Cons. Stato Sez. V, Sent., 07-07-2011, n. 4052 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in appello in esame la Azienda Ospedaliera S.Antonio Abate di Gallarate ha chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata, con la quale era stato accolto il ricorso (in particolare con riguardo al primo e terzo motivo) proposto da N. M. s.p.a. (seconda classificata nella gara d’appalto per la "realizzazione e gestione "in service" dell’unità operativa complessa di cardiologia dell’A.O. "S. Antonio di Gallarate") contro il provvedimento di aggiudicazione della gara all’A.T.I. F. S.r.l., O. S.r.l. e S. S.r.l., controinteressata, e degli atti presupposti; con la sentenza è stata anche dichiarata la improcedibilità del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, non è stato annullato il contratto medio tempore stipulato ed è stato disposto il risarcimento del danno ingiusto patito e patiendo per equivalente.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- In ordine al primo profilo delibato favorevolmente: "Error in iudicando" per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

La parte ricorrente in primo grado non aveva inteso chiedere l’annullamento della procedura nei sensi di cui in sentenza, ma solo l’esclusione della aggiudicataria per violazione delle previsioni della "lex specialis" a seguito di presentazione di una offerta difforme.

Né la decisione del primo Giudice trova corrispondenza nelle censure svolte dalla controinteressata in via subordinata.

2.- In ordine al secondo profilo delibato favorevolmente: "Error in iudicando" per assoluta carenza di interesse a ricorrere, nonché per travisante interpretazione della legge di gara e del portato degli artt. 20, 41 e 42 del d. lgs. n. 163/2006.

Quanto alla rilevata violazione degli artt. 41 e 42 del d. lgs. n. 163/2006 (perché la "lex specialis" non specificava i requisiti di capacità economica e tecnica che i concorrenti dovevano possedere), la sentenza impugnata non fa cenno alla eccezione di inammissibilità per carenza di interesse della censura, né alla circostanza che comunque essa sarebbe tardiva rispetto all’epoca di piena conoscenza della legge di gara, né al fatto che il punto 8.6 del capitolato speciale stabiliva che la busta n. 2 avrebbe dovuto contenere la dichiarazione in originale di due istituti di credito, attestante l’idoneità tecnico economico finanziaria della impresa ai fini dell’appalto in questione, né, infine, alla circostanza che la richiesta di dichiarare il possesso di dette capacità era da intendersi con precipuo riferimento al solo art. 42.

3.- In ordine alla condanna al risarcimento danni per perdita di "chance": "Error in iudicando" per violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 del c.c., in punto onere per il ricorrente di provare, in ossequio al principio dispositivo, la sussistenza dei presupposti della responsabilità extra contrattuale in capo alla pubblica Amministrazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 245- quinquies e degli artt. 345 della l. n. 2248/1865, all. F), e 35, comma 2, del d. lgs. n. 80/1998.

Spettava a chi aveva chiesto il risarcimento l’onere di provare sia il fatto illecito e sia l’elemento psicologico.

Il Giudice di prime cure ha ignorato la circostanza che non sussisteva il presupposto dell’aver titolo all’aggiudicazione in capo al ricorrente.

Con atto notificato e poi depositato il 22.7.2010 si è costituita in giudizio ed ha proposto appello incidentale la N. M. s.p.a., che ha dedotto i seguenti motivi:

1.- In ordine all’accoglimento del primo e di parte del quinto motivo di ricorso principale, nonché del ricorso incidentale della controinteressata, nella parte in cui ha a sua volta subordinatamente contestato la "lex specialis", per non aver consentito "ab origine" la possibilità di fornire soluzioni alternative o equivalenti all’aggiornamento dell’angiografo Toshiba: violazione dell’art. 112 del c.p.c., omessa pronuncia e, in ogni caso, erroneità della sentenza, per violazione del principio di impugnabilità dei provvedimenti amministrativi, nonché dei principi relativi al termine di impugnazione delle clausole della "lex specialis" immediatamente lesive ed escludenti.

Il T.A.R. non si è limitato all’accoglimento del motivo con cui si lamentava la mancata esclusione della controinteressata per aver presentato una offerta sostanzialmente difforme da quanto previsto dalla "lex specialis", ma aveva esaminato anche il ricorso incidentale ed aveva accolto il subordinato motivo che il bando violava la clausola di non discriminazione, senza considerare che esso era tardivo.

2.- Sui motivi di ricorso assorbiti dalla sentenza di primo grado: riproposizione in appello.

Il Giudice di prime cure ha definito l’ordine di trattazione dei motivi di ricorso cominciando da quelli evidenzianti in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento e assorbendo gli altri, mentre avrebbe dovuto seguire la prospettazione della parte; comunque ha errato laddove ha accolto il terzo motivo di ricorso, con il quale era stato fatto valere un interesse strumentale, il cui esame non era privilegiabile rispetto ai motivi con i quali era fatto valer un interesse pretensivo.

Sono stati quindi riproposti tutti i motivi posti a base del ricorso di primo grado e dichiarati assorbiti.

