Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-06-2011) 05-07-2011, n. 26174

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza 21.6.2010 la corte d’appello di Messina riformava la sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti di D. F. per il reato di tentato omicidio in danno di C. M., pronunciandone la condanna alla pena di anni cinque di reclusione, sulla base di un elemento sopravvenuto al dibattimento celebrato in primo grado, rappresentato dalla intervenuta confessione del reato da parte dell’interessato. Veniva negata la diminuente di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 8, non avendosi riguardo ad omicidio di mafia.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato pel tramite del suo difensore, per dedurre:

2.1. manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, in quanto da un lato la corte territoriale avrebbe accreditato la dichiarazione auto accusatoria dell’imputato come sincera e compatibile con gli atti del processo e dall’altro è stata negata affidabilità quanto alla chiamata in correità del concorrente nel reato, da lui indicato in S.G., sul quale la corte concluse con formula assolutoria sul presupposto della mancanza dei riscontri.

2.2 violazione art. 125 c.p.p., per difetto di motivazione sul punto.

2.3 violazione di legge per mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 8 L. 203/1991: la corte non avrebbe valutato la condotta largamente collaborativa dell’imputato che avrebbe palesato un contegno di inequivoca discontinuità con un passato e di rivisitazione della condotta anteatta.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

I primi due motivi sono ai limiti dell’ammissibilità, atteso che nessun profilo di contraddittorietà è dato rilevare nella motivazione della sentenza, laddove la confessione, una volta esclusa la ricorrenza di condizionamenti esterni, ovvero la mancanza di padronanza del ricordo ad opera del confesso, può essere posta a fondamento dell’affermazione di colpevolezza, in assenza di ulteriori elementi (sez. 4^ 5.3.2008, n. 20591); per contro la chiamata in correità, per quanto intrinsecamente affidabile non può portare ad affermare la colpevolezza del chiamato, laddove siano carenti gli altri elementi di prova che confermino la sua attendibilità, secondo il canone di giudizio imposto dall’art. 192 c.p.p.. Di qui la ragione del diverso trattamento e la conseguente insussistenza di deficit motivazionale sul punto.

Quanto al terzo motivo lo stesso è infondato, atteso che correttamente non è stata ritenuta la diminuente di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 8, poichè l’imputato è accusato di omicidio non connotato dal carattere mafioso. Sul punto è bene ricordare che il modus opinandi della corte territoriale è in linea con l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui ai fini della concessione dell’ attenuante speciale prevista per i collaboratori di giustizia della L. 12 luglio 1991, n. 203, art. 8, è necessario che i delitti siano quelli previsti dall’art. 416 bis c.p.,o quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste da detta norma, o per agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso (Sez. 1^ 18.4.1997, n. 4824).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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