T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 07-07-2011, n. 387 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente ha partecipato ad una licitazione privata per l’affidamento in concessione dell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dei locali siti a quota 748 e 752 del padiglione L e della gestione del servizio bar- ristoro e tavola calda dell’ospedale San Carlo, indetto dall’Azienda Ospedaliera intimata. In data 15 ottobre 2002 la Commissione di gara proponeva l’aggiudicazione in favore dell’a.t.i. ricorrente ma non seguivano subito dopo l’approvazione dei verbali di gara e l’aggiudicazione definitiva. Solo a seguito di due solleciti trasmessi dalla ricorrente l’azienda, con nota del 19/12/02, prot. n.790/3416, richiedeva la documentazione a conferma delle dichiarazioni rese in sede di gara e ciò dopo che la commissione, in data 2/12/02, aveva fornito i chiarimenti richiesti dal direttore generale in merito a talune perplessità manifestate sui criteri di valutazione delle offerte dal responsabile del procedimento e dal consulente legale dell’azienda, chiarimenti ritenuti soddisfacenti da questi ultimi il 6 e il 7 dicembre 2002.. Consegnata la documentazione, con deliberazione n.8 del 21/1/03 venivano approvati gli atti di gara e disposto l’affidamento della concessione in favore della ricorrente. Senonchè, in data 10/2/03, l’ATI Touring Coop Basilicata notificava all’azienda e alla controinteressata un ricorso avverso gli atti di gara contenente domanda incidentale cautelare che veniva accolta con decreto presidenziale n.49 del 13/2/03; nella camera di consiglio del 26/2/03, però, il TAR fissava l’udienza di discussione del ricorso senza disporre alcuna misura cautelare. All’udienza dell’8/5/03 il TAR disponeva incombenti istruttori rinviando l’udienza al giorno 6/11/03. L’odierna ricorrente allora, con nota del 27/6/03, ribadiva al direttore generale che, in assenza di sospensiva giurisdizionale nell’ambito del ricorso pendente, la mancata sottoscrizione del contratto e la mancata consegna dei lavori non potevano trovare alcuna giustificazione. Trascorsi ancora tre mesi, con nota direttoriale del 16/9/03, si avviava il procedimento di revoca dell’aggiudicazione e degli atti di gara, dall’indizione all’approvazione finale. Nonostante le controdeduzioni della ricorrente, veniva adottata la revoca oggetto della presente impugnativa, notificata il 5/1/04 e depositata il 16/1/04, basata sui seguenti motivi:

1.violazione dei principi in tema di revoca degli atti amministrativi – eccesso di potere per difetto dei presupposti – illogicità – contraddittorietà – difetto di motivazione – sviamento dall’interesse pubblico – violazione dei principi di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione.