Dall’accoglimento di essi motivi, volti all’esclusione dell’A.T.I. controinteressata, deriverebbe la necessità di delibazione dell’istanza risarcitoria per equivalente formulata per lesione dell’interesse pretensivo all’aggiudicazione, trascurata dal T.A.R. che ha risarcito solo la lesione dell’interesse strumentale (perdita di chance).

3.- Sulla salvezza del contratto "medio tempore" stipulato: violazione degli artt. 2 quinquies, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 2 bis, comma 2, della Direttiva 2007/66/CE.

Il T.A.R. ha erroneamente valutato l’interesse pubblico al mantenimento del contratto con esclusivo riferimento alla asserita necessità di integrale rinnovo della gara, senza considerare che, se non fossero stati dichiarati assorbiti i motivi di primo grado, dal loro accoglimento sarebbe derivata l’aggiudicazione della gara alla esponente.

Comunque non sussistevano le esigenze imperative connesse ad un interesse generale per le quali il contratto poteva essere fatto salvo nonostante la violazione del termine dilatorio minimo.

In subordine avrebbero dovuto essere applicate la sanzioni alternative di cui all’art. 2 sexies, comma 2, Dir. 2007/66/CE; in particolare la riduzione del contratto.

Con atto depositato il 28.7.2010 si è costituita in giudizio la F. s.r.l., in proprio e quale capogruppo mandataria del RTI con O. s.r.l. e S. s.r.l., che ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza de qua nelle parti e nei limiti di cui al depositando appello incidentale ed ha chiesto la reiezione del ricorso proposto in primo grado, perché inammissibile o infondato.

Con appello incidentale notificato e poi depositato il 28.7.2010 la F. s.r.l., nella qualità di cui sopra, ha proposto appello incidentale, per l’annullamento o la riforma della sentenza di cui trattasi, deducendo i seguenti motivi:

1.- Infondatezza del profilo di censura formulato da N. concernente: l’asserita violazione degli artt. 74 e 76 del d. lgs. n. 163/2006 e della "lex specialis", la asserita violazione del divieto di variazione delle clausole di "lex specialis" e del principio del "contrarius actus", l’asserita violazione dell’art. 72 del r.d. n. 827/1924 e dell’art. 1336 del c.c., l’asserita violazione dei principi di trasparenza e "par condicio" e del divieto di formulare offerte non corrispondenti alle richieste del bando, l’asserita violazione dei principi di uniformità della procedura, di affidamento e di concorrenza.

Fondatezza del profilo di censura, formulato in via incidentale subordinata da F. s.r.l. e concernente la violazione degli artt. 2, 34 e 38 del d.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 97 della Costituzione, nonché la violazione dei principi generali in materia di evidenza pubblica e scelta del contraente, con particolare riferimento ai principi di massima partecipazione, segretezza, imparzialità e par condicio, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria.

Contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., nel caso di specie, dalla lettura della "lex specialis"" si ricavano diverse formule definitorie di carattere funzionale e la F. s.r.l. aveva ritenuto che il miglior modo per ottemperare fosse quello di sostituire l’angiografo esistente con uno di diversa marca, ma che garantisse le prestazioni richieste.

L’accettazione della proposta da parte della stazione appaltante non ha quindi costituito una modificazione della "lex specialis" e non si è verificata difformità tra la prestazione richiesta e quella resa da detta s.r.l..

Solo se fosse stata prospettata alla stazione appaltante una diversa funzionalità della apparecchiatura ci si sarebbe trovati in presenza della variante progettuale di cui all’art. 76 del d. lgs. n. 163/2006.

Peraltro la "lex specialis" non comminava la esclusione per i concorrenti che avessero offerto una soluzione differente.

Dalle censure formulate nel corso del giudizio di primo grado dalla ricorrente N. M. s.p.a. e dalla F. s.r.l. non poteva derivare l’annullamento dell’ intera procedura di gara.

2.- Fondatezza del profilo di censura formulato in via incidentale principale da F. s.r.l. e concernente la violazione degli artt. 2, 34 e 38 del d.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 97 della Costituzione, la violazione dei principi generali in materia di evidenza pubblica e scelta del contraente, con particolare riferimento ai principi di massima partecipazione, segretezza, imparzialità e par condicio, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione del principio della domanda (art. 112 c.p.c.).

Il T.A.R., sia pure "incidenter tantum" ha sancito la infondatezza del primo profilo di censura formulato in via incidentale da F. s.r.l., relativo alla necessità di escludere la ricorrente per l’esistenza di un collegamento sostanziale (accordo di esclusiva con altro operatore economico interessato alla procedura) non portando alle dovute conseguenze la sua propria giurisprudenza e facendo riferimento ad una decisione del Consiglio di Stato inconferente.

3.- Violazione del principio dispositivo. Violazione del principio di riserva al ricorrente della graduazione dei motivi.

