Cons. Stato Sez. V, Sent., 07-07-2011, n. 4040 Rinunzie e transazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comitato regionale di controllo, sezione di Venezia, annullava la delibera n. 533/1986 del Consiglio comunale di Venezia, che aveva riconosciuto al ricorrente, incaricato di mansioni superiori, il trattamento della qualifica temporaneamente ricoperta in via di fatto.

Il T.a.r. del Veneto, con sentenza n. 503/1990 annullava l’ordinanza del Co.re.co. e, in esecuzione di tale sentenza, il Comune attribuiva al ricorrente le somme nominali dovute per la differenza di trattamento economico dal 1° gennaio 1983 al 30 giugno 1986.

Inoltre, il Comune, con deliberazione n. 6536/1990, verificata la disponibilità del ricorrente, stabiliva di rettificare l’inquadramento in pretesa esecuzione dell’art. 40, d.P.R. n. 347/1983, con l’attribuzione della prima qualifica dirigenziale (in luogo dell’VIII livello funzionale) a decorrere dal 1° gennaio 1983 e con la liquidazione delle differenze dovute ma con rinuncia, da parte dell’interessato, alle somme non erogate sulle maggiori retribuzioni, per interessi e rivalutazione monetaria.

A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 127/1997 (c.d. legge "Bassanini"), che, all’art. 6, comma 17, obbligava i Comuni ad annullare, entro tre mesi, gli inquadramenti basati su erronee interpretazioni dei contratti collettivi, il Comune di Venezia, con deliberazione n. 2131/1997, disponeva l’annullamento, con efficacia non retroattiva, dei provvedimenti adottati in modo difforme dalle statuizioni del d.P.R. n. 347/1983 (consistenti nell’inquadramento, effettuato nel 1990, nella qualifica dirigenziale), con salvezza del trattamento economico goduto.

Il ricorrente impugnava tale deliberazione dinanzi al T.a.r. del Veneto.

Inoltre, con altro gravame oggetto del presente appello, lo stesso chiedeva il pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria sugli emolumenti, ai quali, nel 1990, aveva rinunciato in via transattiva, in relazione al suo inquadramento nella prima qualifica dirigenziale.

Il T.a.r. del Veneto, con la sentenza qui appellata, affermava l’insussistenza della pregiudizialità del primo ricorso proposto avverso la deliberazione n. 2131/97, di annullamento dell’inquadramento nella prima qualifica dirigenziale, perché aveva ritenuto che la pretesa al pagamento d’interessi e rivalutazione, oggetto del presente gravame, fosse collegata esclusivamente al credito retributivo, indipendentemente dall’inquadramento conseguito; aveva, quindi, accolto il ricorso, in quanto la rinuncia agli interessi ed alla rivalutazione, effettuata dall’interessato nel 1990, doveva ritenersi invalida perché rientrante nella disciplina, (applicabile al settore del pubblico impiego) di cui all’art. 2113, c.c., contemplante la nullità delle transazioni e delle rinunce aventi ad oggetto la debenza di somme collegate ad un credito retributivo.

Il Comune di Venezia impugnava la sentenza sostenendo, con articolata memoria, la prescrizione del credito e l’infondatezza della domanda dell’interessato.

Quest’ultimo si costituiva in giudizio e resisteva ai motivi d’appello.

Motivi della decisione

Attesa l’infondatezza, nel merito, della domanda proposta dal ricorrente in primo grado, può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari sostenute dal Comune.

La domanda, vòlta ad ottenere somme accessorie sulla retribuzione, dovute per interessi e rivalutazione, aveva trovato accoglimento, da parte del primo giudice, in riferimento all’illegittimità dell’accordo transattivo di cui alla deliberazione del 1990, essendo stato ritenuto irrilevante, ai fini della decisione, l’annullamento disposto nel 1997, dell’inquadramento dell’originario ricorrente nella prima qualifica dirigenziale.

Ritiene, pertanto, il collegio di dover prescindere dall’esame degli effetti di tale annullamento e di poter esaminare preliminarmente, tra i motivi di appello del Comune di Venezia, quello con cui sostiene la legittimità della transazione a suo tempo accettata dall’originario ricorrente.

Il motivo è fondato.

Costituisce costante giurisprudenza di questa sezione il principio secondo cui " il regime di parziale indisponibilità dei diritti del prestatore di lavoro sanciti dall’articolo 2113 del codice civile non vale per i crediti riconosciuti in una sentenza di primo grado. Successivamente all’emissione di un provvedimento giurisdizionale oggetto di appello, l’eventuale rinuncia del privato non concerne più il credito retributivo ma il credito nascente dalla sentenza. In tal caso, l’accordo transattivo con le quali le parti concordino, per un verso, la rinuncia del dipendente a parte dei diritti riconosciuti con la decisione e, per altro verso, la rinuncia al gravame da parte dell’amministrazione deve ritenersi del tutto valido" (cfr. C.S., dec. n. 6359/2000).

Nella fattispecie in esame si verte, ugualmente, su un credito sorto a seguito di un provvedimento non previsto dalla legge o dal contratto collettivo, ma basato su un atto dell’amministrazione annullato dal Co.re.co. e successivamente riconosciuto legittimo da una decisione giurisdizionale (sentenza T.a.r. del Veneto n. 503/1990).

Non sussistono, pertanto, i presupposti per l’applicazione dell’art. 2113, c.c., stante la differenza ontologica tra l’obbligazione indisponibile di cui parla la cit. norma del c.c. e quella qui in discussione, in cui la disponibilità del credito deve ritenersi integralmente rimessa alla volontà delle parti (cfr. C.S.. decc. n. 7830/09, n. 7836/10, n. 1/11 e n. 56/11).

La disponibilità di tali somme, in quanto attinente ad interessi e rivalutazione su crediti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione e da una decisione giudiziaria preclude, quindi, l’applicabilità dell’art. 2113, c.c., perchè il ricorrente poteva liberamente disporre in via transattiva del suo diritto, con la conseguenza che l’atto di rinuncia doveva considerarsi pienamente legittimo e non soggetto ad annullamento.

Avendo il ricorrente in primo grado disposto legittimamente delle somme che gli sarebbero spettate, lo stesso non può, pertanto, pretendere alcunché in ordine al loro mancato pagamento.

Da ciò la fondatezza dell’appello proposto dal Comune di Venezia.

Attesa la peculiarità delle questioni trattate, le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio possono essere compensati, attese anche le alterne vicende processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, accoglie l’appello r.g.n. 3932/2001, riforma l’impugnata sentenza e respinge il ricorso di primo grado.

Spese ed onorari del doppio grado di giudizio compensati.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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