Premesso che l’atto impugnato deve considerarsi vera e propria revoca, si sostiene che dalla stessa non emerge alcuna seria e convincente ragione che la giustifichi, tanto più dopo il lungo tempo passato dall’aggiudicazione, provvisoria e definitiva.. Neppure la stessa sarebbe stata determinata da sopravvenute esigenze di pubblico interesse ma piuttosto da un comportamento negligente dell’amministrazione che a causa di ritardi ad essa sola imputabili, si sarebbe trovata a dover fronteggiare in emergenza esigenze organizzative e logistiche da tempo previste, tentando di porvi rimedio attraverso una soluzione necessitata, improvvisata e provvisoria alla quale solo dopo avrebbe conferito una valutazione positiva in termini di funzionalità e convenienza, addirittura ritenuta maggiore rispetto alla soluzione in precedenza progettata e approvata, in spregio della posizione della ricorrente. Pare in particolare illogica e falsamente rappresentata la circostanza posta all’origine degli eventi che hanno condotto alla revoca e cioè che l’Azienda non avrebbe potuto affidare i lavori all’aggiudicataria in tempo utile a consentire l’ultimazione entro il febbraio 2002, termine coincidente con quello previsto per al consegna delle aree, attualmente occupate dal bar ristoro e tavola calda, all’esecutore dei lavori impresa DEA- Busi Impianti. Tale impossibilità sarebbe conseguenza della proposizione del ricorso dell’ATI T. e l’emanazione del decreto cautelare, ambedue considerate indipendenti dalla volontà dell’azienda ritenute giustificative delle scelte successive. Rileva però il ricorrente sul punto che, essendo fissata la durata dei lavori in 90 giorni, essendo evidente l’impossibilità di ultimazione dei lavori fin dalla fine di novembre, sarebbe evidente che i fatti predetti non possono avere inciso sulla tempestiva mancata consegna dei lavori da imputarsi invece al lungo tempo fatto passare per l’espletamento della gara, bandita il 12 aprile "02 e conclusasi solo il 21/1/03 e soprattutto al colpevole ritardo con cui, solo in quest’ultima data, sarebbe intervenuta l’aggiudicazione definitiva, benché quella provvisoria pendesse già dal precedente 15/10. Oltre a ciò non si comprenderebbe la ragione per cui se, già da fine novembre 02 erano noti i problemi predetti, come mai sia stata deliberata l’aggiudicazione definitiva il 21/1/03 e la successiva richiesta di presentazione della documentazione e le polizze necessarie per la stipulazione del contratto, il trattenimento delle polizze e una serie di successive condotte dell’amministrazione prive di giustificazione. In modo superficiale sarebbe stata ritenuta ottimale una sistemazione provvisoria e abbandonata la soluzione originaria studiata dall’ufficio tecnico. Neppure convincerebbero le considerazioni negative espresse in merito all’offerta di cui al progetto della ricorrente che dovrebbero giustificare il provvedimento di revoca sotto il profilo della scarsa convenienza economica dell’affidamento della concessione all’aggiudicataria. Facendo propri i motivi di ricorso della T. l’Azienda, contraddittoriamente, rimetterebbe in discussione i criteri di gara su cui pure il responsabile del procedimento aveva fugato i dubbi al punto da indurre l’azienda all’aggiudicazione definitiva. Dietro tali circostanze più l’assenza di idonee e concrete ragioni di interesse pubblico capaci di sostenere la revoca della gara, il ricorrente intravede insoddisfazione per l’esito della gara e la volontà di capovolgere l’esito della stessa.

2.Domanda di risarcimento dei danni.

Qualora all’annullamento della revoca non possa far seguito la reintegrazione in forma specifica, si richiede il risarcimento del danno derivanti dall’illegittima revoca commisurata sia al danno emergente e sia al lucro cessante. Quanto al primo, le spese affrontate dall’a.t.i. ricorrente per partecipare; quanto alla seconda voce, l’utile che l’a.t.i. avrebbe percepito per l’intera durata ventennale del contratto.

In subordine, in caso venga ritenuta legittima la disposta revoca degli atti di gara, si chiede la condanna dell’Azienda al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. o da contatto qualificato e ciò alla luce della condotta violativa dei canoni di correttezza e di buona fede alla cui osservanza sarebbe stata tenuta l’azienda. In questo caso il danno risarcibile è circoscritto nei limiti dell’interesse negativo (spese sopportate e perdita di altre occasioni contrattuali favorevoli, così come illustrate in dettaglio in gravame).

Si è costituita l’Azienda Ospedaliera San Carlo, che resiste e chiede il rigetto del gravame.

Non si è costituita T.B.. Con ordinanza collegiale n.182 del 26/5/04 è stata rigettata l’istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza del 12 maggio 2011 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di irricevibilità del ricorso per ritardata notifica sollevata dall’amministrazione sul rilievo che la comunicazione del provvedimento impugnato da parte dell’Azienda sarebbe avvenuta il 5/11/03 a mezzo fax, mentre il ricorso sarebbe stato notificato all’azienda solo il 5 gennaio 2004.

L’eccezione va respinta in quanto, come rilevato dalla difesa del ricorrente, a prescindere dall’idoneità o meno della comunicazione a mezzo fax del provvedimento impugnato, avvenuta effettivamente il 5/11/03, al fine della decorrenza del termine per ricorrere rileva la circostanza che la scadenza del predetto termine (di sessanta giorni), ricadendo il 4 gennaio 2004 e perciò in giorno festivo (domenica), deve essere prorogata, in base alle norme della procedura civile, di diritto, al giorno successivo, che è quello in cui appunto è avvenuta la notifica del gravame.