La F. s.r.l. ha impugnto con il ricorso incidentale di primo grado principalmente la mancata esclusione di N. M. s.p.a. e solo in via gradata ha chiesto l’annullamento del bando di gara (ove si potesse ritenere che non aveva definito l’oggetto dell’affidamento in termini funzionali, nella parte in cui indicava strumenti di una marca determinata senza clausola di equivalenza) disposto dal T.A.R. in violazione del principio dispositivo, senza pronunciarsi sul primo e principale motivo.

4.- Infondatezza del profilo di censura concernente l’asserita violazione degli artt. 41, comma 2, e 42, comma 2, del d. lgs. n. 163/2006, l’asserito difetto di istruttoria, l’asserita violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e par condicio (artt. 3 e 97 della Costituzione).

Il T.A.R. ha erroneamente accolto il terzo motivo del ricorso con cui è stato censurato il fatto che né il bando e né il capitolato speciale avevano articolato i requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica secondo lo schema fissato dagli artt. 41 e 42 del d. lgs. n. 1163/2006, senza valutare che, come eccepito da F. s.r.l., la N. M. s.p.a. era carente di interesse all’accoglimento di tale censura (che sussiste solo se sono fissati requisiti volti a limitare eccessivamente la partecipazione), avendo partecipato alla gara, e che la censura era comunque infondata perché la stazione appaltante non è tenuta a seguire pedissequamente detto schema.

5.- Violazione di legge (art. 91 c.p.c.). Eccesso di potere giurisdizionale. Difetto assoluto di motivazione.

Nell’ipotesi che la sentenza venga confermata, va riformata la condanna alle spese del giudizio, emanata in maniera erronea ed ingiustificatamente punitiva in violazione del principio della soccombenza, atteso che è stata accolta la censura incidentale formulata in via subordinata da F. s.r.l.

Con memoria depositata il 9.9.2010 l’appellante principale ha contestato le argomentazioni poste a base dell’appello incidentale di N. M. s.p.a., ribadendo tesi e richieste.

Con memoria depositata il 21.1.2011 la N. M. s.p.a. ha contestato le argomentazioni contenute nell’appello principale e nell’appello incidentale della F. s.r.l., ribadendo tesi e richieste.

Con memoria depositata il 21.1.2011 l’appellante principale ha ribadito tesi e richieste in particolare contestando l’esistenza del diritto al risarcimento del danno in capo alla N. M. s.p.a..

Con memoria depositata il 22.1.2011 la F. s.r.l. ha ribadito la infondatezza dei profili di censura formulati in via principale da N. e la fondatezza del proprio ricorso in appello incidentale, evidenziando che il contratto è stato interamente eseguito.

Con memoria depositata il 26.1.2011 la F. s.r.l. ha replicato alle avverse argomentazioni, in particolare ribadendo di aver censurato i capi di sentenza lesivi della propria sfera giuridica.

Con memorie depositate il 28.1.2011 l’Azienda appellante e la N. M. s.p.a. hanno diffusamente ed articolatamente replicato alle avverse argomentazioni.

Alla pubblica udienza dell’8.2.2011 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, la Azienda Ospedaliera S.Antonio Abate di Gallarate ha chiesto l’annullamento della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sezione, I n. 01846/2010, resa tra le parti, di declaratoria di improcedibilità del ricorso incidentale, integrato da motivi aggiunti, e di accoglimento, (in particolare con riguardo al primo e terzo motivo) del ricorso principale proposto da N. M. s.p.a., per l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione in favore dell’A.T.I. controinteressata dell’appalto per la "realizzazione e gestione "in service" dell’unità operativa complessa di cardiologia dell’A.O. "S. Antonio di Gallarate" e degli atti presupposti; inoltre di reiezione della domanda di caducazione, di invalidazione o di annullamento, anche "incidenter tantum", del contratto medio tempore stipulato e di accoglimento della domanda di risarcimento del danno ingiusto patito e patiendo per perdita di "chance" non in forma specifica, ma per equivalente.

2.- Innanzi tutto la Sezione ritiene di dover esaminare le censure rivolte contro il capo della sentenza impugnata con il quale, ritenuto di dover esaminare in primo luogo i motivi di ricorso evidenzianti una più radicale illegittimità del provvedimento, è stato accolto il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, con il quale era stato censurato che la stazione appaltante aveva sostanzialmente modificato una clausola della "lex specialis" attraverso al risposta ad un chiarimento, dichiarando di poter valutare anche soluzioni alternative.

2.1.- Il T.A.R. ha al riguardo ritenuto che con tale motivo la ricorrente avesse lamentato la mancata esclusione della controinteressata, per presentazione di un’offerta difforme da quanto richiesto dalla lex specialis di gara, atteso che l’allegato B) al capitolato speciale prevedeva, tra le prestazioni richieste, "l’aggiornamento tecnologico" dell’angiografo Toshiba mentre essa controinteressata aveva offerto la sostituzione del predetto macchinario con altro di diversa marca. Sarebbe stata così modificata una clausola della "lex specialis".

