sono infondate per le seguenti considerazioni.

9.2.1 – Parte appellante rinnova, preliminarmente, l’eccezione di nullità dei provvedimenti impugnati e soprattutto della concessione edilizia n. 66 del 1995, ritenendo che si sia realizzata la condizione risolutiva espressamente indicata nella concessione medesima.

Quest’ultima disponeva che essa veniva rilasciata a condizione che, in sede di formazione del rilevato relativo al centro ortofrutticolo, data la naturale situazione dei luoghi, siano adottate tutte quelle misure atte a consentire il deflusso delle acque piovane delle campagne circostanti "…senza peggioramento alcuno…".

Orbene, osserva il Collegio che -in disparte ogni valutazione sulla natura di vera e propria condizione (o meno) di tale clausola e sulla sua apponibilità ad una concessione edilizia che è provvedimento necessariamente fondato su atti progettuali che, nella specie, l’Amministrazione ha evidentemente esaminato e condiviso, prima di rilasciare la concessione stessa- la tesi è, comunque, priva di pregio poiché la CTU eseguita su ordine del Giudice di primo grado esclude, sostanzialmente, ogni violazione di detta clausola ed ha concluso che l’allagamento del terreno dell’appellante è dovuto, non alla costruzione del centro ortofrutticolo, bensì a cause estranee alla realizzazione della predetta opera pubblica, quali le caratteristiche idrogeologiche del terreno stesso e dalla chiusura di un "inghiottitoio" sito nella proprietà dell’appellante e provocato dall’alluvione del 1993.

9.2.2 – La pronunzia di tardività emessa dal primo Giudice è corretta in quanto è del tutto evidente che già al momento della presentazione da parte della sig.ra S. del ricorso per accertamento tecnico preventivo al Presidente del Tribunale Civile di Lecce, e cioè nel dicembre 1998, la stessa fosse pienamente avvertita, non solo dell’esistenza degli atti impugnati relativi alla realizzazione del Centro Ortofrutticolo di Melissano, ma anche del contenuto prescrittivo di detti atti e degli effetti degli stessi, quanto meno per gli aspetti relativi alla concreta tutela della propria posizione giuridica.

Infatti, una lettura attenta dei documenti versati in atti di causa conferma come l’attuale appellante conoscesse anche nei dettagli l’opera pubblica in corso di realizzazione avendo richiesto, evidentemente sulla base della piena conoscenza quanto meno dei contenuti concreti degli atti progettuali, che un tecnico nominato dal Tribunale accertasse se ci fossero i pericoli da essa paventati per la propria proprietà.

Inoltre, come bene ha precisato il TAR, una conferma della fondatezza di tale pregiudiziale rilievo proviene anche da ulteriori elementi quali:

– il fatto che la sig.ra S. già nel giugno 2007 rendeva noto al Comune di Melissano ed alla Gestione Commissariale delle F. SudEst di aver appreso del progetto di realizzare uno scalo merci sul fondo posto alla di là della tratta ferroviaria che separa detto fondo da quello proprio e manifestava sempre da tale data le proprie preoccupazioni che, essendo collegate a particolari anche costruttivi dell’opera pubblica in questione, quali sopraelevazioni e strutture di cemento, tant’é che chiedeva garanzie proprio sul deflusso delle acque, mostrano ulteriormente come già avesse percepito quale fosse l’impatto sui propri interessi protetti che gli atti comunali potevano esplicare;

– il fatto che nello stesso giugno 1997 l’attuale appellante richiedeva anche alla F. SudEst, ai sensi della legge n. 241 del 1990, di essere messa al corrente degli accorgimenti tecnici adottati in vista della realizzazione dell’opera pubblica sempre al fine di evitare possibili allagamenti del proprio fondo e di avere copia degli studi effettuati in proposito;

– la nota n. 5560 del 1° luglio 1997 con la quale il Comune di Melissano comunicava alla sig.ra S. che nella realizzazione dello scalo merci erano state rispettate tutte le procedure di legge e, fondamentalmente, l’invitava a visionare tutti gli atti;

– la diffida presentata dalla sig.ra S. al Comune nel settembre 1997 con la quale, non solo mostra, ancora una volta, di ben conoscere nei particolari anche i contenuti dell’opera (piazzale sopraelevato di circa due metri per una superficie di 23.000 mq.), ma anche fornisce elementi concreti per ritenere che fosse pienamente avvertita di tutte le possibili conseguenze discendenti dalla realizzazione dell’opera laddove intima alla gestione commissariale delle F. di attenersi scrupolosamente alla concessione rilasciata dal Comune e, quindi, di prestare ossequio alla condizione apposta dall’ente;

– la nota del luglio 1997 della gestione commissariale anzidetta alla concessionaria V., diretta per conoscenza all’attuale appellante, con la quale il concedente chiedeva rassicurazioni proprio per l’esatto adempimento della condizione di cui alla concessione edilizia, nonché la nota del 26 settembre 1997 della direzioni lavori in argomento;

– la nota comunale del 9 ottobre 1997 e la lettera del 7 ottobre 1997 con cui la sig.ra S. invitava nuovamente la gestione delle F. ed il Comune ad adottare tutti i provvedimenti più opportuni, lamentando l’avvenuto spianamento e la sopraelevazione di una vasta area di terreno, nonché la creazione di un canale con direzione verso il sottopasso ferroviario e, quindi, verso il proprio fondo agricolo.

