Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-06-2011) 04-07-2011, n. 26069

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di S.A. propone ricorso avverso la sentenza del 31/3/2010 della Corte d’appello di Genova, che in parziale riforma della sentenza di primo grado, ed accogliendo l’appello proposto dal P.m. e dalla parte civile, lo ha condannato per i reati di calunnia, appropriazione indebita minacce e percosse.

La vicenda riguarda la gestione di un’associazione di ambulanti, nell’ambito della quale l’odierno imputato, carabiniere, si era fatto carico del ritiro del saldo della quota associativa, che si assume mai versata nelle mani del Presidente, con il quale erano insorti per questo contrasti che avevano condotto alle ulteriori imputazioni.

Si assume con il primo motivo di ricorso violazione di legge e vizio di motivazione, richiamando le norme procedurali dettate in materia di valutazione degli indizi, che si ritengono non correttamente applicate, nonchè la valutazione del Tribunale che aveva ritenuto, sulla base degli stessi elementi, di non poter giungere ad una affermazione di responsabilità.

In particolare si lamenta omessa valutazione di credibilità intrinseca di M., per il suo interesse alle accuse a carico di S., che dovevano precedere la ricerca di riscontri, e per valutare la quale non era stato tenuto nel debito conto la mancanza di un conto corrente intestato all’associazione, alla quale il M. aveva sempre manifestato la sua contrarietà.

Si rileva che la segretaria dell’associazione aveva riferito solo quanto appreso de relato da M. e dagli ambulanti interessati ad accreditarsi come adempienti, ed anche le dichiarazioni dirette di questi ultimi non risultavano risolutive per l’interesse da questi manifestato.

2. Con il secondo motivo si lamenta mancanza di motivazione riguardo il gravame relativo all’imputazione di truffa, in relazione la quale nulla era stato argomentato dal giudice territoriale.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile. Come è evidente dalla narrativa il ricorrente, pur formalmente sollevando rilievi attinenti alla completezza e coerenza della motivazione, prescinde dal merito degli argomenti esposti nella pronuncia, fondando la prospettata contraddittorietà della motivazione sul mancato accoglimento delle tesi difensive.

E’ bene infatti ricordare che il denunciato vizio deve emergere dal contenuto del medesimo atto, o da specifiche risultanze di segno opposto a quanto valorizzato nel provvedimento, che il ricorrente è tenuto specificamente individuare (Sez. 6, Sentenza n. 45036 del 02/12/2010, dep. 22/12/2010, imp. Damiano, Rv. 249035), laddove nella specie, questi si limita ad esporre la propria versione dei fatti, sollecitando un terzo giudizio di merito, inammissibile in questa sede.

In particolare, del tutto fuori luogo è l’evocazione della violazione delle norme in materia di valutazione di indizi, poichè nella specie si è fondato l’accertamento di responsabilità non solo sulle testimonianza, rese da terzi non interessati, quale la segretaria dell’associazione, che non ha mai neppure potenzialmente rivestito la qualità di indagata, che ha riferito sull’effettivo versamento da parte degli obbligati delle somme che S. doveva raccogliere e del suo comportamento sfuggente, successivo a tale raccolta, e volto a non versare quanto dovuto, ma anche su significativi elementi di fatto di conferma, quale l’accertamento del costante versamento di denaro contante eseguito da S. sul suo conto, rimasto privo di differente causale, che può ricollegarsi alla percezione delle somme che si ritengono acquisite dagli obbligati, per cui era stato delegato.

L’impugnazione risulta quindi volta a sollecitare una diversa valutazione dell’attendibilità dei testi che, ove non posta in crisi da specifici elementi di fatto emergenti dagli atti, l’interessato è tenuto a indicare, o da contraddizioni emergenti dal medesimo provvedimento, non può trovare ingresso in questa fase di legittimità. 2. Inammissibile è anche il motivo con il quale si lamenta l’omessa motivazione da parte della Corte sull’impugnazione relativa al capo e) dell’imputazione, riguardante un episodio di truffa, reato di cui si contestava la sussistenza; sul punto vi è stata una pronuncia di conferma della sentenza di primo grado, che risulta sufficientemente giustificata, alla luce dell’inconsistenza del relativo motivo di gravame.

Nell’impugnazione, non negandosi la falsa prospettazione esposta alle parti lese al fine di incassare del denaro, l’appellante si limitava a valorizzare le risultanze della prova sulla diversa destinazione data alle somme percepite, in epoca successiva all’impossessamento, somme che si assumono spese nell’interesse dell’associazione cui aderivano le parti lese. Pur ipotizzando la sufficienza delle prove sul punto, risulta evidente che, non essendo negato nell’impugnazione il diverso titolo per il quale era stato sollecitato ed ottenuto il versamento, tale successiva vicenda non sarebbe idonea ad escludere la ricorrenza degli elementi costitutivi del reato contestato nel capo in esame, costituendo un post fatto, sicchè le circostanze richiamate nell’atto di impugnazione non erano idonee a fondare la pronuncia assolutoria sollecitata sul punto.

Per i motivi esposti deve valutarsi l’inammissibilità dell’impugnazione anche su tale capo della sentenza, in ragione della sufficienza della motivazione della pronuncia di secondo grado sul punto, valutata in relazione ai motivi di gravame proposti.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado e di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata come in dispositivo, ex art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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