Sul punto la controinteressata aveva dedotto che l’Amministrazione, stante la difficoltà di definire le specifiche tecniche di un appalto tanto complesso, si era avvalsa della facoltà, riconosciuta dagli artt. 23 della direttiva n. 18/2004 e 68 del d. lgs. n. 163/2006, di definire l’oggetto dell’affidamento in termini funzionali; in subordine aveva impugnato, in via incidentale, la "lex specialis" nel caso che potesse ritenersi che la stessa, nella parte in cui indica prodotti e apparecchiature di una marca determinata non accompagnati dall’espressione "o equivalente", non avesse inteso definire l’oggetto dell’affidamento in termini funzionali e, comunque, nella parte in cui non aveva richiamato il principio dell’equivalenza sancito dalle disposizioni in precedenza citate. In proposito il T.A.R. ha richiamato il consolidato principio per cui, in tema di appalti di forniture, la clausola del bando di gara che richieda la fornitura di un bene di una marca specificata viola il principio di non discriminazione, in base all’art. 68 del d. lgs. n. 163/2006, che vieta l’introduzione nelle clausole contrattuali di specifiche tecniche che menzionano prodotti di una determinata fabbricazione e che hanno l’effetto di favorire o escludere determinati fornitori o prodotti.

Ha poi evidenziato che la possibilità di soluzioni alternative o equivalenti, sul punto, non era prevista dalla "lex specialis" per la mancanza sia dell’espressione richiesta dalla norma, sia di altra ad essa sovrapponibile, e tale illegittimità era stata evidenziata dalla controinteressata nella seconda richiesta di chiarimenti sul punto (a tale rilievo la stazione appaltante ha risposto dicendo che "saranno valutate soluzioni alternative").

Da tanto il primo Giudice ha tratto la conseguenza che, in presenza di detta clausola della "lex specialis", la cui criticità non era riconducibile a mera equivocità o poca chiarezza ma a radicale illegittimità, l’Amministrazione appaltante avrebbe dovuto modificare il capitolato speciale mediante l’adozione di un "contrarius actus" e non già mediante la semplice risposta ad un chiarimento.

Ciò in quanto, nell’evidente contrasto tra capitolato speciale, al cui rispetto l’Amministrazione si era autovincolata, e la risposta alla richiesta di chiarimenti, era prevalente il primo, sicché la modifica doveva considerarsi inidonea a raggiungere lo scopo, non riuscendo a rimuovere la clausola illegittima. Né poteva essere definito l’oggetto dell’affidamento in termini funzionali, in quanto tale opzione, pur possibile ai sensi dell’art. 68, comma 3, D. Lgs. 163/2006, postulava che tale definizione funzionale fosse già contenuta nella ""lex specialis"".

Ha quindi concluso il T.A.R. che il capitolato speciale di gara, nella parte in cui, nell’allegato B recante l’elenco delle apparecchiature per emodinamica, richiedeva l’"aggiornamento tecnologico dell’angiografo Toshiba attualmente in dotazione" senza possibilità di soluzioni equivalenti, fosse illegittimo e lo ha annullato per violazione del principio di libera concorrenza.

2.2.- Al riguardo la Azienda Ospedaliera S.Antonio Abate di Gallarate, appellante principale, ha dedotto che la ricorrente N. M. s.p.a. in primo grado non aveva inteso chiedere l’annullamento della procedura nei sensi di cui in sentenza, ma solo l’esclusione della aggiudicataria per violazione delle previsioni della "lex specialis" per aver presentato una offerta difforme. Né la decisione del primo Giudice avrebbe trovato corrispondenza nelle censure svolte dalla controinteressata in via subordinata, perché esse erano finalizzate a far ritenere legittimi gli atti posti in essere dalla stazione appaltante considerando ammissibile l’ offerta della F. s.r.l..

A sua volta detta società ha dedotto con il suo appello incidentale che, contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., nel caso di specie dalla lettura della "lex specialis"" si ricavano diverse formule definitorie di carattere funzionale, ivi compresa quella concernente "l’aggiornamento tecnologico dell’angiografo"; a fronte della esigenza di garantire che la vecchia apparecchiatura fornisse analoghe prestazioni rispetto ad un altro apparecchio di nuova acquisizione, la F. s.r.l. aveva ritenuto che il miglior modo per ottemperare fosse quello di sostituire l’angiografo esistente con uno di diversa marca, ma che garantisse le prestazioni richieste.

L’accettazione della proposta da parte della stazione appaltante non ha quindi costituito una modificazione della "lex specialis" e non si è verificata difformità tra la prestazione richiesta e quella resa da detta s.r.l., essendo la soluzione proposta perfettamente conforme agli standard di gara, che ha definito la prestazione in termini funzionali.

Solo se fosse stata prospettata alla stazione appaltante una diversa funzionalità della apparecchiatura ci si sarebbe trovati in presenza della variante progettuale di cui all’art. 76 del d. lgs. n. 163/2006.

Peraltro la "lex specialis" non comminava la esclusione per i concorrenti che avessero offerto una soluzione differente, per di più migliorativa, e al più avrebbe potuto essere intaccato il punteggio tecnico attribuito o, in sede di chiarimenti, far presente che erano consentite soluzioni alternative.

