Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-03-2011) 04-07-2011, n. 26094 Abuso di ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 26 novembre 2010, il Tribunale di Campobasso, adito ex art. 322-bis cod. proc. pen., confermava l’ordinanza in data 7 ottobre 2010 con la quale il medesimo Tribunale aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo dell’immobile sito in agro del Comune di Saliceto di proprietà della Fondazione Paola Pavone, di cui era legale rappresentante D.T. O., condannato con sentenza in data 18 giugno 2010 dal Tribunale di Campobasso in quanto responsabile del reato di cui all’art. 323 cod. pen..

2. In detta ordinanza il Tribunale osservava che alla restituzione del bene ostava il disposto dell’art. 335-bis cod. pen., che prevede la confisca obbligatoria nel caso di condanna per i reati contemplati dallo stesso capo del codice penale anche nelle ipotesi di cui all’art. 240 c.p., comma 1. 3. Ricorre per cassazione il D.T., nella qualità di legale rappresentante della Fondazione Paola Pavone, a mezzo del difensore, avv. Renato Potente.

3.1. Con un primo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di un nesso di pertinenza tra l’immobile e il reato, necessario per la confisca ex art. 240 c.p., comma 1, richiamato dall’art. 335-bis c.p.; osservando inoltre che tale ultima disposizione non può comunque riguardare beni che, come nella specie, appartenevano a soggetti estranei al reato.

3.2. Con un secondo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione della ordinanza nel punto in cui in essa si afferma che ostava al dissequestro del bene la prospettiva di una sua futura confisca, considerato che tale provvedimento non avrebbe più potuto essere comunque adottato, dato che la pronuncia di condanna in primo grado, non impugnata dal pubblico ministero, non aveva disposto la confisca.

Motivi della decisione

1. Il secondo motivo di ricorso, che, richiamando una pronuncia di questa Corte (Sez. 6, n. 7507, del 04/02/2009, Iorgu, Rv. 242929), fa leva sulla mancata disposizione della confisca da parte del giudice del merito (sentenza del Tribunale di Campobasso del 18 giugno 2010), appare infondato, sia perchè con questa decisione non si è esclusa l’adottabilità della confisca, ma si è solo omesso di pronunciare sulla sorte del bene in sequestro, sia, soprattutto, perchè la riferita decisione riguarda un diverso soggetto, e cioè il D. T. quale imputato e non lo stesso quale legale rappresentante della fondazione Paola Pavone, cui appartiene il bene.

2. Il secondo motivo di ricorso, circa l’omessa motivazione sulla pertinenza tra l’immobile e il reato, è invece fondato.

Nella ordinanza impugnata, il Tribunale, richiamando la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 3901, del 03/12/2009, Quisisano, Rv. 246020), osserva che la confisca prevista dall’art. 335-bis cod. proc. pen., in quanto obbligatoria, opera anche nei confronti degli aventi diritto estranei al reato.

Tuttavia, perchè sia disposta la confisca, è necessario che la cosa presenti un nesso con il reato ipotizzato (nella specie, abuso di ufficio); punto sul quale, benchè toccato dall’appello proposto dall’interessato, l’ordinanza impugnata, al pari di quella di prima istanza, appellata in via cautelare, pur dandone atto, non spende parola.

Ciò in quanto l’art. 240 cod. pen., richiamato dall’art. 335-bis c.p., individua dei precisi collegamenti tra le cosa da assoggettare a confisca e il reato, ulteriormente delimitandoli (comma 3) quando la cosa appartenga a persona estranea al reato; nessi che, come detto, non risultano essere stati in alcun modo evidenziati.

3. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata, con rinvio, per nuovo esame sul punto sopra evidenziato, al Tribunale di Campobasso.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Campobasso.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2011

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