Cons. Stato Sez. IV, Sent., 07-07-2011, n. 4070 Commissario straordinario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Roma Capitale (già Comune di Roma) ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, accogliendo il ricorso proposto dal Fallimento del Consorzio tra le Cooperative Edilizie Anagnina "73, ha condannato lo stesso Comune al pagamento della somma complessiva di Euro 3.799.940,46 a titolo di ottemperanza di sentenze della Corte d’Appello di Roma.

A sostegno dell’appello, l’Amministrazione istante ha dedotto:

1) violazione dell’art. 78 del decreto legge 25 giugno 2008, nr. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, nr. 133, nonché dei d.P.C.M. del 4 luglio 2008 e del 5 dicembre 2008 (i quali avrebbero comportato l’inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di legittimazione passiva del Comune di Roma, trattandosi di obbligazioni sorte in relazione a fatti anteriori alla data del 28 aprile 2008, e per le quali era necessario investire la Gestione Commissariale istituita in base alle norme testé richiamate);

2) manifesta illogicità e contraddittorietà, nonché incompletezza della motivazione (in relazione al richiamo di precedenti conformi del medesimo T.A.R. capitolino).

Si è costituito l’appellato Fallimento, opponendosi all’accoglimento dell’appello e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.

Alla camera di consiglio del 21 maggio 2011, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, alla parte resistente presente è stato dato rituale avviso della possibilità di immediata definizione del giudizio nel merito.

Infatti, l’appello è manifestamente fondato, dovendo trovare accoglimento l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.

Ed invero, la questione dei limiti della legittimazione passiva del Comune di Roma rispetto a obbligazioni sorte anteriormente alla dichiarazione di dissesto contenuta nel citato d.l. nr. 112 del 2008 è stata già affrontata da questa Sezione con la sentenza nr. 8363 del 30 novembre 2011, che il primo giudice nella specie – pur richiamandola – ha mostrato di non comprendere nei suoi contenuti essenziali.

In tale sede, si è rilevato che a mente della normativa testé richiamata:

– al fine di conseguire gli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, il Sindaco di Roma è stato nominato Commissario straordinario del Governo per la ricognizione della situazione finanziaria del comune e la predisposizione di un piano di rientro dall’indebitamento pregresso;

– ad uno speciale d.P.C.M. è stato affidato il compito di individuare gli istituti e gli strumenti disciplinati dal Titolo VIII del T.U.E.L. di cui può avvalersi il Commissario straordinario parificato, sotto questo profilo, all’organo straordinario di liquidazione;

– è stato previsto, in ogni caso, che tutte le obbligazioni contratte anteriormente al d.P.C.M. in questione, siano espressamente assoggettate da quest’ultimo al regime giuridico della dichiarazione di dissesto sancito dagli artt. 248, commi 2, 3, e 4, e 255 del menzionato T.U.E.L.;

– infine, tutte le obbligazioni riferibili al Comune di Roma, alla data del 28 aprile 2008, sono state assunte, con bilancio separato, dalla Gestione Commissariale.

Si è rilevato, poi:

– che il comma 3, dell’art. 78 del citato d.l. nr. 112 del 2008 sia stato autenticamente interpretato dall’art. 4, comma 8 bis, del decreto legge 25 gennaio 2010, nr. 2, convertito con modificazioni dalla legge 26 marzo 2010, nr. 42, nel senso che "la gestione commissariale del comune assume, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti posti in essere fino alla data del 28 aprile 2008, anche qualora le stesse siano accertate e i relativi crediti siano liquidati con sentenze pubblicate successivamente alla medesima data";

– che, secondo quanto disposto dall’art. 248, commi 2 e 4, T.U.E.L.: "…Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto (…)sono dichiarate estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese (…)Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa e già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità";

– che tale ultima disposizione, in parte qua sostanzialmente riproduttiva della norma sancita dall’art. 81, d.lgs. n. 77 del 1995 (a sua volta mutuata dall’art. 21, d.l. n. 8 del 1993), impedisce, dalla data della dichiarazione di dissesto (nel caso di specie dalla data di emanazione del d.P.C.M. divisato dall’art. 78, comma 2, cit., ovvero dal 4 luglio 2008), ai singoli creditori, di intraprendere o proseguire azioni esecutive per i debiti rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione (nel caso di specie del Commissario), assunti antecedentemente al 28 aprile 2008, e ai debiti insoluti di produrre rivalutazione monetaria ed interessi di qualsivoglia natura;

– che, in definitiva, tale procedura di liquidazione dei debiti è essenzialmente dominata dal principio della par condicio dei creditori, sicché la tutela della concorsualità comporta, in linea generale, l’inibitoria anche del ricorso di ottemperanza in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore, con la sola parziale deroga per le sole azioni aventi un sostanziale contenuto di cognizione (perché rivolte, ad esempio, a quantificare le somme effettivamente dovute in base ad un giudicato che si sia limitato a fissare criteri generali).

Sulla base dei principi appena richiamati – dai quali il Collegio non ravvisa motivo per discostarsi – risulta evidente come nella fattispecie difettasse la legittimazione passiva del Comune di Roma, dal momento che, pur essendo le ottemperande sentenze della Corte d’Appello posteriori alla data indicata quale discrimen per la legittimazione della Gestione Commissariali, esse tuttavia sono relative a obbligazioni scaturite da fatti (segnatamente da atti di una procedura ablatoria) anteriori a detta data.

Ne discende che, in accoglimento dell’appello dell’Amministrazione e con assorbimento di ogni altra questione, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

Tuttavia, la relativa novità della questione affrontata giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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