Infine nel corso del giudizio di primo grado la ricorrente N. M. s.p.a. non aveva formulato la censura di violazione dell’art. 68 del d. lgs. n. 163/2006, ma solo che erano state indicate apparecchiature di una marca determinata senza la espressione "o equivalente"e la F. s.r.l. aveva impugnato in via incidentale la "lex specialis" al fine di dimostrare che la propria offerta doveva comunque essere accettata; da ciò non poteva derivare l’annullamento dell’ intera procedura di gara.

Ha quindi aggiunto che la F. s.r.l. aveva impugnato con il ricorso incidentale di primo grado principalmente la mancata esclusione di N. M. s.p.a. e solo in via gradata aveva chiesto l’annullamento del bando di gara ove si potesse ritenere che non aveva definito l’oggetto dell’affidamento in termini funzionali, nella parte in cui indicava strumenti di una marca determinata senza clausola di equivalenza, disposto dal T.A.R. in violazione del principio dispositivo senza pronunciarsi sul primo e principale motivo.

Infine la N. M. s.p.a., ha al riguardo dedotto con l’appello incidentale che il T.A.R. non si era limitato all’accoglimento del motivo con cui si lamentava la mancata esclusione della controinteressata per aver presentato una offerta sostanzialmente difforme da quanto previsto dalla "lex specialis" (pur modificata con la risposta ad una richiesta di chiarimenti), ma aveva esaminato anche il ricorso incidentale ed aveva accolto il subordinato motivo che il bando violava la clausola di non discriminazione, senza considerare che esso era tardivo; inoltre che aveva definito l’ordine di trattazione di motivi di ricorso cominciando da quelli evidenzianti in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento e assorbendo gli altri, mentre avrebbe dovuto seguire la prospettazione della parte.

2.3.- Al riguardo ritiene opportuno la Sezione escludere preliminarmente la fondatezza delle eccezioni che fosse tardivo il subordinato motivo della F. s.r.l., che il bando violava la clausola di non discriminazione, che il T.A.R. dovesse seguire la prospettazione della parte nell’ordine di esame dei motivi e che la F. s.r.l. aveva impugnato con il ricorso incidentale di primo grado principalmente la mancata esclusione di N. M. s.p.a. e solo in via gradata aveva chiesto l’annullamento del bando di gara, disposto dal T.A.R. in violazione del principio dispositivo senza pronunciarsi sul primo e principale motivo.

Le clausole del bando o della lettera di invito, che onerano l’interessato ad una immediata impugnazione, sono infatti solo quelle che prescrivono requisiti di ammissione o di partecipazione alla gara, in riferimento sia a requisiti soggettivi che a situazioni di fatto, la carenza dei quali determina immediatamente l’effetto escludente (Consiglio Stato, sez. V, 04 marzo 2011, n. 1380) e non è questo il caso di specie.

Inoltre deve ritenersi che rientri nel potere del Giudice amministrativo decidere l’ordine di trattazione delle censure sollevate all’interno della stessa domanda e occorre procedere nell’ordine logico segnato da quei motivi che evidenziano in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento, senza che il ricorrente possa di contro pretendere l’esame in via prioritaria della censura preordinata all’aggiudicazione e, solo in caso di mancato accoglimento del motivo di illegittimità riguardante l’intera procedura (Consiglio Stato, sez. V, 06 aprile 2009, n. 2143).

Le esaminate eccezioni non sono quindi favorevolmente apprezzabili.

2.4.- Tanto premesso le censure della appellante principale e della F. s.r.l. al capo di sentenza in esame devono essere ritenute non suscettibili di positiva considerazione.

Non possono essere condivise le tesi della Azienda appellante che la N. M. s.p.a. non avesse inteso chiedere l’annullamento della procedura, ma solo l’esclusione della aggiudicataria per aver presentato una offerta difforme da quanto previsto dalla "lex specialis" e che la decisione del primo Giudice non avrebbe trovato corrispondenza nelle censure che la controinteressata F. s.r.l. aveva svolto solo in via subordinata e con l’intento di far dichiarare legittimi gli atti posti in essere dalla stazione appaltante laddove era stata dichiarata ammissibile la offerta di detta s.r.l..

Neppure sono condivisibili le tesi della appellante incidentale F. s.r.l che nel corso del giudizio di primo grado la ricorrente N. M. s.p.a. non aveva formulato la censura di violazione dell’art. 68 del d. lgs. n. 163/2006, ma solo che erano state indicate apparecchiature di una marca determinata senza la espressione "o equivalente", sicché, poiché essa s.r.l. aveva impugnato in via incidentale la "lex specialis" al fine di dimostrare che la propria offerta doveva comunque essere accettata, da ciò non poteva derivare l’annullamento dell’ intera procedura di gara.