Ciò chiarito occorre riassumere il nucleo argomentativo del provvedimento impugnato, il cui dispositivo reca la revoca della deliberazione n.298bis del 12/4/02 di approvazione del bando di gara per l’affidamento in concessione dell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dei locali siti a quota 752 e 748 del padiglione L e la gestione del servizio di ristoro e tavola calda e l’annullamento e comunque revoca della delibera n.8 del 21/1/03 di affidamento della concessione all’a.t.i. T.- R. con riserva di indizione di nuova gara per la sola gestione del bar ristoro e tavola calda ubicato nei locali a quota 748 del citato padiglione.

Rileva dunque l’amministrazione che:

posto che la delibera di aggiudicazione è stata impugnata avanti al TAR dall’ATI T. e che il decreto cautelare presidenziale n.49 del 17/2/03 ha sospeso l’aggiudicazione, l’azienda non ha potuto affidare i lavori all’aggiudicataria in tempo utile a consentirne l’ultimazione entro il mese di febbraio 2003 coincidendo tale termine con quello previsto per la consegna delle aree, attualmente occupate dal bar ristoro e tavola calda all’esecutore dei lavori DEA- Busi Impianti s.p.a.;

pertanto, non sarebbe stato possibile trasferire il bar ristoro e tavola calda dall’attuale sede perché ciò avrebbe comportato l’interruzione del relativo servizio, almeno per il periodo necessario all’esecuzione dei lavori del progetto in concessione che, tenuto dei tempi previsti dal capitolato e della pausa di agosto e in considerazione dello stato di avanzamento degli altri cantieri di lavoro nel frattempo in fase di avanzata attuazione nell’ospedale, non avrebbero potuto concludersi, prevedibilmente, prima del novembre 2003;

fin dal mese di maggio del 2003, per far fronte all’emergenza (interruzione del servizio) che si sarebbe determinata con lo sgombero del bar (operazione non più rinviabile alla luce della necessità di avanzamento dei lavori relativi al Dipartimento Emergenza, l’Azienda ha provveduto alla predisposizione di locali idonei al trasferimento provvisorio del bar, la cui prolungata chiusura per i circa sei mesi necessari al completamento e collaudo dei lavori del bar appaltati, avrebbe determinato un ingiustificato grave disagio all’utenza e al personale dell’Azienda;

tali locali, provvisoriamente adibiti a bar ristoro e tavola calda, di fatto ormai preparati e risultati idonei ad una definitiva destinazione a bar ristoro e tavola calda consente pure il recupero dell’intera quota 752 (nell’originario progetto destinata a bar ristoro e tavola calda) per la realizzazione di laboratori di analisi ovvero di ambulatori medici;

il giudizio instaurato dalla T. Coop avverso l’aggiudicazione in favore dell’A.T.I. T. prefigura tempi di definizione incompatibili con le esigenze dell’Azienda di trasferire subito il bar al fine di non sospendere ulteriormente i lavori del D.E.A., con conseguente obbligo risarcitorio nei confronti dell’appaltatore, di non interrompere il servizio bar ristoro e tavola calda, di non consentire l’avvio dei lavori dell’A.T.I. T. con conseguente obbligo risarcitorio nei confronti dell’A.T.I. TouringCoop in caso di accoglimento del gravame e infine di reperire ulteriori spazi per le attività cliniche essendosi determinata tale esigenza nelle more del giudizio in essere;

acquisito il parere legale del consulente dell’Azienda e le osservazioni dell’odierna ricorrente, si riteneva di non condividerle data la "sopravvenienza di un diverso e concreto interesse pubblico alla revisione del progetto originario di affidamento in concessione della costruzione e gestione del bar ristoro tavola calda, interesse quest’ultimo recessivo rispetto a quello prevalente di realizzare da parte dell’Azienda un maggior vantaggio economico- funzionale, attraverso l’affidamento, previa indizione d’una nuova gara, della sola gestione del bar ristoro e tavola calda così come già realizzato e, nel contempo, un risparmio della spesa connessa alla realizzazione del progetto originario, in termini di riduzione del canone che l’aggiudicatario corrisponderà dovendo ammortizzare gli oneri connessi all’esecuzione dei lavori";

