Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-03-2011) 04-07-2011, n. 26060Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 5 dicembre 2008, la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza in data 3 maggio 2005 del Tribunale di Reggio Emilia, appellata, tra l’altro, da G.R., condannato alla pena di mesi otto di reclusione, in quanto responsabile, in concorso con la sorella G.C., poi deceduta, del reato continuato di cui agli artt. 110 e 337 cod. pen. (capo A: perchè si opponeva con violenza e minaccia a personale dei Carabinieri del NORM di Reggio Emilia e della Stazione di Albinea che stavano procedendo a una perquisizione locale e personale in esecuzione a decreto dell’a.g.) e artt. 110, 582, 585 e 576 c.p., in relazione all’art. 61 c.p., comma 1, n. 10 (capo B: perchè, al fine di eseguire il precedente reato, procurava al Ten. A.E., al M.llo M.M. e al M.llo N.B. lesioni personali);

fatti accertati in Reggio Emilia il 24 gennaio 2000.

Con la medesima sentenza venivano inoltre confermate le statuizioni civili a favore delle parti civile costituite.

2. La Corte di appello, rilevava che la condotta contestata doveva ritenersi ampiamente provata sulla base delle concordi deposizioni delle persone offese, che in occasione del fatto stavano legittimamente eseguendo nella abitazione dell’imputato e della sorella una perquisizione disposta dall’a.g., nonchè dai referti medici acquisiti.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto personalmente.

3.1. Con un primo motivo denuncia l’errata applicazione della meno favorevole disciplina della prescrizione antecedente alle modifiche recate dalla L. n. 251 del 2005, che, essendo entrata in vigore l’8 dicembre 2005, e quindi quando ancora non era stato emesso il decreto di citazione per il giudizio di appello, doveva ritenersi applicabile al caso di specie, con conseguente prescrizione dei reati.

3.2. Con un secondo motivo denuncia il vizio di motivazione della sentenza in punto di affermazione di responsabilità penale, deducendo: che le deposizioni delle persone offese erano discordanti;

che non era stato accertato se i militari avessero esibito il provvedimento di perquisizione, in mancanza del quale la loro irruzione nella casa poteva legittimamente ritenersi arbitraria; che inoltre, quanto all’addebito di lesioni, non si era tenuto conto della testimonianza del M.llo B., secondo cui, al contrario di quanto sostenuto dagli altri testi, una volta condotto in caserma, egli non aveva posto in essere atti di resistenza; che, infine, i certificati medici, molto generici, non erano idonei a dimostrare la causa delle lesioni riportate dai carabinieri, che ben potevano essere dovute a contatti fisici non provocati da lui.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato o per altro verso inammissibile.

2. Quanto al punto relativo alla prescrizione, va osservato che, come condivisibilmente affermato dalle Sezioni unite dei questa Corte (sent. n. 47008 del 2/10/2009, D’Amato), ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado determina la pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli.

Nella specie, la sentenza di condanna è stata pronunciata il 3 maggio 2005, e quindi prima della entrata in vigore della nuova disciplina di cui alla legge n. 251 del 2005. 3. Quanto al merito delle censure, va osservato che dalla motivazione della sentenza impugnata si ricava come la Corte di appello abbia apprezzato logicamente e puntualmente le circostanze di fatto di cui al processo,osservando: che il G. era destinatario di un provvedimento di perquisizione emesso dall’a.g., di cui l’imputato era stato reso edotto; che egli reagì violentemente nei confronti dei militari, tanto nel corso della perquisizione domiciliare quanto una volta condotto in caserma; che, del resto, delle conseguenze degli atti violenti posti in essere dal medesimo erano documentale testimonianza i referti medici, per nulla generici.

Gli argomenti dedotti nel ricorso, senza scalfire tale ricostruzione dei fatti, esprimono una personale valutazione del significato e della portata delle fonti probatorie non esaminabile in sede di legittimità, tanto più che essi si risolvono in una riproposizione dei rilievi svolti con l’atto di appello, esaurientemente presi in esame dalla sentenza impugnata.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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