Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-11-2011, n. 24432 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con il decreto impugnato (depositato il 21.11.2008) il Tribunale di Napoli ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento della s.r.l. "Maestrale" proposta dalla MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. contro l’esclusione del credito insinuato per Euro 632.386,81, fondato su vari rapporti intercorsi con la società fallita (c/c con saldo debitore, anticipi su valuta, ricevute bancarie).

Il Tribunale ha rigettato l’opposizione sul rilievo che, pur non essendo costituita la curatela, era rilevabile d’ufficio la mancanza di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento dei documenti prodotti dalla banca opponente.

Di ciò si duole la MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. con ricorso per cassazione affidato a tre motivi con i quali la ricorrente denuncia nullità della sentenza e violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., artt. 2704 e 2697 c.c..

La curatela intimata non ha svolto difese, limitandosi a depositare procura notarile ai fini della partecipazione all’udienza di discussione.

2.- Con ì tre motivi parte ricorrente formula i seguenti quesiti ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis: a) stabilisca la Suprema Corte che l’eccezione di inopponibilita dei documenti ai terzi, per mancanza di data certa ai sensi art. 2704 cod. civ. deve essere eccepita dallo stesso terzo nei confronti del quale è fatta valere la relativa produzione e non è in alcun modo rilevabile di ufficio;

b) stabilisca la Suprema Corte che l’eccezione di inopponibilità dei documenti ai terzi, per mancanza di data certa ai sensi art. 2704 cod. civ., deve essere eccepita dal curatore nei confronti del quale è fatta valere la relativa produzione e non è in alcun modo rilevabile di ufficio. c) stabilisca la Suprema Corte che l’eccezione fondata sulle disposizioni che pongono limiti alla ammissibilità delle prove nel processo deve essere eccepita solo ed esclusivamente ad istanza di parte e non è in alcun modo rilevabile di ufficio.

Invoca, in proposito, la pronuncia di questa Sezione n. 17691 del 2004. 3.- Con recente ordinanza questa Sezione (cfr. Sez. 6-1, Ordinanza n. 22711 del 2010), pronunciando a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. del 30 aprile 2010, ha così risolto la questione posta con il ricorso e i quesiti innanzi trascritti:

"Quanto alla rilevabilità d’ufficio della inopponibilità dei documenti prodotti ai sensi dell’art. 2704 c.c. la pronuncia invocata dalla ricorrente (Cass., 17691/2004) è rimasta isolata nella giurisprudenza della S.C. e, tra l’altro, si riferisce alla diversa ipotesi di azione revocatoria fallimentare.

In proposito giova rilevare che le Sezioni unite hanno chiarito che nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale) (Sez. U, Sentenza n. 15661 del 27/07/2005).

Per ciò che attiene, in particolare, all’accertamento del passivo fallimentare, già da tempo le Sezioni unite della Corte hanno precisato che nell’esecuzione concorsuale, la norma in forza della quale si crea un conflitto fra più creditori del medesimo debitore è quella dell’art. 44, L. Fall., perchè da essa discende la riserva dei beni del fallito (o dell’imprenditore in liquidazione coatta) a favore dei creditori anteriori alla dichiarazione di fallimento (o al provvedimento di liquidazione coatta, stante il richiamo all’art. 44 contenuto nella L. Fall., art. 200) e la preclusione per i creditori posteriori della possibilità di affermare il proprio diritto al concorso (ex art. 2740 c.c.). Invero, la norma che sancisce un’opponibilità ai creditori degli atti compiuti dal fallito, solo se compiuti prima della dichiarazione di fallimento, postula che detti creditori, che sono terzi rispetto ai suddetti atti, vantino una situazione di tutela in base ad un’altra norma, quale è quella dell’art. 52, che dispone che il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, di guisa che quest’ultima deve essere letta come se dicesse: apre il concorso dei creditori anteriori (Cass., Sez. un. Sentenza n. 8879 del 1990, in motivazione).

L’anteriorità del credito, dunque, assume i connotati di un elemento costitutivo del diritto di partecipare al concorso e, quindi, alla distribuzione dell’attivo fallimentare. Non si tratta, dunque, di eccezione in senso stretto riservata all’iniziativa di parte (curatore o creditori concorrenti)".

La pronuncia innanzi richiamata è coeva all’analoga Sez. 1, Sentenza n. 21251 del 14/10/2010, di identico contenuto e, ancor più di recente, il principio con esse riaffermato è stato ribadito da Sez. 1-24 marzo 2011, n. 6849 (in motivazione), secondo la quale nel giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, l’anteriorità del credito di cui si chiede l’ammissione al passivo, avendo il carattere di elemento costitutivo del diritto di partecipare al concorso e, quindi, alla distribuzione dell’attivo, non forma oggetto di eccezione in senso stretto riservata alla sola iniziativa di parte (curatore o creditori concorrenti).

4.- Il principio – come sopra evidenziato – è fondato sull’argomento valorizzato da tempo dalle Sezioni unite secondo cui "la norma che sancisce un’opponibilità ai creditori degli atti compiuti dal fallito, solo se compiuti prima della dichiarazione di fallimento, postula che detti creditori, che sono terzi rispetto ai suddetti atti, vantino una situazione di tutela in base ad un’altra norma, quale è quella dell’art. 52, che dispone che il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, di guisa che quest’ultima deve essere letta come se dicesse: apre il concorso dei creditori anteriori" (Cass., Sez. un. Sentenza n. 8879 del 1990, in motivazione).

D’altronde la giurisprudenza ha ulteriormente chiarito da tempo che l’inopponibilità non riguarda propriamente il negozio, ma la data della scrittura; "essa attiene cioè soltanto alla prova che del momento della stipulazione dell’atto voglia darsi mediante la scrittura, e non esclude, quindi, che la prova del negozio e della sua anteriorità rispetto al fallimento possa essere fornita con ogni altro mezzo consentito dalla natura e dall’oggetto del negozio" (per tutte v. Sez. 1, n. 4646/1997).

Sennonchè parte ricorrente lamenta soltanto che il difetto di prova dell’anteriorità del credito sia stato rilevato d’ufficio e nulla deduce (validamente), nel quesito sub e), in ordine alla diversa problematica ora richiamata. Dunque correttamente il Tribunale ha rigettato la domanda muovendo (chiaramente, ancorchè implicitamente) dalla rilevabilità d’ufficio della carenza dell’anteriorità del credito.

L’incertezza giurisprudenziale al momento della proposizione del ricorso giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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