i lavori approntati direttamente dall’Azienda per la sistemazione provvisoria del bar sono comunque idonei ad una destinazione definitiva per tale servizio e inoltre in questo modo l’azienda recupererebbe l’intera quota 752 (originariamente destinata a bar nel progetto) utilizzandola così per attività ambulatoriali che risulterebbero connesse con i laboratori di analisi, l’accettazione e il CUP; -per cui la revoca dell’aggiudicazione definitiva e della procedura tutta consentirebbe una nuova gara per la sola gestione del bar ristoro e tavola calda così consentendo all’azienda di introitare subito un canone concessorio alquanto superiore rispetto a quello che sarebbe corrisposto solo dall’undicesimo anno di gestione dall’attuale aggiudicataria ATI TOLLA, dato che l’aggiudicatario non dovrebbe ammortizzare i costi per la costruzione;

infine va aggiunto che il ricorso dell’ati T. pare accoglibile dato che, effettivamente, l’offerta del progetto gestionale dell’a.t.i. T. risulta meno vantaggiosa per via del canone inferiore e del minor valore delle opere da realizzarsi laddove viceversa appunto "corrisponde a miglior vantaggio nonché ad interesse attuale e concreto per l’Azienda rivedere il progetto originario di affidamento della costruzione e gestione………..e, in luogo di esso, affidare la sola gestione del bar ristoro e tavola calda nei locali attualmente già predisposti e modificare la destinazione dei locali medesimi a servizio del bar da provvisoria a definitiva".

Tutto ciò esposto è anzitutto infondato il motivo di gravame mirante a dimostrare l’illegittimità della revoca dell’aggiudicazione definitiva.

Con riguardo allo "ius poenitendi" riconosciuto alla stazione appaltante, si è da tempo affermato che l’Amministrazione conserva il potere di revocare il bando ovvero l’aggiudicazione di un appalto, per sopravvenute ragioni, purché l’atto di autotutela sia adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico alla revoca d’ufficio; la potestà di ritiro si fonda sul principio costituzionale di buon andamento ( art. 97 Cost.) che, com’è noto, impegna l’Amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (cfr. in tal senso, di recente, TAR Puglia, Bari, I, 24/2/2011 n.320 e, inoltre, Cons. Stato, sez. IV, 22 ottobre 2004 n. 6931; Id., sez. V, 20 settembre 2001 n. 4973) e trova ormai positivo riconoscimento nella previsione dell’art. 21quinquies della legge n. 241 del 1990, entrata in vigore sia pure successivamente ai fatti di causa.

Gli unici limiti – perchè la revoca possa ritenersi legittimamente disposta dalla stazione appaltante – sono la presenza di documentate e obiettive esigenze di interesse pubblico opportunamente e debitamente esplicitate, che rendano evidente l’inopportunità o comunque l’inutilità della prosecuzione della gara e ciò anche quando, in assenza di eventi sopravvenuti, la revoca interviene sulla base d’una rinnovata e differente successiva valutazione dei medesimi presupposti, nonché la valutazione dell’affidamento delle parti private destinatarie della revoca tenendo conto del tempo passato dalla sua adozione (cfr. Cons. St., V, 5/9/02 n.4460).

Tali premesse appaiono indispensabili in quanto, nell’esame della fattispecie, il ricorrente, nel primo motivo, ha trascurato di considerare adeguatamente il fondamentale nesso intercorrente fra lo svolgimento dei lavori del D.E.A. (Dipartimento Emergenza) e quelli oggetto dell’appalto revocato, atteso chè i primi interessavano l’area del bar ristoro tavola calda in esercizio, che avrebbe dovuto cessare l’attività in favore della nuova struttura "concessa", per l’esecuzione e la successiva gestione, all’A.T.I. ricorrente, aggiudicataria della relativa gara. L’esigenza di non creare soluzioni di continuità nell’erogazione del servizio del bar ristoro tavola calda obbligava l’amministrazione al rispetto, certo non semplice, di una assoluta sincronicità fra la consegna dell’area D.E.A. alla Busi Impianti (incaricata di quei lavori) e la realizzazione della nuova struttura di ristoro con contestuale avvio della relativa attività da parte dell’A.T.I. T.. E’ vero che lo sgombero dell’area suddetta sarebbe dovuto avvenire entro il febbraio 2003 (dato che i lavori del D.E.A. erano in avanzata fase di realizzazione) ma, ciò nondimeno, l’impresa Busi, stando a quanto esposto dalla difesa dell’amministrazione nella memoria del 26/5/04, non contestata sul punto, a seguito di reiterate richieste dell’azienda ospedaliera (che rappresentava l’impossibilità di trasferimento del bar stante la mancata realizzazione dei lavori per il trasferimento nella nuova sede) tollerava il ritardo della consegna delle suddette aree fino a tutto il mese di agosto del 2003 determinandosi a chiedere il risarcimento dei danni conseguenti al rallentamento dei lavori di cantiere fino all’intimazione finale, rivolta all’azienda, di rendere disponibili le aree predette entro e non oltre il giorno 15/10/03.

