Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-11-2011, n. 24417 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. M.P., + ALTRI OMESSI con vari separati ricorsi alla Corte d’appello di Roma avevano proposto domanda ex lege n. 89 del 2001 chiedendo la liquidazione di un indennizzo per l’eccessiva durata di un processo svoltosi dinanzi al giudice amministrativo, da essi instaurato nel 1995, per la corresponsione di rivalutazione e interessi su somme ad essi dovute a titolo retributivo, definito con sentenze del TAR nel 1998 e del Consiglio di Stato nel 2006. La Corte d’Appello con decreto depositato il 21 aprile 2008 liquidava l’indennizzo in Euro 5.000,00 a ciascuna parte ricorrente, con gl’interessi dalla data del decreto, oltre le spese di causa, liquidate, con distrazione in favore degli avv.ti Ferdinando Emilio Abbate e Giovambattista Ferriolo, antistatari, in Euro 3.037,00 complessive, di cui Euro 1.300,00 per onorari ed Euro 1.400,00 per diritti. Le parti sopra indicate hanno proposto ricorso avverso il decreto con atto notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 5 giugno 2009. La parte intimata non ha depositato difese.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunciano la violazione la L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 6, 13 e 41 cella CEDU, nonchè vizi motivazionali. Si deduce al riguardo che la Corte d’appello avrebbe ritenuta congrua la durata del processo dinanzi al TAR, anni tre e mesi dieci, con motivazione affetta da vizi logici ed insufficiente, pur avendo tale durata superato i tre anni e trattandosi di causa di lavoro, che secondo la Corte stessa sono cause che dovrebbero avere una durata minore.

Il motivo si conclude con il seguente quesito: "La ragionevolezza della durata di un processo ex lege n. 89 del 2001 deve essere verificata dal giudice di merito avendo riferimento agli standard medi elaborati dalla CEDU (tre anni complessivi per il primo anno di giudizio), che ne costituiscono la prima e più importante guida ermeneutica, dai quali egli non può discostarsi se non sulla base di una valutazione dei criteri di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 rapportata alla concreta fattispecie, e quindi ravvisandone motivatamente una particolare complessità, ovvero un uso distorto e dilatorio del diritto di difesa?".

Il motivo è inammissibile, essendo il quesito formulato in modo del tutto astratto, senza alcun riferimento alla fattispecie concreta e alla distinzione fra profili relativi al vizio di legge e profilo attinente ai vizi motivazionali dedotti con il motivo.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 1173 cod. civ. per non essere stati gl’interessi sulla somma attribuita liquidati dalla domanda, ma dalla data del decreto, stante la natura indennitaria e non meramente compensativa dell’equa riparazione.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 90 e 91 c.p.c., artt. 4, 5 e 6 della tariffa professionale, per essere stati gli onorari e i diritti liquidati in misura inferiore a quella di legge tenuto conto che i ricorsi erano stati riuniti solo all’udienza camerale, cosicchè gli onorari e i diritti, sino alla riunione, andavano liquidati separatamente per ciascun ricorso.

Entrambi i motivi sono accompagnati dai prescritti quesiti.

3. Il secondo motivo va accolto in relazione alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in materia di equa riparazione per l’eccessiva durata del processo, gl’interessi vanno liquidati dalla domanda (ex multis Cass. 11 aprile 2005, n. 7389; 27 gennaio 2004, n. 1405; 17 febbraio 2003, n. 2382).

L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del terzo, riguardante le spese. Il decreto impugnato va pertanto cassato in relazione alla decorrenza degli interessi ed alle spese.

Sussistono le condizioni per la decisione della causa nel merito, attribuendosi alle parti ricorrenti gl’interessi sulla somma liquidata dalla domanda, oltre alle spese dei due gradi di giudizio, che si liquidano secondo quanto appresso indicato con distrazione quanto al primo grado degli avv.ti Ferdinando Emilio Abbate e Giovambattista Ferriolo, e quanto al giudizio di cassazione dell’avv.to Ferdinando Emilio Abbate, osservandosi quanto segue.

Secondo quanto risulta dal ricorso, dopo un giudizio presupposto unitario, le parti hanno proposto, con il medesimo difensore, una pluralità di giudizio dinanzi alla Corte d’appello per ottenere l’indennizzo ex lege n. 89 del 2001. Tale condotta dei ricorrenti, che dopo aver agito unitariamente nel processo presupposto, in tal modo dimostrando la carenza di interesse alla diversificazione delle rispettive posizioni, hanno proposto pressochè contemporaneamente distinti ricorsi per equa riparazione, con identico patrocinio legale, dando luogo a cause destinate alla riunione in quanto connesse per l’oggetto ed il titolo, si configura come abuso del processo (Cass. 3 maggio 2010, n. 10634) contrastando con l’inderogabile dovere di solidarietà, che impedisce di far gravare sullo Stato debitore il danno derivante dall’aumento degli oneri processuali, e con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, avuto riguardo all’allungamento dei tempi processuali derivante dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti. Tale abuso, imponendo l’eliminazione per quanto possibile degli effetti distorsivi che ne derivano, comporta la valutazione dell’onere delle spese della fase di merito come se il procedimento fosse stato unico fin dall’origine e cioè con la liquidazione di un onorario unico per tutte le parti.

In relazione alle particolarità della fattispecie si ravvisano giusti motivi per compensare per metà le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato in relazione alla decorrenza degl’interessi ed alle spese in esso liquidate. Decidendo nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento dalla data della domanda giudiziale degl’interessi legali sulla somma di Euro 5.000,00 liquidata dalla Corte d’appello a ciascuna delle parti ricorrenti. Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con distrazione in favore degli avv.ti Ferdinando Emilio Abbate e Giovambattista Ferriolo al pagamento delle spese del giudizio di merito nella misura complessiva di Euro 2.000,00 per onorari, 2.406,00 per diritti, 50,00 per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge, nonchè con distrazione in favore dell’avv.to Ferdinando Emilio Abbate, di metà delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura così già ridotta in Euro 1.250,00, di cui Euro 50,00 per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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