T.A.R. Campania Napoli Sez. I, Sent., 07-07-2011, n. 3624 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente, riammessa in gara in virtù della decisione resa da questa Sezione (sent. n. 1551 del 2011) impugna gli esiti della gara indetta dall’Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale – Napoli per l’affidamento annuale del servizio di pulizia e sanificazione degli edifici di sua proprietà, espletata con il sistema dell’offerta più vantaggiosa. Essa infatti, pur collocata in posizione idonea in graduatoria, non ha superato il vaglio del giudizio di anomalia della propria offerta.

Con le censure avanzate in ricorso deduce la violazione degli articoli 86, 87 e 88 del codice degli appalti, incompetenza della commissione di gara, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria.

A giudizio della società ricorrente, i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi perché l’amministrazione, tra l’altro, avrebbe escluso la propria offerta nonostante le giustificazione fornite in merito alle voci di costo inferiori ai parametri di riferimento.

Si è costituita la stazione appaltante, che conclude per la reiezione del ricorso. All’udienza di discussione del 22 giugno 2011 la causa è trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

Privo di pregio è il primo motivo di ricorso originario, col quale viene lamentata l’incompetenza della commissione giudicatrice in ordine alla verifica dell’anomalia dell’offerta, che avrebbe dovuto essere effettuata dalla stazione appaltante per il tramite del r.u.p.

In base all’orientamento giurisprudenziale prevalente (cfr., fra l’altro, TAR Napoli, Sez. VIII, n. 16568 del 2010), dal quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, una simile valutazione è compito che spetta alla commissione giudicatrice, e non ad un ufficio dell’amministrazione, anche se tale ufficio risulta competente nel settore cui attiene l’oggetto della gara. L’ufficio può, infatti, esprimere pareri di ordine tecnico, ragguagli ed altri elementi utili all’apprezzamento delle offerte, ma non può esprimere il giudizio definitivo sulla congruità delle offerte, rimesso ad un’apposita commissione (in questi termini, Cons. Stato, sez. V, 13 maggio 2002, n. 2579; 3 marzo 2003, n. 1181; 5 luglio 2006, n. 4267; TAR Liguria, Genova, sez. I, 22 luglio 2005, n. 1081; TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 23 dicembre 2005, n. 2441; TAR Lazio, Latina, 19 gennaio 2007, n. 45).

In senso contrario a quanto assunto da parte ricorrente, la commissione giudicatrice può, cioè, essere coadiuvata da un ufficio dell’amministrazione e da un apposito staff tecnico, per la fase di verifica di anomalia delle offerte, ma è necessario, ai fini della legittimità delle successive determinazioni, che l’attività di ufficio o di staff si connoti per il suo carattere istruttorio, preparatorio e meramente strumentale, senza risolversi in valutazioni tecnicodiscrezionali in cui manchi il necessario momento di "riappropriazionè dell’esercizio della competenza ad opera dell’organo cui la stessa indefettibilmente spetta (Cons. Stato, sez. IV, 17 febbraio 2004, n. 631; TAR Puglia, Bari, sez. l, 5 aprile 2004, n. 1726; TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 23 dicembre 2005, n. 2441).

D’altronde, posto che la verifica in parola costituisce un subprocedimento del procedimento di gara, in linea di principio è proprio alla commissione giudicatrice che tale compito deve – in difetto di previsioni di segno contrario – reputarsi attribuito: se, infatti, la funzione dell’organo tecnico di valutazione è quella di individuare l’impresa che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa ai fini dell’aggiudicazione alla stessa della gara, la verifica dell’anomalia dell’offerta – che è operazione propedeutica e strumentale all’aggiudicazione – non può non rientrare nella sua competenza (cfr. TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 7 maggio 2007, n. 450).

