Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-04-2011) 05-07-2011, n. 26154

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A.G. ricorre per cassazione contro la decisione indicata in epigrafe, confermativa della sentenza emessa in primo grado, con cui il Tribunale di Cagliari il 26 marzo 2008 lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione, per i reati di maltrattamenti in famiglia e di lesioni personali in danno della moglie, unificati nel vincolo della continuazione.

2. Il ricorrente deduce erronea applicazione degli artt. 572 e 582 cod. pen..

Motivi della decisione

1. Le doglianze relative al reato di maltrattamenti sono inammissibili, sia perchè in parte attengono a valutazione fattuali, di esclusiva competenza del giudice di merito, sia perchè la motivazione in ordine all’abitualità della condotta delittuosa dell’imputato è del tutto adeguata ed esauriente in ordine a tutti gli elementi costitutivi del delitto, per cui non ha alcun fondamento la censura d’inosservanza dell’art. 572 cod. pen..

2. Fondato è, invece, il motivo d’impugnazione relativo al reato di lesioni volontarie.

3. Il Tribunale e la Corte d’appello hanno correttamente ritenuto la sussistenza del delitto di lesione volontaria come reato del tutto autonomo rispetto ai maltrattamenti familiari.

Invero, l’assorbimento del delitto di lesioni personali lievi nel delitto di maltrattamenti si verifica soltanto quando si dimostri, in concreto, che le lesioni non furono volute dall’agente, ma rappresentano una conseguenza meramente obiettiva e involontaria del fatto; mentre, qualora l’agente abbia avuto, non solo l’intenzione di maltrattare, ma anche quella di ledere l’integrità fisica della persona maltrattata, si configura il concorso materiale del delitto di maltrattamenti con quello di lesioni personali.

4. In mancanza di querela, i giudici di merito hanno ritenuto il reato di delitto di lesioni personali perseguibile d’ufficio per la contestazione della circostanza aggravante del nesso teleologia) rispetto al reato di maltrattamenti.

L’aggravante prevista dall’art. 61 c.p., n. 2 è di natura soggettiva e si fonda sulla maggiore pericolosità di chi, pur di attuare il suo intento criminoso, non esita a compiere un reato per eseguirne un altro. La circostanza deve essere conosciuta dall’agente e deve rientrare nella rappresentazione dell’evento. Per la sua sussistenza è necessaria la prova che la volontà dell’agente, al momento della commissione del reato-mezzo era diretta al fine di commettere il reato-scopo e quest’ultimo deve essere già presente nella mente dell’agente con chiarezza tale da consentire l’identificazione della sua fisionomia giuridica (cfr. Cass. n. 4751/1989, Costa; n. 48552/2009, Ponci).

Ovviamente di tale prova deve essere data dimostrazione nella motivazione della sentenza.

4. Nel caso in esame, nè il giudice di primo grado nè la Corte d’appello, pur a fronte di uno specifico motivo dell’appellante, hanno saputo o potuto affermare la finalizzazione della volontà dell’aggressore al delitto di maltrattamenti, nel momento in cui l’ A. procurò le lesioni alla moglie.

Va, pertanto, esclusa la suddetta aggravante, con la conseguenza che il reato di lesioni volontarie non è perseguibile d’ufficio; e poichè manca la querela, l’azione penale non poteva essere esercitata.

5. In accoglimento della richiesta del Procuratore generale, la sentenza va annullata senza rinvio, limitatamente al delitto di lesioni per mancanza di querela, con eliminazione della relativa pena.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio, in ordine al reato di cui all’art. 582 cod. pen., la sentenza impugnata perchè l’azione penale non poteva essere promossa per difetto di querela ed elimina, per l’effetto, la pena di mesi quattro di reclusione irrogata a titolo di continuazione. Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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