Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-11-2011, n. 24506 Notificazione del gravame

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto del 1994, M.G., titolare della ditta individuale "il mobile" proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso dal Presidente del tribunale di Macerata, chiesto ed ottenuto da Mobilclass spa, per L. 213.854.357, nei suoi confronti in base a una fattura relativa ad una fornitura di mobili, asserendo che la stessa era stata prontamente contestata.

Si costituiva la convenuta contestando la tesi attorea; in esito alla compiuta istruzione, dopo che si era costituita in giudizio la Giessegi Industria Mobili spa, incorporante della Mobilclass,con sentenza del 2003, il tribunale di Macerata respingeva l’opposizione e regolava le spese.

Proponeva appello il M., cui resisteva la controparte, deducendo, in rito, l’inammissibilità dell’impugnazione per inesistenza della notifica al procuratore costituito.

Con sentenza in data 22.6/17.9.2005, la Corte di appello di Ancona, rilevato che l’appellata era rappresentata dall’avv. D.S. E. e che la notifica dell’appello era stata effettuata a mani dell’avv. D.S.M., e che tra i due professionisti non sussisteva alcun collegamento, dichiarava inammissibile l’impugnazione per inesistenza della notifica.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di un solo motivo, il M.; resiste con controricorso la Società.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo in cui il presente ricorso si articola, si lamenta violazione dell’art. 330 oltre che degli artt. 156 e 160 c.p.c., assumendosi che E. e D.S.M., entrambi avvocati, sono padre e figlio ed hanno lo studio in comune presso il domicilio eletto dalla cliente del primo; essendo stato l’atto di appello notificato a tale domicilio, ed essendosi costituita la parte, l’atto aveva raggiunto il suo scopo e pertanto la declaratoria di inammissibilità dell’appello non aveva ragion d’essere.

La tesi del ricorrente si basa su di una giurisprudenza formatasi in relazione all’ipotesi di atto indirizzato al procuratore della controparte e notificato a soggetto diverso, che sia in rapporto di colleganza o di altro genere con quello, sì da lasciar presumere l’esistenza di un collegamento tra i soggetti e quindi la sussistenza di un vizio di nullità, sanabile in caso di avvenuta costituzione.

Questa Corte è perfettamente al corrente di tale condiviso indirizzo giurisprudenziale, ma deve rilevare che lo stesso non si applica al caso di specie, in cui l’atto di appello è stato indirizzato ad un legale diverso dal procuratore costituito della Società.

Ora, il vizio che affligge l’atto non risiede nella notifica effettuata a mani di soggetto rinvenuto presso lo studio ove era stato eletto domicilio, sia esso il padre o comunque una persona di famiglia del legale, ma invece nella identificazione del destinatario;

il procuratore della società era l’avv. D.S.E., mentre l’atto era stato intestato, quale destinatario, all’avvocato D. S.M., persona diversa dal legale che era il procuratore della Società.

In questa erronea identificazione del soggetto cui l’atto era indirizzato consiste il vizio verificatosi nella specie, vizio che comporta l’inesistenza dell’atto, come tale non sanabile, atteso che la erronea identificazione del soggetto cui l’atto era rivolto non può trovare sanatoria ed è quindi ininfluente il riferimento alla identità del domicilio, al rapporto di parentela o alla prospettata comunanza dello studio legale, sede del domicilio eletto.

La errata identificazione del soggetto cui, per legge, l’atto doveva essere diretto, è vizio insanabile in quanto comporta l’inesistenza dell’atto stesso per la indicazione in esso, quale destinatario, di persona diversa dal procuratore costituito della parte appellata.

La successiva fase di notifica è pertanto assolutamente ininfluente e, con essa il richiamo alla giurisprudenza ampiamente citata in ricorso.

La soluzione adottata esime dall’esaminare la questione della ammissibilità della produzione effettuata dai ricorrenti.

In ragione di tanto, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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