Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-06-2011) 04-07-2011, n. 26100 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

T.S. è indagato per avere quale funzionario della Camera di commercio di Siracusa, per 108 fatti di falso informatico, consistiti nell’inserimento nel registro dei protesti di non veritiere comunicazioni, relative ai debitori, di truffa aggravata e abuso di ufficio, e di peculato.

Ricorre avverso l’ordinanza emessa da tribunale della libertà di Catania, sopra indicata, che ha mantenuto la misura degli arresti domiciliari relativamente ai delitti di peculato, annullandola per gli altri delitti e deduce due motivi in rito: il primo riguarda la mancanza della firma, per esteso, del presidente e del relatore su tutto il documento impugnato, sicchè deduce che non vi è certezza nè fenomenica nè legale che le pagine, solo siglate e da un solo componente dell’organo decidente, siano parti dello stesso provvedimento e siano sicuramente riferibili all’ultima pagina che contiene, invece, entrambe le sottoscrizioni.

Con il secondo motivo, si duole che la motivazione della ordinanza sia stata depositata oltre il termine previsto dall’art. 128 c.p.p., nonostante che il dispositivo sia stato emesso entro i 10 gg di cui all’art. 309 c.p.p.; invoca la sanzione della perdita di efficacia e deduce che il carattere ordinatorio riconosciuto al termine di cui all’art. 128 c.p.p. confligge con il dettato costituzionale ed impone una verifica del giudice delle leggi.

Nel merito, rileva che difettano i presupposti per il mantenimento della misura cautelare, in quanto già la ammissione agli arresti domiciliari, in luogo della misura massima, è significativa della inesistenza del pericolo di fuga e di inquinamento probatorio. In concreto, l’ampia confessione resa nel corso della indagine era sintomo di sicuro pentimento e la commissione di ulteriori delitti della stessa specie era scongiurata dalla assegnazione presso il posto di lavoro, a mansioni che non comportavano nè accesso a registri informatici nè maneggio di denaro.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è da rigettare.

2. E’ da osservare, quanto alla prima censura, che il ricorrente si è limitato a postulare in forma dubitativa delle sue perplessità, sulla base di osservazioni meramente formali. Non è spiegato quale sia il concreto interesse che sostiene la sua impugnazione, laddove il ricorrente avrebbe dovuto spiegare quale incidenza abbia avuto la mancata firma per esteso su tutte le pagine del documento sulla sua posizione processuale.

3. Parimenti destituita di fondamento è la doglianza concernente la inefficacia della misura per il ritardato deposito della motivazione del provvedimento.

4. E’ principio pacifico nella giurisprudenza di questa corte che non sussiste la perdita di efficacia della misura cautelare nel caso in cui la decisione sulla richiesta di riesame, completa di motivazione, sia depositata oltre il termine di dieci giorni, previsto dall’art. 309 c.p.p., comma 10, qualora, entro il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti, il tribunale del riesame abbia deliberato in merito alla richiesta ed abbia depositato il dispositivo mentre la motivazione, in applicazione della norma generale sul procedimento camerale ( art. 128 c.p.p.), può essere depositata nel termine ordinatorio di cinque giorni dalla deliberazione, senza che, peraltro, il mancato rispetto di detto termine influenzi l’efficacia del provvedimento coercitivo, salve eventuali conseguenze, a carico del responsabile del ritardo, di carattere civile, penale o amministrativo. Tanto basta per mettere in evidenza che il ricorrente non trae le esatte conclusioni in ordine alla procedura seguita dal tribunale distrettuale e denuncia un vizio in realtà inesistente.

La palese infondatezza della questione sollevata esime dalla rimessione degli atti alla corte costituzionale, non avendo peraltro il T. individuato alcun profilo di rilevanza concreta della denuncia sulla decisione del suo ricorso.

5. E’ infondato, infine, il motivo relativo alla valutazione della necessità del mantenimento della misura cautelare.

6. Vale sottolineare che il giudice distrettuale ha mantenuto la cautela solo in relazione alla specifica necessità di contenere il concreto pericolo che il T. possa, se riammesso in libertà, nuovamente delinquere ed ha tratto tale convincimento sia dalle modalità e caratteristiche della sua condotta, definita grave per l’elevato numero di reati (oltre 100 reati di falso informatico) commessi in un periodo di tempo di oltre 9 mesi, il che rendeva apprezzabile la pervicacia del suo comportamenti, e la sua qualità al’interno della amministrazione, che gli aveva consentito, in quanto a contatto con il pubblico, di eseguire il lucroso mercinomio.

Ha, poi, sottolineato che le nuove funzioni assegnategli dalla amministrazione pubblica di addetto all’accertamento di sanzioni amministrative non escludevano in radice il pericolo di reiterazione, in considerazione delle sue consolidate relazioni con i colleghi e l’influenza delle sue nuove funzioni sulla riscossione di somme, essendo i suoi accertamenti prodromici alla applicazione di sanzioni.

7. Tanto premesso, va ribadito che "l’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui e stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso rende fatto insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento". 8. Nella specie, il Tribunale del riesame, ha espresso adeguatamente la persistenza delle esigenze di social prevenzione e, quindi, l’esistenza di una prognosi sfavorevole di reiterazione di condotte delittuose per le specifiche modalità dei fatti, essendo tale elemento indicativo con valutarne assolutamente corretta: le specifiche modalità e circostanze del fatto costituiscono invero un elemento fondamentale nella valutazione della personalità del soggetto, conformemente all’indirizzo di questa Corte, secondo cui ben possono fondare il giudizio di pericolosità dell’indagato ai fini dell’adozione di una misura custodiate e della scelta della misura applicabile, costituendo la condotta tenuta in occasione della commissione del reato un elemento diretto assai significativo per interpretare la personalità dell’agente.

9. A tale giudizio, espresso con linearità e senza trascurare alcun aspetto della vicenda, il T. oppone considerazioni in merito alla sua resipiscenza ed alla improbabilità di una ricaduta nel reato, collegate ad elementi di fatto, la cui valutazione è però inibita in questa sede.

10. Il ricorso deve perciò essere rigettato con le conseguenze di legge in tema di condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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