Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-06-2011) 04-07-2011, n. 26076

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9/7/2010 la Corte d’appello di Lecce ha confermato la condanna emessa dal giudice di primo grado nei confronti di D.B.S., C.V., G. A., A.M., Gu.Ra. per il delitto di falsa testimonianza, consumato nel corso del procedimento svolto dinanzi alla Corte d’assise a carico di tale T., poi condannato per omicidio plurimo, e tendente a dimostrare la presenza di questi, il giorno del grave fatto di sangue che quell’autorità stava giudicando, in luogo diverso rispetto alla ricostruzione emergente dalle dichiarazioni di un coimputato collaborante.

2. La difesa di D.B.S. eccepisce con unico motivo violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in riferimento alla ritenuta sussistenza del reato, evidenziando l’assenza di coscienza e volontà del ricorrente di riferire fatti non veritieri, essendosi questi limitato a dichiarare di aver ricostruito l’esecuzione di un acquisto a cura del T. il giorno del crimine sulla base di un’annotazione contenuta nella sua agenda, e non la presenza di un ricordo autonomo, il che non escludeva un errore incolpevole nell’eseguire l’annotazione.

3. La difesa di C.V., G.A. e G. R., con il primo motivo, eccepisce erronea applicazione della legge penale, per aver la sentenza impugnata omesso di accertare la consapevolezza nei ricorrenti della falsità della ricostruzione offerta. In particolare C. e G. si erano limitati a riferire un loro ricordo, ricollegandolo alla visione di una trasmissione sul grave fatto di sangue nel cui processo avevano deposto; l’erronea indicazione dell’orario di tale trasmissione consentiva di concludere sulla falsità del collegamento mnemonico operato, non sulla coscienza della falsità della circostanza fornita, tanto più che, nel corso dell’audizione disposta all’udienza del 21/10/2008 C., aveva posto in dubbio la correttezza del collegamento operato tra la sua presenza in compagnia del T. e la percezione delle immagini sul grave delitto.

Gu. invece aveva attestato lo svolgimento di una battuta di pesca con T. il giorno del grave delitto, ma oltre le 13, orario che risultava essere del tutto indipendente rispetto alla consumazione dei fatti illeciti, verificatisi nelle prime ore del mattino, ed in relazione alle indicazioni fornite non poteva escludersi l’errore involontario.

Si contesta la rilevanza di tali deposizioni a trarre in inganno il giudicante, poichè, come era dato atto nella stessa sentenza impugnata, all’accertamento di responsabilità di T. si era giunti sulla base di corposi accertamenti di fatto.

4. Con il secondo motivo si eccepisce vizio di cui all’art. 606 c.p.p., lett. d) per manifesta illogicità della motivazione sulla pertinenza e rilevanza delle circostanze riferite nella testimonianza, essendosi espressa la Corte sul punto con motivazione assiomatica e non specifica.

5. Con il terzo motivo si eccepisce difetto di motivazione riguardo l’entità della pena e la decisione di non riconoscere le attenuanti generiche, valorizzando elementi in fatto idonei a supportare una diversa determinazione sul punto.

6. Con il quarto motivo si eccepisce violazione dell’art. 157 cod. pen. rilevando la sopraggiunta maturazione del termine massimo di prescrizione e sollecitando i provvedimenti conseguenti.

7. La difesa di A.M. rileva con il primo motivo erronea applicazione della legge penale, osservando che la dichiarazione da questi resa, collocando T. il giorno del delitto, verso mezzogiorno, in luogo diverso da quello indicato dal dichiarante, non assumeva rilievo in quel processo, riguardando una fascia oraria diversa da quella nel corso della quale si era consumato il grave illecito, e quindi doveva valutarsi neutra al fine di sottrarre T. alla responsabilità per la rapina contestatagli.

Il giudice di merito non aveva poi sufficientemente scandagliato le prove di consapevolezza dell’interessato nel fornire le indicazioni che si assumono false, ben potendo questi aver offerto indicazioni imprecise in piena buona fede.

8. Con il secondo motivo si lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere il giudice limitato la giustificazione dell’accertamento del reato sulla pretesa insostenibilità di una diversa lettura dei fatti, senza considerare che, vertendo la deposizione su circostanze non attinenti il momento consumativo del reato, non erano idonee a trarre in inganno il giudice.

Analogo vizio si eccepisce riguardo la mancata concessione delle attenuanti generiche, valorizzando in senso favorevole l’assenza di precedenti a suo carico e lamentando la genericità delle argomentazioni di segno contrario formulate nella sentenza.

Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili. Negli atti introduttivi redatti nell’interesse di tutti gli imputati si contesta la violazione di legge ed il vizio di motivazione della sentenza, riproponendo la tesi dell’inconsapevole riferimento di tutti a ricordi non nitidi, che si sarebbero tradotti nell’erronea indicazione della presenza di T. con loro, invece che sulla scena del grave crimine per cui è stato giudicato, tesi che ha già costituito oggetto dei motivi d’appello, la cui fondatezza è stata ampiamente contrastata nella sentenza impugnata, con specifici richiami di fatto desunti dagli atti del processo; i ricorsi proposti non si confrontano con le deduzioni contenute nel provvedimento impugnato, non superando conseguentemente vizio della genericità.

In realtà l’analisi dei fatti, e l’articolata motivazione della pronuncia impugnata, danno conto, al contrario, della prova di totale consapevolezza della falsità degli elementi che i testi fornirono alla Corte d’assise, ove tutti gli odierni ricorrenti furono escussi quali testi a discarico, chiamati quindi a riferire, in maniera circoscritta, su situazioni che avrebbero prodotto l’incompatibilità della presenza dell’imputato di quel procedimento nelle fasi concomitanti e successive al delitto, circostanza che costituiva il punto chiave della loro escussione in qualità di testimoni.

A parte la situazione paradigmatica di C. che, come si è ricordato in sentenza, oltre a riferire dati falsi, si lanciò in una valutazione personale di estraneità di T. ai fatti di sangue addebitatigli, a dimostrazione della chiara consapevolezza della sua funzione, anche tutti gli altri testimoni, pur avendo prestato l’impegno a riferire tutto quanto a loro conoscenza, espressero circostanze false, attribuendo un’indicazione di particolare credibilità, rilevatasi poi inaffidabile. Infatti ciascuno dei ricorrenti allegò situazioni personali a conforto della bontà del ricordo, al fine di prevenire l’interrogativo ovvio sul motivo di un riferimento così nitido a circostanze risalenti, che potevano non essere rilevanti per la loro ordinarietà, situazioni poi dimostratesi tutte inconsistenti. D.B. collegò il ricordo alla conclusione di un acquisto da parte di T., che egli aveva annotato in un’agenda, che si impegnò a produrre, senza mai onorare tale impegno; sul punto si apprezza tutta l’inconsistenza della tesi difensiva di insussistenza dell’elemento psicologico del reato, per aver egli riferito non il suo ricordo della circostanza, ma quello dell’annotazione, omettendo di valorizzare quanto già sottolineato dal giudice di merito in ordine all’assenza di prova di effettiva esistenza di tale appunto sull’agenda, tutt’ora indimostrata, essendo stata omessa finanche l’allegazione di una prova di esistenza di tale appunto, malgrado lo specifico impegno assunto in tal senso dal teste dopo la sua deposizione.

C. e G. collegarono la presenza di T. alla visione insieme a lui del resoconto del delitto alla televisione, collocando la trasmissione in orario incompatibile con quello in cui andò effettivamente in onda; che quanto riferito fosse stato datato dai testi nella mattina del 6/12 e non per relationem nel giorno di trasmissione del filmato, come oggi sostenuto, si ricava dallo stralcio della deposizione resa da entrambi, riportato in sentenza, rispetto al quale nei ricorsi non è allegato il travisamento del fatto; infatti nei ricorsi ci si limita a richiamare deduzioni generiche, che risultano superate dalla risposta di certezza fornita alla specifica domanda sulla collocazione nel giorno ed all’ora indicata dell’accadimento oggetto della testimonianza formulata dal Presidente a C., e dall’avv. Corvaglia a G..

A. nel riferire il falso ha collocato la sua presenza, unitamente a T., in luogo incompatibile con quanto osservato da un agente di Polizia nel corso di un controllo svolto nello stesso giorno, circostanza che lo ha sonoramente smentito dopo aver prestato la testimonianza, e che non poteva essergli nota; Gu., pur essendo stato richiamato a chiarire il giorno in cui sarebbe andato a pesca con T., reiterò l’indicazione della giornata del delitto, specificando che non potevano esserci equivoci, per effetto dei collegamenti che lui operava al successivo giorno di festa.

A fronte di tali situazioni di fatto, tutte convergenti nel senso di rilevare che, proprio sul punto giustificativo della testimonianza resa, tutti indicarono circostanze false, pur venendo specificamente richiamati a riferire quanto era a loro conoscenza, senza manifestare alcun tentennamento o fornire una prospettazione possibilistica, risulta pretestuoso contestare l’accertamento della coscienza e volontà dell’azione con argomenti generici, che rimandano ad un incolpevole, cattivo ricordo, posto che, al più, tale elemento avrebbe potuto essere posto in dubbio ove fossero state fornite allegazioni idonee a creare, per ciascuno dei testi, ricostruzioni non precise, laddove, in assenza di tali allegazioni, ed in presenza della natura dirimente, e strettamente funzionale agli interessi di T. dei riferimenti forniti e degli specifici richiami alle circostanze offerte da tutti gi odierni ricorrenti nel corso dell’audizione, di cui si è dato analiticamente conto nel provvedimento impugnato, non può che concludersi per la correttezza della ricostruzione del giudice di merito, che ha scandagliato i fatti con valutazione competa, esauriente e priva di interna contraddizione.