Osserva al riguardo la Sezione che appare invero condivisibile l’iter logico seguito dal T.A.R., che, in accoglimento del primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di N. M. s.p.a. (che aveva contestato la modifica della "lex specialis" della gara da parte della commissione, che aveva consentito la presentazione da parte di F. s.r.l. di una offerta diversa da quella richiesta dal capitolato, invece di escluderla), ha sostanzialmente disatteso la tesi principale della controinteressata (che la "lex specialis" era stata formulata in termini funzionali) e che quindi la sua offerta fosse stata legittimamente ammessa, accogliendo la censura formulata in subordine da essa controinteressata (di illegittimità di detta "lex specialis" per aver imposto l’aggiornamento della apparecchiatura di cui trattasi già esistente e di marca specifica, senza alternative).

2.5.- Neppure possono essere condivise le censure dedotte con appello incidentale da F. s.r.l. che dalla lettura della "lex specialis"" si ricavavano diverse formule definitorie di carattere funzionale e che essa aveva ritenuto che il miglior modo per ottemperare fosse quello di sostituire l’angiografo esistente con uno di diversa marca, ma che garantisse le prestazioni richieste, senza che tanto avesse comportato una modificazione della "lex specialis" e difformità tra la prestazione richiesta e quella resa dalla società stessa, essendo la soluzione proposta perfettamente conforme agli standard di gara, che ha definito la prestazione in termini funzionali e che non comminava la esclusione per i concorrenti che avessero offerto una soluzione differente.

Osserva in proposito la Sezione che in materia di gare d’appalto pubblico opera il principio della libera concorrenza, che trova applicazione in primo luogo nella fase della determinazione del contenuto del contratto oggetto di gara, con particolare riferimento alla individuazione delle prestazioni richieste; quindi, in caso di gara per l’affidamento di un appalto di fornitura, sussiste il divieto di introdurre nelle clausole contrattuali specifiche tecniche che indicano prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza (art. 68, comma 3, lett. a), del d.lgs. n. 163/2006) ed esso può essere derogato inserendo nel bando la menzione "o equivalente", che è però autorizzata solo quando le Amministrazioni non possano fornire una descrizione dell’oggetto dell’appalto mediante specifiche tecniche sufficientemente precise, o formulando la "lex specialis" in termini funzionali (art. 68, comma 3, lett. b e lett. c, del d.lgs. n. 163/2006).

Il principio di equivalenza ha infatti la funzione di garantire e promuovere la maggior apertura concorrenziale tanto nell’ambito del singolo procedimento di affidamento (il che si collega col tradizionale principio del favor partecipationis nelle gare pubbliche), quanto nel generale mercato degli appalti pubblici ed è riconosciuto esplicitamente, sul piano legislativo, dai commi 4 e 7 dell’art. 68 del codice dei contratti pubblici.

In linea generale l’Amministrazione interessata ha il potere di individuare particolari caratteristiche tecniche dei prodotti ritenuti idonei allo svolgimento delle attività cui destinare le forniture.

È però evidente che l’individuazione di tali specifiche caratteristiche deve essere effettuata facendo riferimento ad elementi davvero significativi per distinguere nettamente l’oggetto della fornitura, senza determinare alcuna discriminazione a favore o contro le imprese produttrici di determinati beni.

Nei casi in cui le specifiche tecniche risultino tutte incentrate su un prodotto già confezionato dalle imprese produttrici, il riferimento tecnico deve essere necessariamente temperato con richiamo al concetto di equivalenza, ma con esclusione delle specifiche tecniche che menzionino prodotti di una fabbricazione o di una provenienza determinata e procedimenti particolari aventi l’effetto di favorire o eliminare talune imprese in assenza del temperamento con criterio di equivalenza (Consiglio Stato, sez. III, 13 maggio 2011, n. 2905).

Nel caso che occupa la "lex specialis" non aveva definito l’oggetto della gara in termini funzionali e quindi è stato correttamente accolto il motivo di ricorso incidentale subordinato della F. s.r.l. non essendo stata prospettata con essa "lex specialis" la possibilità di soluzioni alternative o equivalenti, mancando sia l’espressione richiesta dalla norma, sia altra di eguale significato, e rimanendo viziata la legge di gara da tale carenza, non emendabile di certo con la semplice emanazione postuma di chiarimenti, in violazione della par condicio (a nulla valendo che la normativa di gara non prevedesse l’esclusione dei concorrenti che non avessero rispettato le prescrizioni al riguardo).

3.- La condivisibilità delle sopra esaminate deduzioni contenute in sentenza che comportano la illegittimità radicale della "lex specialis" della gara di cui trattasi comporta la inutilità della disamina della fondatezza delle censure rivolte dalla Azienda appellante principale all’ulteriore motivo di illegittimità ravvisato dal T.A.R. con riguardo al terzo motivo introduttivo del giudizio (di violazione degli artt. 41 e 42 del d. lgs. n. 163/2006 per mancata specificazione dei requisiti qualitativi e quantitativi di capacità economica e tecnica che i concorrenti avrebbero dovuto possedere), consistenti nel rilievo che la sentenza impugnata non fa cenno alla eccezione di inammissibilità per carenza di interesse della censura, né alla circostanza che comunque essa sarebbe tardiva rispetto all’epoca di piena conoscenza della legge di gara, né al fatto che il punto 8.6 del capitolato speciale stabiliva che la busta n. 2 avrebbe dovuto contenere la dichiarazione in originale di due istituti di credito, attestante l’idoneità tecnico economico finanziaria della impresa ai fini dell’appalto in questione, né, infine, alla circostanza che la richiesta di dichiarare il possesso di dette capacità era da intendersi con precipuo riferimento al solo art. 42.