Consegue che, essendo intervenuta la notifica del ricorso soltanto il 31 ottobre 2010, deve essere confermata la decisione del TAR di tardività, non solo quanto all’impugnazione della concessione edilizia originaria e di tutti gli altri atti citati più innanzi, ma anche in relazione ai provvedimenti di proroga della concessione stessa, essendo questi ultimi atti a valenza meramente confermativa, e non anche rinnovatoria, come sostenuto da parte appellante, salvo che per il profilo della durata che, però, come ha ben osservato il primo Giudice, implica aspetti che esulano da quelli oggetto delle censure della ricorrente e che, comunque, non sono stati evidenziati.

Pertanto tutte le deduzioni svolte con l’esaminato primo motivo di appello sono infondate.

9.2.3 – In relazione, poi, al motivo di appello rubricato "…II. In ordine ai successivi capi della sentenza…", ritiene il Collegio che sorte negativa debba essere, innanzi tutto, riservata alla doglianza di omesso avviso di avvio del procedimento che l’appellante ha riformulato sia con riguardo alla variante al PdF, disposta in conseguenza dell’approvazione del progetto del Centro Ortofrutticolo in questione, sia con riferimento all’atto concessorio originario (n. 65 del 1995) sul presupposto che sarebbe errata la decisione assunta sul punto dal primo Giudice.

Al riguardo, possono condividersi le controdeduzioni effettuate dalle parti appellate ed, in particolare:

– per un verso, la considerazione che, in presenza della già citata CTU, alcun contributo utile poteva apportare la sig.ra S. al procedimento di approvazione del progetto, essendo smentite le sue affermazioni dal contenuto della relazione peritale ed in disparte l’annotazione che la corrispondenza intercorsa tra la stessa ed i soggetti pubblici coinvolti nell’opera, oltre che con l’impresa esecutrice, mostra come, sostanzialmente, abbia partecipato al procedimento;

– per altro verso, il rilievo che, in sede di rilascio di concessione edilizia, il Comune non è tenuto ad inviare l’avviso di avvio del relativo procedimento ai proprietari frontisti, atteso che gli interessi coinvolti sono di tale ampiezza e diversità da rendere difficilmente individuabili tutti i soggetti che abbiano un effettivo interesse contrario all’emanazione dell’atto; diversamente opinando si finirebbe soltanto per aggravare inutilmente il procedimento stesso.

Quanto, invece, all’asserita erroneità della sentenza impugnata laddove estende la declaratoria di tardività anche agli atti di proroga della iniziale concessione edilizia è sufficiente rinviare alle considerazioni già espresse sul punto nel capo di motivazione che precede.

Incomprensibile e, quindi, inammissibile è, poi, la deduzione di cui al punto 3.0 del motivo in esame ("…è irrilevante quanto affermato dal TAR in ordine ad un presunto passaggio in giudicato di quanto censurato con il secondo motivo proposto con il ricorso originario…"), sia per la sua inadeguatezza espositiva, sia perché non è precisato a quali fini sarebbe "irrilevante" l’affermazione del TAR.

In ogni caso, è stato già più innanzi chiarito come la concessione edilizia n. 66 del 1995 non solo non è nulla, ma non è neppure illegittima, essendo stata essa correttamente rilasciata e conseguentemente realizzata l’opera pubblica in questione, sulla base del progetto presentato ed approvato, come consente di affermare anche sul piano tecnico la relazione del CTU nominato dal TAR.

Né miglior sorte può avere la critica rivolta alla localizzazione dell’opera in quanto, in disparte l’ammissibilità di censure che sostanzialmente impingono nel merito di scelte (quale quella in esame) che rientrano nell’ ambito valutativo proprio dell’Amministrazione, essa, comunque, non è determinante, ai fini che qui rilevano, essendo chiaramente emerso in sede di perizia che è soltanto alle naturali condizioni idrogeologiche del terreno dell’appellante che sono dovute le conseguenze lamentate da quest’ultima. Infatti, è stato chiarito dal CTU che gli allagamenti del 1993 avevano provocato una voragine naturale che raccoglieva le acque meteoriche e di deflusso (c.d. inghiottitoio), così impedendo la stagnazione, che è stata ostruita dai proprietari del terreno, con riproduzione delle condizioni antecedenti; che il predetto deflusso delle acque non risulta alterato dalla costruzione del Centro Ortofrutticolo; che la depressione geologica dell’area, che rende la stessa un bacino naturale di raccolta acque, è stata alterata per effetto delle opere poste in essere dall’appellante di innalzamento del livello altimetrico del proprio terreno che hanno ostruito l’originario deflusso delle acque verso il c.d. "inghiottitoio" naturale creatosi nel 1993; che il tombino idraulico, collocato al posto di quello esistente, non altera il deflusso delle acque sul terreno della sig.ra S., tenuto conto che esso già in passato era oggetto di allagamento.

Prive di pregio sono poi le doglianze a valenza procedimentale sollevate con riguardo alla CTU ed alla relazione depositata dal perito in quanto dagli atti di causa è deducibile che l’incaricato ha dato avviso alle parti dell’inizio delle operazioni peritali in data 8 gennaio 2001 e che a dette operazioni hanno partecipato il difensore ed il perito di parte della sig.ra S.; che il CTU ha redatto la perizia sulla base delle stesse operazioni per le quali era stato dato avviso all’appellante ed ha depositato la relativa relazione nel 2004 senza aver effettuato altri sopralluoghi oltre quello cui hanno partecipato detto difensore e detto perito di parte. Né è condivisibile il rilievo che la relazione sarebbe stata illegittimamente depositata soltanto dopo la prima sentenza del TAR, atteso che, avendo il Giudicante emesso la prima volta una pronunzia limitata alla declaratoria del proprio difetto di giurisdizione, è evidente che detta relazione al tempo non avesse alcuna rilevanza, mentre l’ha acquisita dopo la remissione degli atti nuovamente al TAR, per effetto della sentenza di questo Consiglio n. 7623 del 2003.

Quanto al merito, poi, la perizia del CTU è pienamente condivisibile e, quindi, è corretto che il TAR si sia ad essa attenuto nel decidere la controversia, non emergendo, in sintesi, alcun errore, né contraddittorietà, come pure denunziato dall’appellante, pur in presenza di contrarie conclusioni raggiunte dai periti di parte che sono state ragionevolmente ritenute non inficianti le conclusioni rassegnate con detta perizia di ufficio.

Quanto al profilo di contestazione dell’impugnata sentenza, rubricato sub vi), nel capo 3 che precede, e concernente l’asserita omissione di pronunzia in cui sarebbe incorso il TAR su alcuni profili di censura concernenti il divieto di ogni immissione nel suolo in assenza delle opere individuate dalla Regione a tutela dall’inquinamento, in disparte il rilievo della pertinenza di dette censure al presente ambito di valutazione, è sufficiente osservare come una corretta risposta a dette critiche è stata sostanzialmente data dal primo Giudice proprio attraverso la condivisione delle risultanze della CTU e, quindi, dell’accertamento escludente responsabilità collegabili, per quel che qui interessa, alla realizzazione del Centro Ortofrutticolo, derivando ogni problema o danno della sig.ra S. soltanto dalla conformazione idrogeologica del proprio terreno e dalla chiusura dell’inghiottitoio apertosi naturalmente nello stesso terreno in conseguenza dell’alluvione del 1993.

Inoltre, osserva il Collegio che è assorbita dalla declaratoria di tardività già resa il profilo di contestazione attinente alla decorrenza del termine per l’impugnazione del progetto in questione, siccome approvato ex lege n. 1 del 1978, così come la doglianza che la concessione edilizia rilasciata sarebbe inefficace in assenza del nulla osta dell’Amministrazione provinciale, mentre ogni deduzione formulata con riferimento alla proposta della V., approvata con provvedimento sindacale del 31 gennaio 2000, è comunque infondata alla stregua delle più volte citate risultanze della CTU disposta ed acquisita dal primo Giudice, oltre che dai rilievi già effettuai più innanzi proprio in relazione alla realizzazione di apposito tombino per il deflusso delle acque meteoriche provenienti dall’opera pubblica in questione.

9.2.4 – Infine, ritiene il Collegio che sia immune da ogni critica la decisione del TAR di respingere la richiesta di risarcimento dei danni causati per asserita violazione della condizione apposta alla concessione edilizia e del progetto originariamente approvato, in quanto correttamente ha rilevato detto primo Giudice che è carente il danno stesso, alla stregua delle condivise risultanze peritali acquisite di ufficio in corso di causa, oltre che ogni responsabilità dell’Amministrazione comunale, come della società committente e della società esecutrice dell’opera.

10. – In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte nei capi di motivazione che precedono devono ritenersi infondati tutti i motivi di impugnazione proposti dall’appellante sig.ra S., con conseguente piena conferma della sentenza impugnata ed improcedibilità delle censure di primo grado riproposte in questa sede perché non esaminate dal TAR a seguito dell’accertata tardività dei mezzi processuali sperimentati da detta appellante.

11. – Quanto alle spese del presente grado di giudizio, ritiene il Collegio che la complessità delle questioni processuali e di merito trattate, consentono di compensare integralmente tra le parti le spese stesse.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 10896 del 2004, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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