Tutto ciò, osserva il collegio, spiega e giustifica il ritardo, rispetto alla scadenza del febbraio 2003 (data prevista per la consegna delle aree occupate dal bar ristoro tavola calda), con cui si sarebbe preso atto dell’impossibilità di assicurare all’aggiudicataria il termine di 90 giorni previsto per l’esecuzione dei lavori con conseguente comunicazione di avvio della procedura di revoca (intervenuto nel settembre del 2003) e fa comprendere la ragione per cui l’amministrazione, ancora nei primi mesi di tale anno, aggiudicava definitivamente la gara all’A.T.I. T. (gennaio) e nel successivo mese di febbraio invitava l’aggiudicataria a presentare la documentazione.

A fronte quindi del mutamento delle circostanze e del nuovo scenario organizzativo venuto a maturazione (certo, anche per responsabilità dell’azienda ospedaliera, come esplicitato più avanti) l’amministrazione si è vista costretta e rivedere l’originaria impostazione progettuale provvedendo direttamente, in una logica dapprima provvisoria e poi divenuta definitiva, ad assicurare, in tempi brevi e quindi compatibili con le più stringenti esigenze sopra illustrate, una sistemazione al bar ristoro in uno spazio più concentrato, cioè esclusivamente a quota 748, in tal modo recuperando l’intera quota 752 (che doveva anch’essa far parte del bar ristoro stando all’iniziale progetto) per le finalità proprie dell’organizzazione ospedaliera (realizzazione di laboratori di analisi o gli ambulatori medici), le quali, ad avviso del collegio, non necessitano di specifica dimostrazione dato che rientrano fra le ordinarie esigenze d’una grande struttura erogatrice di prestazioni sanitarie.

Di qui dunque l’infondatezza del primo motivo.

Deve invece essere accolta la domanda di risarcimento del danno sotto il profilo della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., sicuramente ravvisabile nella condotta tenuta dall’Azienda.

A tal proposito, è "ius receptum" (cfr. fra le recenti cfr. TAR Puglia, Bari, I, 24/2/11 n.320) il principio secondo cui la legittimità dell’atto di revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto non elimina il profilo relativo alla valutazione del comportamento dell’Amministrazione, con riguardo al rispetto dei canoni di buona fede e correttezza (da intendersi in senso oggettivo), nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica preordinato alla selezione del contraente. Neppure l’espressa previsione nell’art. 21quinquies della legge n. 241 del 1990 dell’obbligo di indennizzare il privato, per eventuali pregiudizi subiti in conseguenza della revoca, fa venir meno la possibile responsabilità della stazione appaltante per violazione dell’obbligo di buona fede nelle trattative che conducono alla conclusione del contratto di appalto.

Non costituisce ostacolo al riconoscimento della responsabilità precontrattuale dell’ente la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di revoca, poiché, per quello che ora si dirà, l’elusione delle aspettative dell’a.t.i. ricorrente è colposa e contraria ai canoni di correttezza e buona fede nella formazione del contratto. La responsabilità precontrattuale per la revoca della gara può infatti sempre ritenersi configurabile, quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell’impresa (in tal senso la più recente giurisprudenza amministrativa: Cons. Stato, Ad. plen., 5 settembre 2005 n. 6; Id., sez. V, 30 novembre 2007 n. 6137; Id., sez. V, 8 ottobre 2008, n. 4947; Id. sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245; TAR Campania, Napoli, sez. I, 8 febbraio 2006 n. 1794; TAR Lazio, sez. IIquater, 2 aprile 2010 n. 5621; TAR Puglia, Bari, sez. I, 14 settembre 2010 n. 3459).

Come si diceva, nella fattispecie, ad avviso del Collegio, la scansione temporale della procedura d’evidenza pubblica già da sola evidenzia l’inosservanza dei valori posti alla base della diligente condotta precontrattuale richiesta dall’ordinamento. L’aggiudicazione provvisoria in favore dell’A.T.I. istante veniva adottata in data 15/10/02, ma soltanto con atto del 21/1/03 (dopo oltre tre mesi) l’esito della selezione veniva approvato e si adottava l’aggiudicazione definitiva, cui faceva seguito, in data 3/2/03, la richiesta di documenti all’A.T.I. ai fini della stipula del contratto. Ora, dalla corrispondenza intercorsa fra il Responsabile dell’ufficio tecnico, il direttore generale, il consulente legale e la commissione (cfr. documenti da n.6 a n. 13 allegati al ricorso) si evince che questi tre mesi e più di tempo sono andati perduti per effetto delle perplessità maturate da parte dei citati responsabili dell’Azienda ospedaliera intorno all’esito della gara e, in particolare, dell’offerta dell’A.T.I. istante risultata vincitrice, non ritenuta del tutto soddisfacente. Perplessità, per esser più precisi, inerenti le scelte della commissione e le modalità di valutazione da questa seguite, la conseguente perdita d’una "apprezzabile" variante progettuale offerta dall’altra A.T.I. partecipante (che successivamente ha inoltrato ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva della gara in favore dell’A.T.I. T.), la convenienza o meno della proposta gestionale del bar ristorotavola calda risultata vincitrice e così via. Da tali perplessità è poi scaturita, come anzidetto, la richiesta consulenza legale, che opportunamente evidenziava ai responsabili dell’Azienda, fra le ragioni dell’esito della selezione, il coinvolgimento della stessa disciplina di gara. Infine, venivano chiesti alla commissione esaminatrice chiarimenti in ordine al proprio operato in sede di valutazione delle offerte; gli stessi, una volta resi, venivano ritenuti dal citato consulente tali da far escludere vizi di legittimità inficianti l’azione della commissione.

E’ dunque evidente che quando, come nella fattispecie, incertezze, ripensamenti, ricerca di spiegazioni attorno a modalità di espletamento ed esiti della selezione ritenuti insoddisfacenti rispetto alle attese con successiva messa in discussione delle regole di gara (di cui peraltro l’Azienda si era liberamente dotata), imputabili ad uno dei contraenti, si protraggano sterilmente in tal modo quanto meno concorrendo a determinare il fallimento della fase precontrattuale e, in senso ampio, delle cd trattative, così precostituendo in una certa misura le basi della mancata stipula del contratto, ben difficilmente può dirsi rispettato l’obbligo giuridico sancito dall’art. 1337 c.c. di comportarsi secondo buona fede nella fase predetta, con conseguente violazione del dovere di lealtà e correttezza lesivi dell’affidamento della controparte (che, nel frattempo, vanamente sollecitava l’amministrazione a pervenire alla stipula del contratto).

Sussiste perciò la responsabilità precontrattuale dell’Azienda Ospedaliera, la quale, pur avendo adottato una legittima determinazione di revoca della gara, ha tenuto un contegno complessivamente contrario ai canoni della buona fede e correttezza, ingenerando nel raggruppamento aggiudicatario un affidamento, la cui violazione ha determinato un danno che è meritevole di adeguato ristoro.

Ai fini della commisurazione del danno risarcibile, deve aversi riguardo al solo interesse negativo, ossia alle spese effettivamente sostenute in vista della conclusione dell’affare (danno emergente) ed alle occasioni contrattuali perse per aver confidato nell’impegno assunto (lucro cessante), mentre resta escluso il risarcimento dell’utile che si sarebbe conseguito con l’esecuzione del contratto (cfr., tra molte, Cons Stato, sez.. V, 10 novembre 2008 n. 5574; Id., sez. IV, 4 ottobre 2007 n. 5179; TAR Puglia, Bari, sez. I, 16 febbraio 2008 n. 249).

Nella fattispecie, quali occasioni contrattuali perdute, per le quali si invoca la cd. perdita di chance, l’istante indica due procedure selettive, una indetta dal Comune di Canosa di Puglia del 7/4/03 di appalto del servizio di refezione scolastica nelle scuole materne ed elementari e la seconda indetta dal Comune di Altamura in data 16/10/03, sempre relativa alla gestione della mensa delle scuole materne statali: per ambedue si indicano pure gli importi annuali a base d’asta. Su questo punto la domanda va respinta dato che la ricorrente non fornisce prova né dell’esistenza né dell’avvenuto svolgimento di dette procedure di gara con la indicazione di elementi necessari per il riconoscimento e la eventuale liquidazione del danno, quale per esempio il numero dei partecipanti ammessi e la consistenza tecnico- economica delle offerte scrutinate.