Identiche considerazioni possono farsi con riguardo al motivo di appello incidentale della F. s.r.l. con il quale è stato dedotto che il T.A.R. avrebbe erroneamente accolto il terzo motivo del ricorso, senza valutare che, come eccepito da F. s.r.l., la N. M. s.p.a. era carente di interesse all’accoglimento di tale censura (che sussiste solo se sono fissati requisiti volti a limitare eccessivamente la partecipazione) avendo partecipato alla gara e che la censura era comunque infondata perché la stazione appaltante non è tenuta a seguire pedissequamente detto schema.

4.- Con il secondo motivo di appello incidentale la N. M. s.p.a., ha riproposto tutti i motivi posti a base del ricorso di primo grado e dichiarati assorbiti, deducendo che, dall’accoglimento di essi motivi, volti all’esclusione dell’A.T.I. controinteressata, deriva la necessità di delibazione dell’istanza risarcitoria per equivalente formulata per lesione dell’interesse pretensivo all’aggiudicazione, trascurata dal T.A.R. che ha risarcito solo la lesione dell’interesse strumentale (perdita di chance).

Con il terzo motivo di appello incidentale detta s.p.a., con riguardo alla salvezza del contratto medio tempore stipulato, ha anche dedotto violazione degli artt. 2 quinquies, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 2 bis, comma 2, della Direttiva 2007/66/CE perché il T.A.R. avrebbe erroneamente valutato l’interesse pubblico al mantenimento del contratto con esclusivo riferimento alla asserita necessità di integrale rinnovo, senza considerare che, se non fossero stati dichiarati assorbiti i motivi di primo grado, dal loro accoglimento sarebbe derivata l’aggiudicazione della gara alla esponente.

Comunque non sussistevano le esigenze imperative connesse ad un interesse generale per le quali il contratto può essere fatto salvo nonostante la violazione del termine dilatorio minimo.

In subordine avrebbero dovuto essere applicate la sanzioni alternative di cui all’art. 2 sexies, comma 2, Dir. 2007/66/CE, in particolare la riduzione del contratto.

4.1.- Osserva al riguardo la Sezione che dalla disposta conferma della sentenza di primo grado deriva la illegittimità radicale della "lex specialis" della gara di cui trattasi con inutilità della disamina della fondatezza degli ulteriori motivi posti dalla N. M. s.p.a. a fondamento del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e volti alla mera esclusione della F. s.r.l., essendo essi da considerare assorbiti.

Tanto comporta anche la incondivisibilità della richiesta di delibazione dell’istanza risarcitoria per equivalente formulata per lesione dell’interesse pretensivo all’aggiudicazione della gara ad essa s.p.a., comportando la illegittimità della "lex specialis" la impossibilità di aggiudicazione della gara alla ricorrente principale in primo grado, con possibilità di valutazione solo della richiesta di risarcimento danni per perdita di "chance", come correttamente ritenuto dal T.A.R..

Possono anche essere condivise le considerazioni formulate, riguardo al contratto stipulato in data 7.10.2009, dal Giudice di prime cure, che, sulla base dei principi espressi dalla direttiva 2007/66/CE 53/2010, ha deciso di non doverne dichiarare l’inefficacia, in considerazione sia dell’interesse pubblico all’affidamento in tempi rapidi dell’appalto di cui trattasi, al fine di rendere fruibile per la collettività l’unità cardiologica dell’Azienda Ospedaliera appaltante, sia dello stato all’epoca di esecuzione del contratto, che non rendeva possibile la ripetizione della gara, e, attualmente la riduzione del contratto, stante la circostanza che esso risulta interamente eseguito (come da memoria della F. s.r.l. depositata il 22.1.2011), a nulla valendo il mancato collaudo.

5.- Con il terzo motivo di gravame la Azienda appellante principale ha dedotto, in ordine alla condanna al risarcimento danni per perdita di "chance", "error in iudicando" per violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 del c.c., perché sarebbe stato onere del ricorrente di provare, in ossequio al principio dispositivo, la sussistenza dei presupposti della responsabilità extra contrattuale in capo alla pubblica Amministrazione (cioè sia il fatto illecito e sia l’elemento psicologico); inoltre ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 245- quinquies e degli artt. 345 della l. n. 2248/1865, all. F), e 35, comma 2, del d. lgs. n. 80/1998, perché il Giudice di prime cure avrebbe ignorato l’insussistenza del presupposto dell’aver titolo all’aggiudicazione in capo al ricorrente.

Osserva la Sezione che, di norma, al fine di ottenere il risarcimento per perdita di "chance" è necessario che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la ragionevole probabilità della verificazione futura del danno e provi, conseguentemente, la realizzazione in concreto almeno di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta.

Tanto è stato tenuto ben presente dal Giudice di prime cure, che, tuttavia, nel particolare caso che occupa, per le modalità e la tempistica con cui l’illegittimità della "lex specialis" si è manifestata, ha ritenuto che fosse ascrivibile a colpa dell’amministrazione, sub specie di negligenza ed imprudenza, l’aver proseguito nella procedura di gara pur essendo pacificamente in tempo per poter espungere le clausole illegittime e integrare la disciplina di gara con previsioni rispettose delle regole di concorrenza, nelle forme di legge mediante l’adozione di un atto di ritiro.

Ha inoltre ritenuta indubbia la sussistenza del nesso di causalità tra l’evento dannoso, consistente nella perdita della possibilità di aggiudicarsi l’appalto all’esito di una procedura "secundum legem", e il comportamento colposo della stazione appaltante.

Ha quindi, stante la macroscopica illegittimità degli atti impugnati e in considerazione della pervicacia con cui l’Amministrazione aveva ignorato la possibilità di ricondurre la gara nella legalità, ritenuto che, alla mancata allegazione da parte della ricorrente di circostanze certe sulla base delle quali effettuare il giudizio prognostico sotteso alla risarcibilità della "chance" perduta, potesse ovviarsi con lo strumento della condanna al risarcimento del danno ex art. 35 comma 2, del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80, modificato dalla l. 21 luglio 2000 n. 205, che è applicabile ove la quantificazione del danno necessiti di una ulteriore attività collaborativa dell’Amministrazione, prevedendo che in caso di mancato raggiungimento dell’accordo le parti potranno rivolgersi nuovamente al Giudice per la determinazione delle somme dovute nelle forme del giudizio di ottemperanza.

Considerato che con l’atto di appello non è stata contestata la possibilità per la ricorrente principale di primo grado di conseguire l’aggiudicazione, né la sussistenza della colpa e del danno, ma solo la mancata prova, ritiene la Sezione che la previsione contenuta in sentenza, all’atto della fissazione dei criteri per la quantificazione del danno da parte dell’Amministrazione (tenendo conto della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito dall’esecuzione del contratto, ove fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, desumibile principalmente dall’offerta economica presentata in sede di gara, considerando non solo i dati economici e contabili dell’offerta ma anche altri elementi, quali il danno all’immagine aziendale, la perdita della possibilità di utilizzare l’aggiudicazione quale titolo ulteriore e referenza specifica, considerati nel loro insieme, con un ragionevole coefficiente di riduzione in relazione al numero di partecipanti alla gara) possa ritenersi (si ripete: nel particolare caso di specie) condivisibile pur in assenza di prova del danno subito da parte di essa ricorrente, essendo la soluzione equiparabile alla liquidabilità in via equitativa, possibile in assenza di prova del preciso ammontare del danno; ciò considerato anche che in caso di mancato raggiungimento dell’accordo la quantificazione del danno de quo è ancora "sub iudice".

6.- Deve infine essere esaminato il quinto motivo dell’appello incidentale di F. s.r.l., con il quale sono stati dedotti violazione dell’art. 91 c.p.c., eccesso di potere giurisdizionale e difetto assoluto di motivazione, nell’ipotesi che la sentenza venga confermata, perché andrebbe riformata la condanna alle spese del giudizio emanata in maniera erronea ed ingiustificatamente punitiva in violazione del principio della soccombenza, atteso che è stata accolta la censura incidentale formulata in via subordinata dalla F. s.r.l.

6.1.- Osserva la Sezione che il Giudice amministrativo di primo grado ha amplissimi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per compensare le spese giudiziali, ovvero porle a carico della parte soccombente, con il solo limite che non può condannare, totalmente o parzialmente alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio. Detta regola vale con riferimento sia alle sentenze di merito che a quelle meramente processuali, nelle quali pure sussiste una soccombenza virtuale nei confronti del soggetto che ha agito con un atto poi dichiarato inammissibile o improcedibile; in ogni caso la valutazione di merito sulla compensazione delle spese non è sindacabile neppure per difetto di motivazione (Consiglio Stato, sez. III, 05 maggio 2011, n. 2695).

Nel caso che occupa il ricorso incidentale principale della F. s.r.l. ed i motivi aggiunti allo stesso erano stati dichiarati improcedibili quanto alle censure tendenti alla esclusione della N. M. s.p.a., sicché, sussistendo la sua soccombenza virtuale sul punto, appare corretta la condanna alle spese di detta s.r.l. alla refusione delle spese di giudizio nei confronti della ricorrente principale di primo grado, in solido con l’Amministrazione.

7.- Restano conseguentemente assorbite tutte le ulteriori censure formulate con il secondo ed il quarto motivo di appello incidentale della F. s.r.l., nonché quelle relative alla applicabilità dell’art. 245 quinquies del d. lgs. n. 163/2006, con riferimento alla richiesta di conseguimento dell’aggiudicazione.

8.- L’appello principale e gli appelli incidentali devono essere conclusivamente respinti e deve essere confermata la prima decisione.

9.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Adolfo Metro, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *