Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-11-2011, n. 24488 Passaggio ad altra amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 19 giugno 2007 la Corte d’Appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale di Ancona del 19 agosto 2004, ha dichiarato che, ai fini dell’attribuzione a S.S. della differenza ad personam tra il trattamento economico percepito al momento del trasferimento alla Provincia di Ancona e quello risultante dal nuovo inquadramento, deve tenersi conto di quanto corrisposto, sotto il regime del precedente inquadramento presso l’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici e successivamente presso l’IRITEL s.p.a. a titolo di compenso annuale di incentivazione e di premio industriale nella misura base, ed ha condannato la Provincia di Ancona al pagamento degli eventuali importi retributivi per il periodo 20 marzo 1995 – 31 dicembre 1999. La Corte territoriale ha motivato tale decisione considerando, per quanto rileva in questa sede, che l’eccezione sollevata in appello dalla Provincia di Ancona, della inapplicabilità del divieto della reformatio in peius ai dipendenti della ex ASST in considerazione della personalità giuridica e dell’autonomia finanziaria di quest’ultima, è inammissibile costituendo eccezione nuova dedotta per la prima volta in appello; inoltre ha considerato che le due voci retributive in esame sono state corrisposte in maniera continuativa e non sono state subordinate a particolari modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.

La Provincia di Ancona propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su due motivi, resiste con controricorso il S..

Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2; nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; in via subordinata il medesimo vizio viene denunciato quale violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si deduce che l’eccezione sollevata nel giudizio di appello e relativa all’inapplicabilità del principio della reformatio in peius basato su un raffronto fra le componenti fisse e continuative della precedente e successiva retribuzione corrisposta al dipendente della pubblica amministrazione prima e dopo il passaggio ad altro ente, non possa applicarsi ai dipendenti della ex A.S.S.T., non costituirebbe eccezione nuova, ma mera difesa e, come tale, ammissibile. Nel merito tale eccezione doveva essere esaminata ed accolta, sulla base del principio affermato dal Consiglio di Stato secondo cui il suddetto principio della reformatio in peius sarebbe inapplicabile stante l’autonomia amministrativa, contabile e finanziaria della ex A.S.S.T. dotata di propria e distinta personalità giuridica, che la pone su un piano distinto rispetto ad altre amministrazioni. Con secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, art. 5, della L. n. 873 del 1980, art. 4, e della L. n. 29 del 1970, art. 28, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; sotto altro profilo omessa insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare si assume che le voci retributive in questione, sono intimamente connesse alla prestazione svolta alle dipendenze delle aziende operanti nell’ambito del Ministero delle Poste, come chiaramente deducibile dalla loro disciplina, per cui non sarebbero da considerare ai fini del raffronto con la retribuzione goduta presso l’amministrazione di destinazione. Entrambi i motivi sono infondati.

Quanto al primo motivo va considerato che l’eccezione di inapplicabilità del divieto di reformatio in pejus ai dipendenti della ex ASST in considerazione della personalità giuridica e dell’autonomia finanziaria di questa costituisce eccezione in senso stretto, in quanto ha ad oggetto un fatto impeditivo del fatto costitutivo dedotto dal ricorrente, e comporta un accertamento di fatto; pertanto, essa non è deducibile la prima volta nel giudizio di appello, ove sono ammesse mere difese, intendendosi per tali le argomentazioni con cui si contrasta genericamente l’avversa pretesa, senza introdurre indagini su fatti impeditivi o modificativi del diritto esercitato (per tutte Cass. 15 gennaio 2009 n. 816).

Esattamente, dunque, la Corte d’Appello di Ancona ha ritenuto inammissibile l’eccezione in questione.

Quanto al secondo motivo si osserva che la variabilità e la funzione del compenso non esclude la sua continuità ai fini del suo computo nella determinazione del reddito complessivo. Esattamente, dunque, la Corte d’Appello di Ancona ha osservato come la variabilità del "premio di incentivazione" non esclude la continuità della sua corresponsione, confermata dalla sua erogazione anche per le giornate in cui la prestazione non aveva luogo a conferma della mancanza di collegamento tra compenso e modalità della sua prestazione. Tale motivazione è logica e fondata su motivi di diritto reali ed incontestabili. Analogamente va osservato che esattamente la Corte territoriale ha considerato la natura del "premio industriale" che è variato nel tempo, essendo stato istituito con la L. n. 29 del 1970, art. 28 quale specifico compenso di funzioni effettivamente espletate, ma successivamente modificato nella sua funzione e natura dal D.P.R. n. 985 del 1980, art. 8 che ne ha previsto una parte variabile ed una parte fissa che, per la continuità della sua erogazione, deve considerarsi parte integrante della retribuzione.

Anche nel caso del "premio industriale" deve considerarsi che la natura variabile di una parte di esso non toglie il suo carattere di continuità, soprattutto considerando la previsione di una parte fissa che prescinde dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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