Quanto invece alle spese inutilmente sopportate per la partecipazione alla gara, il Collegio, sulla base della documentazione depositata dalla ricorrente in data 4/2/04, riconosce le seguenti:

polizza fideiussoria n.045678544 del 16/7/03 emessa dalla R.A.S. di Potenza per la partecipazione alla gara: euro 80,00;

polizza fideiussoria n.27925743 del 28/3/03 emessa dalla Assicuratrice Edile di Potenza per la cauzione definitiva dei lavori (in vista della stipula del contratto): euro 145,00;

polizza fideiussoria n.1530003333507022 del 28/3/03 emessa dalla Assicuratrice Edile di Potenza per la copertura di danni alle opere eseguite (per stipula contratto): euro 1.560,00;

spese di costituzione dell’A.T.I.: fattura n.133 del 2/4/03 del Notaio Gatti di Potenza di euro 430,00;

spese di elaborazione d’una proposta progettuale e di una proposta economico- gestionale per la partecipazione al bando di gara in questione: fattura n.3 del 31/5/03 emessa dalla Cooperativa sociale Solidarietà Integra di Pietragalla quale " I° acconto compenso 10% dell’investimento": euro 108.230,03.

Di conseguenza, la restante somma di euro 254.392,08 euro asseritamente sopportata sempre per le citate spese della progettazione commessa alla cooperativa Solidarietà Integra, in quanto priva di analoga prova dell’avvenuto pagamento, non può essere riconosciuta. Stessa sorte spetta alle contemplate spese di progettazione delle opere edili e impianti vari, assertivamente ammontanti ad euro 71.601,86, in quanto anch’esse prive di prova certa dell’avvenuta sopportazione del costo.

Sul totale delle spese predette vanno riconosciuti la rivalutazione monetaria e gli interessi compensativi, nonostante l’assenza di specifica domanda sul punto. (cfr. Cass. Civ., sez. III, 13 febbraio 1982 n. 894; Id., 26 febbraio 2004 n. 3871).

Il credito derivante da responsabilità extracontrattuale (cui è riconducibile la responsabilità precontrattuale, secondo la tesi preferibile) ha, infatti, natura di credito di valore, con la conseguenza che esso va anche maggiorato della rivalutazione monetaria, che deve ritenersi compresa nello originario petitum della domanda risarcitoria, con decorrenza dalla maturazione del diritto. La rivalutazione va quindi calcolata dalla data dell’aggiudicazione fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, sulla base degli indici ISTAT dei prezzi al consumo (non avendo la ricorrente provato il maggior danno da svalutazione).

Quanto agli interessi, è noto che nell’obbligazione risarcitoria da fatto illecito è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del danno da ritardo conseguente alla mancata disponibilità per impieghi remunerativi della somma di denaro in cui il debito viene liquidato, da corrispondersi mediante interessi compensativi.

A giudizio del Collegio, tenendo conto degli indici di svalutazione e del tasso medio di remuneratività del denaro nel periodo rilevante, il criterio equitativamente preferibile è quello di calcolare gli interessi legali sull’importo non attualizzato dalla data dell’aggiudicazione alla pubblicazione della sentenza, e successivamente a quest’ultima data, sull’importo attualizzato e fino al dì del saldo (secondo il criterio adottato su fattispecie identica da Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2007 n. 5179).

Quanto alle spese di giudizio il collegio, alla luce dell’esito parzialmente favorevole al ricorrente della causa in esame, reputa giusto disporne l’integrale compensazione.

Il Collegio manda inoltre alla Segretaria di trasmettere copia della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei Conti della Basilicata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– rigetta la domanda impugnatoria di annullamento del provvedimento impugnato e la domanda risarcitoria ad essa connessa;

– accoglie la domanda risarcitoria subordinata e, per l’effetto, condanna l’amministrazione resistente al risarcimento dei danni nei sensi e limiti di cui in motivazione;

– compensa le spese di giudizio;

– manda alla Segreteria Giurisdizionale la trasmissione della presente sentenza alla Procura Regionale della Corte dei Conti della Basilicata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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