Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-03-2011) 04-07-2011, n. 26059 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 13 febbraio 2009, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza in data 8 maggio 2007 del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, appellata da O.A., condannato, con la recidiva, alla pena di mesi sei di reclusione, in quanto responsabile del reato continuato di cui all’art. 337 cod. pen. (capo A: perchè si opponeva con violenza e minaccia a personale di polizia al fine di impedire loro di procedere alla sua identificazione), artt. 582, 585 e 576 c.p., in relazione all’art. 61 c.p., comma 1, n. 2 e art. 10 cod. pen. (capo B: perchè, al fine di eseguire il precedente reato, procurava agli agenti di polizia V.F. e M.G. lesioni personali giudicate guaribili entro tre giorni), art. 651 cod. pen. (capo C:

perchè nelle stesse circostanze di cui sopra si rifiutava di dare indicazioni sulla propria identità personale); fatti accertati in Alcamo il 18 marzo 2007. 2. La Corte di appello, riteneva che, pacifica essendo in fatto la condotta contestata, doveva ritenersi che l’imputato, pur nello stato di agitazione e di confusione mentale derivante sia dalla lite in corso con la moglie sia dall’abuso di farmaci prescrittigli nell’ambito di un programma di disintossicazione da alcool, ebbe piena consapevolezza della qualità dei pubblici ufficiali intervenuti e deliberatamente si rifiutò, usando violenze e minacce, di farsi identificare.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto personalmente, denunciando con un unico motivo la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in punto di dolo del delitto di resistenza a pubblici ufficiali, essendo stato accertato che egli non aveva avuto alcuna intenzione di rifiutarsi di esibire agli agenti un documento di riconoscimento, versando solo in uno stato di confusione mentale dovuto all’uso di farmaci prescrittigli e dalla forte agitazione conseguente a un aspro litigio con la moglie e con gli altri familiari, stato di confusione che era già in atto al momento dell’arrivo del personale di polizia.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato, avendo la Corte di appello apprezzato logicamente e puntualmente le circostanze di fatto di cui al processo, esprimendo la valutazione secondo cui, pur nel l’accertato stato di irritazione e di confusione mentale in cui versava l’ O., egli ebbe piena coscienza della richiesta fattagli dagli agenti di polizia di esibire un documento di riconoscimento e consapevolmente oppose un rifiuto, aggredendo prima verbalmente e poi fisicamente i pubblici ufficiali, cagionando loro le lesioni personali indicate nella imputazione.

Gli argomenti dedotti nel ricorso, senza scalfire tale ricostruzione dei fatti, esprimono una personale valutazione dello stato soggettivo del ricorrente non esaminabile in sede di legittimità. 2. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *