T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 07-07-2011, n. 6041 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Roma in data 11 maggio 2010 e depositato il successivo 26 maggio, parte ricorrente espone di gestire una autocarrozzeria in Roma, presso la quale in epoca antecedente al 2003 ha installato una tettoia in pannelli di vetroresina e per la quale ha inoltrato in data 25 marzo 2004 apposita domanda di condono edilizio ai sensi della legge n. 326 del 2003. Al di sotto della tettoia ha poi installato un forno per la verniciatura delle autovetture, di natura sicuramente pertinenziale e funzionale all’attività artigianale esercitata, se non che si è visto ingiungere la demolizione del detto forno con il provvedimento al momento gravato ed avverso il quale propone:

– violazione dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47; violazione del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio tramite la locale avvocatura ed ha contestato la censura principalmente proposta, rassegnando conclusioni opposte a quelle di parte ricorrente.

Pervenuto il ricorso per la trattazione della cautelare alla Camera di Consiglio del 17 febbraio 2011, parte ricorrente ha rinunciato alla detta istanza.

Il ricorso infine è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 7 giugno 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

Con esso parte ricorrente impugna la determinazione dirigenziale in epigrafe indicata con la quale l’Amministrazione comunale di Roma – Municipio X gli ha ingiunto la demolizione di un forno per la verniciatura di autovetture realizzato in lamiera e materiale plastico installato al di sotto di una tettoia, nel cortile di pertinenza dell’attività di autocarrozzeria in atto esercitata, tettoia per la quale il ricorrente ha presentato domanda di condono acquisita al protocollo comunale n. 47319 del 25 marzo 2004 e presentata ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326.

2. Avverso tale provvedimento l’interessato lamenta che esso è senz’altro illegittimo, poiché il forno per la verniciatura installato sotto la tettoia, avrebbe natura pertinenziale, in quanto posto a servizio dell’attività esercitata. Detto impianto risulta autorizzato dalla Provincia con determinazione dirigenziale n. 65 del 3 marzo 2005 ed è dotato di autorizzazione sanitaria dell’ASL Roma B in data 27 maggio 2005. Conclude rappresentando che molto grave sarebbe il danno se fosse costretto ad asportare e distruggere il detto forno.

3. Le prospettazioni non possono essere seguite.

Al riguardo deve rappresentarsi che il provvedimento appare meramente consequenziale alla sentenza n. 9541 del 2 ottobre 2009, con la quale il TAR ha accolto in parte il ricorso presentato dal ricorrente avverso la precedente determinazione a demolire la stessa tettoia e lo stesso forno al di sotto di essa installato. In particolare in quella sede il TAR ha sostenuto che, tranne per la tettoia per la quale era stata presentata la domanda di condono edilizio ancora in corso di istruttoria presso i competenti uffici del Comune, il forno poiché non rientrava nella detta richiesta di condono, non poteva in questa ritenersi inserito, sicchè la determinazione a demolire andava annullata nella parte in cui disponeva la demolizione della tettoia e non del solo forno.

La sentenza ancora precisava che quanto alla natura dell’intervento di installazione dell’impianto tecnologico in questione, realizzato in lamiera e materiale plastico, era da escludersi sia la sua qualificazione quale manutenzione ordinaria, sia quale manutenzione straordinaria oppure ancora come intervento di restauro di risanamento conservativo o come intervento di ristrutturazione edilizia o urbanistica, ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; sicchè tale realizzazione era da qualificarsi come "nuova costruzione", alla stregua della medesima norma citata ed in quanto tale suscettibile di permesso a costruire o "se vi erano i presupposti indicati nel successivo art. 22 – di denuncia di inizio attività" (TAR Lazio, sezione I quater, n. 9541 del 2009 cit.).

Resta da valutare la qualificazione di pertinenza del forno in questione, come prospettata in ricorso, in ordine alla quale tuttavia non può non concordarsi con la costante giurisprudenza in materia stante la quale la nozione di pertinenza urbanistica, è diversa da quella civilistica, comportando la prima che "il manufatto deve essere non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di un autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all’edificio principale in modo da evitare il cosiddetto carico urbanistico", (TAR Lombardia, Milano, sezione IV, 13 gennaio 2010, n. 28).

Tale differenza funzionale comporta anche che la pertinenza urbanistica sia assoggettata ad un diverso regime autorizzatorio, quale è quello della denuncia di inizio attività, come rilevato dal TAR in altre analoghe occasioni (TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36409), denuncia che, al momento, non risulta presentata da parte ricorrente, almeno per quanto riguarda il detto impianto e pure se è posto a servizio o di pertinenza della autocarrozzeria. Va, infatti, specificato che in ordine alla pertinenzialità dell’impianto tecnologico e per la cui sussistenza la giurisprudenza riconosce due elementi e cioè l’esiguità dell’impegno urbanistico tale da non alterare l’aspetto del territorio e la sua incapacità ad essere utilizzato autonomamente rispetto alla struttura edilizia cui afferisce (TAR Abruzzo, 25 novembre 2005, n. 1186), nel caso in esame non appare ricorrere almeno per il primo requisito, poiché il forno si presenta di dimensioni tutt’altro che esigue di m. 3,50×6,50×2,50, laddove la tettoia è di m. 4,50×7,50×3,50 ed era dunque meritevole esso stesso di condonabilità.

4. Per le superiori considerazioni il provvedimento impugnato va trovato scevro dalle dedotte censure ed il ricorso va, di conseguenza, respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente S.G. al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio a favore di Roma Capitale (già Comune di Roma).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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