Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-06-2011) 05-07-2011, n. 26173

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della corte d’assise d’appello di Catanzaro, in data 18.6.2010, veniva parzialmente riformata la sentenza di condanna di G.S.R. – per due episodi di omicidio, commessi contestualmente in (OMISSIS) a danno di C. G. e di Cr.An., nonchè per addebiti in materia di armi -, nel senso che venivano escluse le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, ritenute in primo grado, con conseguente riduzione della pena ad anni dodici di reclusione.

Era stato appurato che la causa dell’azione violenta andava ricondotta alla conflittualità tra la famiglia G. e quella dei C., per ragione di un preteso diritto di passaggio insistente su una stradina d’accesso al rustico dell’imputato, di cui ognuno rivendicava la esclusiva titolarità e che il C. si era reso autore di atti di sopraffazione. Autore della sparatoria dal balcone, con fucile Lorenzotti, cal. 16, era stato pacificamente l’imputato che aveva colpito le due vittime, alla luce delle indagini balistiche, dei risultati dello stub, del rinvenimento di particene da sparo sugli abiti dell’imputato, del sequestro di munizioni cal.

16 nella disponibilità del medesimo. La corte territoriale escludeva la ricorrenza della premeditazione, in quanto era stato dimostrato che almeno fino a sei giorni prima del fatto di sangue, i G. avevano confidato nell’intervento delle forze dell’ordine, che avevano sollecitato per risolvere il problema del deterioramento dei rapporti con il vicinato. Venivano altresì esclusi i futili motivi, poichè dagli atti era risultata una condotta prevaricatrice da parte di C.G., con il che l’azione non poteva essere liquidata come un banale regolamento di conti, avendosi avuto riguardo a reazione ad una serie di angherie poste in essere dal C., a danno dell’imputato e dei suoi familiari. Veniva invece ritenuto che non ricorrevano i presupposti per riconoscere la provocazione, atteso che lo stato d’ira generato dal fatto ingiusto altrui richiede uno specifico collegamento causale, che nella specie non era ravvisabile. Lo stesso G. disse di aver agito d’impeto, avendo temuto che l’antagonista fosse armato; nessuna reazione era seguita del resto alì aggressione che la moglie del G. subì il giorno (OMISSIS) (quindi dieci giorni prima), circostanze queste che avevano portato a ritenere che la situazione di contrasto fosse incanalata verso l’attesa di risposta da parte dei tutori dell’ordine, che erano stati sollecitati ad intervenire. Il primo giudice aveva escluso la adeguatezza tra la reazione aggressiva e la gravità del fatto ingiusto, la cui ricorrenza consente di rintracciare nella seconda la causa della prima.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa dell’imputato, per dedurre un unico motivo concernente la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, in punto sussistenza dell’attenuante dello stato d’ira. La Corte ha escluso l’aggravante dei futili motivi sul presupposto che l’azione omicidiaria era correlata a violenze, intimidazioni, vessazioni e gravi minacce di morte subite dalla famiglia G., a causa della prepotenza del sorvegliato speciale C., che raggiunse un livello al di là del sopportabile. Cionondimeno, addiveniva alla conclusione che per la configurabilità dell’attenuante dello stato d’ira, era carente uno specifico collegamento causale tra l’azione delittuosa ed il fatto ingiusto della vittima. Sul punto la difesa ha fatto rilevare che l’alterazione collegata al fatto ingiusto altrui può anche non avere carattere di immediatezza, essendo possibile che di fronte ad una serie di atti protratti nel tempo, questi pur non avendo l’intensità per stimolare nell’offeso una reazione immediata, contribuiscano a determinare una situazione di accumulo, con il che a seguito dell’ultimo atto provocatorio, pur apparentemente di minore entità, si scateni la reazione inadeguata allo stimolo reattivo.

Viene quindi chiesto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Corretta è stata la valutazione dei giudici di merito nell’aver escluso la sussistenza dei presupposti per riconoscere l’attenuante della provocazione. L’azione di sangue in danno al C., direttamente legata alla contesa pendente, non veniva ritenuta dai giudici di merito legata ad alcun fatto specifico di provocazione, atteso che lo stesso imputato disse di aver agito d’impeto e considerato che il fatto accadeva a distanza di ben dieci giorni dall’ultimo episodio espressivo di aspra conflittualità (aggressione alla moglie dell’imputato). Sulla base di questi due dati significativi, veniva esclusa con ragionamento corretto sia in punto di diritto, che sotto il profilo logico, la ricorrenza anche della ed. provocazione da accumulo, che necessita comunque di un fattore scatenante che giustifichi l’esplosione – in relazione ad un ultimo episodio anche apparentemente minore – della carica di sofferenza sedimentata nel tempo. In ogni caso detta forma di provocazione non può condurre – come è stato sostenuto in plurimi arresti di questa Corte – all’annullamento di quella connotazione soggettiva costituita dallo stato d’ira, che muove l’azione offensiva. Non solo, ma la provocazione è inapplicabile pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorchè la reazione appaia eccessiva ed inadeguata rispetto all’episodio ultimo da cui trae spunto, così da portare ad escludere il nesso causale tra offesa e reazione (ex pluribus, Sez. 1^, 2.3.2010, n. 13921, Goti). A questo principio si sono attenuti i giudici di merito, atteso che il fattore scatenante la furia omicida del G. fu la semplice vista del suo antagonista, circostanza questa che non aveva quell’intensità scatenante da determinare la petita del controllo, ma andava – come fu – ritenuta più significativa di uno stato d’animo diverso, di natura rancorosa e vendicativa che nettamente si diversifica rispetto allo stato d’ira. Non solo, ma non poteva essere dimenticato che l’azione dell’imputato fu letale anche per il Cr., con cui non risulta che l’imputato avesse alcun tipo di conflittualità in corso, circostanza questa che non poteva prospettarsi come ulteriormente dimostrativa della messa in atto da parte dell’imputato di condotta svincolata da una logica di provocazione.

Pertanto il profilo di contraddittorietà interna della motivazione, rilevato dalla difesa è puramente apparente, se non addirittura insussistente, poichè se da un lato è stata esclusa l’aggravante dei motivi futili – sul presupposto che non si aveva riguardo ad un regolamento di conti, quanto piuttosto ad una reazione dell’imputato alle prevaricazioni del C. -, dall’altro è stato correttamente ritenuto che l’azione omicidiaria, distante dall’ultimo episodio di aggressione e successivo all’ultima richiesta di intervento alle forze dell’ordine, non poteva trovare una sua diretta derivazione da uno stato d’ira, conclusione in piena armonia con il disposto normativo.

Al rigetto del ricorso deve seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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