Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-06-2011) 04-07-2011, nMisure cautelari . 26105

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Genova, adito dagli indagati O.A., M.K. e P. G., cittadini albanesi, confermava la misura cautelare della custodia in carcere applica nei loro confronti con ordinanza del G.I.P.del Tribunale di Savona in data 22/2/2011 in ordine al reato di cui all’art. 110 c.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis.

I predetti erano stati sorpresi in ora notturna in un’area di parcheggio di (OMISSIS), dove si erano recati a bordo di un’autovettura nei pressi di un camion, colà giunto poco prima e condotto dal connazionale H.S. in procinto, secondo l’accusa, di acquistare da quest’ultimo kg. 2,200 di cocaina, rinvenuti nascosti in un vano delle stesse dimensioni del pacco che li conteneva, ricavato sotto il telaio di un rimorchio parcheggiato in zona adiacente. Nella circostanza il cane antidroga degli operanti aveva fiutato in un doppiofondo ricavato nel vano cabina dell’autocarro, la trascorsa presenza della droga, poi rinvenuta a bordo del rimorchio.

In motivazione i giudici del riesame fondavano la gravità del quadro indiziario su tre elementi: sulle modalità dell’incontro tra i due veicoli, sulle dichiarazioni rese in sede di convalida dall’indagato M., che aveva dichiarato che l’incontro era finalizzato all’acquisto di vestiti, laddove vestiti non erano stati rinvenuti, sulle intercettazioni telefoniche, che attestavano i contatti tra il conducente del camion e il terzetto mediante l’intermediazione di un terzo, non identificato, risultato l’organizzatore dell’operazione criminosa. Confermavano l’esistenza dell’esigenza special-preventiva di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c), e la adeguatezza e proporzionalità della misura adottata.

Contro tale decisione ricorrono gli indagati a mezzo del comune difensore, il quale contesta con il primo motivo la violazione dell’art. 273 c.p.p., e il vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta gravità indiziaria, censurando la illogicità degli elementi, posti a fondamento di tale valutazione, posto che:

l’alloggiamento ricavato all’uopo nella cabina del camion, ove il cane antidroga aveva fiutato la presenza della droga, corrispondente per forma e dimensioni a quello rinvenuto a bordo del rimorchio, nel quale era stata nascosta la cocaina repertata, costituiva un argomento tutto da verificare che non poteva portare ad estendere anche ai ricorrenti la consapevolezza in capo all’ H. della detenzione dello stupefacente; non era pensabile che un così rilevante quantitativo di cocaina fosse lasciato incustodito in un’area di parcheggio pubblico, nè era certa la identificabilità con i destinatari della droga degli indagati, i quali erano stati arrestati appena messi i piedi fuori dell’auto e prima ancora di ogni contatto con il connazionale; le dichiarazioni del M. erano state stravolte fino al punto di fargli dire cose che non aveva detto e cioè che si era recato in quel luogo non già per incontrare l’ H., ma per trovare un camionista, cui consegnare dei vestiti da portare in (OMISSIS); le intercettazioni erano inutilizzabili, siccome non autorizzate e nulla aggiungevano al quadro indiziario, ben potendo gli sms rilevati essere interpretati diversamente e per fini leciti.

Contestano con il secondo motivo la motivazione a sostegno della ritenuta esigenza cautelare e il giudizio di congruità della misura adottata.

I ricorsi sono inammissibili, giacchè le censure proposte sono dirette a ottenere una rilettura delle risultanze processuali e una rivalutazione della consistenza indiziaria e delle circostanze poste dal giudice della cautela a fondamento della custodia cautelare in carcere, condivise e fatte proprie dal Tribunale, come sintetizzate in narrativa con specifico riferimento alle censure formulate dal ricorrente.

Gli argomenti sviluppati dal giudice del riesame danno adeguatamente conto dell’esistenza dell’ipotesi criminosa contestata agli indagati e del ruolo svolto da costoro nello svolgimento dell’attività criminosa. Infatti il percorso argomentativo, sebbene riproduca in parte le motivazioni del provvedimento cautelare e ne sintetizza i contenuti significativi e condivisi dal Tribunale, è completo, logicamente corretto e privo di aporie, laddove pone in risalto gli elementi per i quali la presenza degli indagati sul posto fosse indicativo di un loro diretto coinvolgimento nell’attività di narcotraffico.

Va poi ricordato che il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze in tema di procedimenti incidentali, relativi alla libertà personale non può riguardare la verifica della rispondenza delle argomentazioni, poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, provvedendosi così ad una rilettura degli elementi di fatto, atteso che la relativa valutazione è riservata in via esclusiva al giudice del merito.

Principio quest’ultimo che non può non valere anche per l’asserito travisamento del fatto, riferito alla verifica della consistenza indiziaria e la significato di essa in relazione all’oggetto dell’accusa.

Questa Corte ha già più volte ribadito che il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, dopo le modifiche apportare dalla L. n. 46 del 2005, art. 8, non può consistere in una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione. Il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di motivazione la prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione del quadro indiziaro.

Del resto la valutazione della gravità indiziaria che – avvenendo nel contesto incidentale del procedimento de libertate, e, quindi, allo stato degli atti, cioè sulla base di materiale conoscitivo in itinere – deve essere orientata ad acquisire non la certezza, ma la elevata probabilità di colpevolezza dell’indagato.

Completezza e coerenza della motivazione, in tale contesto valutativo, rendono dunque inammissibile il sindacato richiesto a questa Corte di legittimità sia in ordine al quadro indiziario che cautelare.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno alla somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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