Del tutto ininfluente è poi la pretesa inidoneità delle testimonianze ad indurre in inganno il giudicante, in quanto il delitto contestato è reato di pericolo, che si consuma a prescindere dall’effettivo risultato di sviamento dell’accertamento giudiziale conseguito (principio pacifico; per tutte Sez. 6, Sentenza n. 40501 del 26/05/2009, dep. 19/10/2009, imp. Merenda Rv. 244553).

2. Inammissibile, per genericità è il motivo fondato su una pretesa illogicità della motivazione, derivante dall’assenza di pertinenza delle deposizioni rese rispetto ai fatti; in contrario avviso, oltre che richiamare la natura dì pericolo del reato sopra esposta, si osserva che, per di più, l’assunto è del tutto sganciato dalle reali risultanze della sentenza.

Nell’atto è infatti chiarito che il coimputato D.E., le cui dichiarazioni condussero alla condanna definitiva di T. per il grave fatto di sangue verificatosi alle prime ore del mattino del 6/12/1999, aveva ricostruito la giornata precisando di averla trascorsa integralmente insieme a T., essendosi rivelato necessario per i partecipi rimanere nascosti in attesa di un fisiologico allentamento dei controllo di polizia, al fine di impossessarsi definitivamente del bottino della rapina, abbandonato in luogo sicuro subito dopo la consumazione del reato, sicchè anche i riferimenti forniti dai testi riguardo ad orari apparentemente lontani da quello in cui si svolse la rapina, non erano irrilevanti, come è dimostrato dalla circostanza che tali testi a discarico vennero indicati, ed ammessi dalla Corte.

3. Analoghi profili di inammissibilità attingono i motivi formulati sull’omessa individuazione dei criteri di determinazione della pena e sull’esclusione delle attenuanti generiche; il giudice di merito risulta aver esercitato buon governo della sua discrezionalità in proposito, essendo stata valorizzata l’estrema gravita dei fatti, poichè tutti gli odierni ricorrenti risultano essersi prestati a dichiarare il falso in favore di un pericoloso criminale che si era reso responsabile di un triplice omicidio a scopo di rapina, commesso con l’uso di esplosivo, con modalità di estrema violenza e pericolosità, circostanze tutte analitiche e sufficienti, ai sensi dell’art. 133 cod. pen. a giustificare la determinazione della pena nella misura mediana rispetto a quella edittale; analogamente è stata fornita adeguata motivazione del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in favore di coloro che risultano gravati da precedenti, in relazione alle cui condotte si è congruamente richiamata la mancanza di alcun elemento idoneo a permettere una valutazione favorevole.

Si deve ricordare che in argomento la motivazione del giudice di merito si considera esauriente quando valorizza gli elementi giustificativi della sua decisione, non essendo egli tenuto, nell’esercizio dell’attività discrezionale demandatagli, a scandagliare l’irrilevanza degli elementi di segno contrario addotti dalle parti (principi pacifico; per tutte Sez. 2, Sentenza n. 19907 del 19/02/2009, dep. 11/05/2009, imp. Abruzzese Rv. 244880).

Non assume rilevo escludente la qualificazione di censurato attribuita ad A. la circostanza che all’epoca dei fatti egli non fosse gravato da precedenti, poichè, dovendo attagliarsi la pena da irrogare al momento esecutivo, in ragione della sua funzione rieducativa, la valutazione della personalità del reo deve considerare anche il momento più prossimo all’esecuzione, ed assumere a parametro di riferimento il suo stato, per come risulta all’atto della determinazione della sanzione; tale esigenza trova conferma nella chiara previsione dell’art. 133 cod. pen., che individua, quale elemento di fatto rilevante nella determinazione della pena, la condotta successiva al reato; in tal senso il richiamo alla presenza di precedenti non può, per quanto riferito, qualificarsi falso o erroneo o irrilevante.

4. Inammissibile è la richiesta di accertamento della sopraggiunta prescrizione del reato; infatti è del tutto pacifico che la mancata instaurazione di un valido giudizio di impugnazione, accertata con la dichiarazione di inammissibilità dei motivi di ricorso, preclude l’efficacia del decorso del tempo successivo alla pronuncia di secondo grado, al fine di determinare la prescrizione del reato (Sez. U, Sentenza n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, imp.: De Luca, Rv.

217266 e successive conformi).

5. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del grado, nonchè di ciascuno al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata come in dispositivo, ex art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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