A sostegno di tale conclusione si rileva che la commissione giudicatrice è un organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante (Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 560), e non una figura organizzativa autonoma e distinta rispetto ad essa (Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 1997, n. 358), tant’è che la sua attività acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita dall’amministrazione. In particolare, essa, in quanto organo di natura essenzialmente tecnica, ed essendo investita dello specifico compito di esaminare e valutare le offerte presentate dai concorrenti, allo scopo di individuare il miglior concorrente possibile, svolge, nell’interesse della stazione appaltante, una funzione preparatoria e servente, che culmina nell’aggiudicazione provvisoria. In tale specifica fase procedimentale si colloca il subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta che, incentrandosi su valutazioni di natura tecnicodiscrezionale, è logicamente effettuato proprio dalla commissione, spettando poi all’amministrazione aggiudicatrice il potere di valutare e decidere se approvare o meno gli atti della commissione e di provvedere, quindi, all’aggiudicazione definitiva (cfr. TAR Marche, Ancona, 16 giugno 2003, n. 605; TAR Puglia, Bari, sez. I, 7 gennaio 2004, n. 5).

In questo senso depone il tenore dell’art. 88, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006, che attribuisce alla stazione appaltante, se del caso mediante una commissione costituita secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al precedente art. 5, il compito di esaminare gli elementi costitutivi dell’offerta tenendo conto delle giustificazioni fornite. E la giurisprudenza ha, in merito, precisato che la commissione tecnica di cui all’art. 88, comma 3, cit. può ben coincidere con la commissione giudicatrice, laddove questa sia già costituita ed operante (cfr. TAR Lazio, Latina, 19 gennaio 2007, n. 45; Roma, sez. III quater, 13 febbraio 2008, n. 1264; Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 7 maggio 2007, n. 450; TAR Campania, Napoli, sez. II, 31 maggio 2007, n. 5891); il che si verifica allorquando le operazioni di gara non siano totalmente esaurite.

Invero, in difetto di una disposizione normativa oppure di una espressa previsione della lex specialis di gara che disponga in senso contrario, la questione va risolta in base ai principi generali che regolano i compiti della commissione giudicatrice, come recepiti e precisati dalla giurisprudenza.

Al riguardo, si è chiarito che il discrimen tra la competenza della commissione giudicatrice e quella degli organi ordinari dell’amministrazione appaltante è segnato dalla formale chiusura della gara pubblica e che, pertanto, prima di tale momento, è il suddetto organo temporaneo e straordinario a dover provvedere a tutti gli adempimenti necessari, ivi compresa la verifica delle offerte sospette di anomalia (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661; Cons. giust. amm. sic., sez. giur., 6 settembre 2000, n. 413; TAR Campania, Napoli, sez. II, 31 maggio 2007, n. 5891).

Ebbene, il momento della formale chiusura della gara è identificabile in quello in cui la stazione appaltante, appropriandosi degli atti posti in essere, ne suggella gli esiti con l’approvazione e con l’aggiudicazione definitiva (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. l, 5 aprile 2002, n. 1883).

Fino a quel momento, non vi sarebbe stata ragione di negare alla commissione giudicatrice designata dall’Istituto Pascale resistente, in possesso delle necessarie cognizioni tecniche, di verificare la congruità delle offerte economiche già scrutinate.

Con altro ordine di censure la ricorrente contesta la valutazione, conclusasi in senso sfavorevole, circa la serietà e la sostenibilità economica del corrispettivo offerto.

Vale premettere che nella valutazione della congruità delle offerte presentate nelle procedure di affidamento di servizi devono considerarsi anormalmente basse le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle apposite tabelle, periodicamente predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva e dalle norme in materia, i quali costituiscono non parametri inderogabili, ma indici del giudizio di adeguatezza dell’offerta, con la conseguenza che è ammissibile l’offerta che da essi si discosti, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori così come stabilito in sede di contrattazione collettiva (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 02 marzo 2006 n. 1598).

Ed invero la tabella ministeriale non assume valore di parametro assoluto ed inderogabile ma, in particolare nella sezione relativa alle ore medie annue non lavorate, svolge una funzione indicativa ben suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali svolte dall’offerente che, evidenziando una particolare organizzazione aziendale, rimettono alla stazione appaltante la valutazione della congruità e dell’affidabilità dell’offerta…" (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 28 settembre 2007, n. 1765).

I valori previsti dalle apposite tabelle ministeriali relative al costo del lavoro negli appalti di servizi, dunque, non fissano criteri rigidi e perentori, tali da dar luogo, nel caso di mancato rispetto, all’esclusione automatica dell’offerta, dovendo per contro, in caso di sensibile scostamento, la stazione appaltante disporre la verifica delle anomalie ai sensi dell’art. 86 del d.lgs. n. 163 del 2006, in linea con il principio a codificato dall’art. 55 della direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE – secondo cui i concorrenti devono avere la possibilità di dimostrare in concreto qualunque circostanza (di diritto e di fatto) che permetta la riduzione dei costi.

Da’altra parte lo stesso d.m. Lavoro 16 giugno 2005 precisa all’art. 2 che il costo del lavoro è suscettibile di oscillazioni in relazione ai benefici contributivi e fiscali di cui l’impresa può usufruire (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 23 luglio 2007, n. 632).

Nel caso di specie, risulta dalla documentazione allegata che l’amministrazione, lungi dall’escludere immediatamente l’impresa ricorrente, ha richiesto a quest’ultima giustificazioni in ordine all’offerta presentata, con particolare riferimento all’indicazione del costo per la manodopera (che, come è noto, per tali tipologia di servizi costituisce la voce di costo preponderante).

La concorrente ha di fatti indicato, in sede di relazione tecnica, un monte ore pari a 168.156 (ottenendo un punteggio relativo alla corrispettiva voce di valutazione dell’offerta tecnica), mentre nelle giustificazioni ha indicato il diverso monte ore pari a 116.256, significativamente inferiore al primo valore indicato.

In sede di contraddittorio la ricorrente ha chiarito che nell’offerta tecnica è stato indicato il monte ore complessivo lordo, mentre nell’offerta economica si è tenuto conto delle cd. ore annue mediamente lavorate.

Anche a voler applicare il differenziale addotto a base della discrasia rilevata, la commissione ha osservato che mediante l’utilizzo dei valori indicati nella tabella ministeriale il monte ore effettivo sarebbe dovuto essere pari a 127.327, comunque superiore al valore di 116.256 indicato dalla ditta.

Secondo l’assunto del ricorrente l’economia dell’offerta rispetto ai valori della tabella ministeriale si spiega con riferimento al miglior utilizzo del proprio personale che, sulla base di una statistica interna, è in grado di offrine un numero di ore lavorate superiore a quelle indicate in tabella.

Con riferimento all’accertato scostamento dalle tabelle ministeriali recanti il costo della manodopera, se è pacifico che queste, per alcune voci, espongono dati non inderogabili, è altrettanto pacifico che alle medesime è assegnata la funzione di parametro legale (art. 86, comma 3 bis, di lgs. n. 1632006, codice dei contratti pubblici).

Ciò comporta che lo scostamento dalle voci di costo che nelle tabelle ministeriali risultano derogabili in tanto può esser accettato, in quanto risulti puntualmente giustificato. Ed una tale dimostrazione deve essere particolarmente rigorosa con riferimento alle cd. ore annue mediamente lavorate dal personale poiché tale dato coinvolge eventi (malattie, infortuni, maternità) che non rientrano nella disponibilità dell’impresa e che quindi, per definizione, postulano stime particolarmente prudenziali. La conseguenza è che l’offerta la quale si proponga di far conto su un numero di assenze del personale minori rispetto a quelle assunte a livello statistico e su un campione certamente rappresentativo dalle tabelle ministeriali, per essere accettata come plausibile, deve essere accompagnata da significativi ed univoci dati probatori, i quali, al di là di generiche affermazioni, sono invece mancati nella fattispecie considerata (cfr. C.d.S. 1451 del 2009).

Peraltro tale discrasia, già di per sé suscettibile di sostenere il giudizio di anomalia, si combina con altre condizioni economiche rappresentate in modo apodittico o carente (costi della sicurezza, spese generali, utile di impresa, prodotti e macchiari), che corroborano la globale valutazione di inaffidabilità, analiticamente descritta nei verbali del 26 e 31 maggio del 2010.

Pertanto, nel caso di specie il giudizio di congruità dell’offerta svolto dalla commissione appare corretto, tenuto anche conto che la valutazione non esprime soltanto un apprezzamento sulla generica capienza dell’offerta, ma anche della sua serietà.

La delicatezza della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Guida, Presidente

Fabio Donadono, Consigliere

Michele Buonauro, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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