Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2011) 05-07-2011, n. 26150

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Brescia dichiarava non doversi procedere a carico di tutti gli imputati per i capi n. 32 e 34 per non aver commesso il fatto e per i restanti capi perchè il fatto non sussiste in relazione a plurime imputazioni D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 di spaccio di sostanza stupefarne e per il reato (capo n. 35) di associazione al fine del traffico di stupefacenti per 13 imputati. Il GIP richiamava le indagini complesse svolte dal ROS di Brescia che avevano a base intercettazioni telefoniche ed ambientali, che avevano dato luogo a sequestri di stupefacente indicato ai capi n. 32 e 34. Tuttavia in sede cautelare la Suprema Corte aveva annullato il provvedimento del Tribunale del riesame di conferma dell’ordinanza cautelare ed il Tribunale del riesame con ordinanza del 18.1.2006 aveva annullato l’ordinanza cautelare in quanto aveva ritenuto non utilizzabili le intercettazioni effettuate per mancanza di motivazione in ordine alla indisponibilità degli impianti presso la Procura. Il GIP osservava che, senza il supporto delle intercettazioni, il residuo materiale probatorio era inidoneo a supportare l’accusa e darvi un riscontro probatorio idoneo.

Ricorre il P.G. presso la Corte di appello di Brescia che deduce che, comunque, l’ordinanza del GIP non era congruamente motivata; perchè occorreva una nuova valutazione del materiale probatorio al di là di quanto affermato dalla Suprema Corte in sede cautelare.

Secondo il P.G. la Suprema Corte nella sentenza emessa in fase cautelare aveva affermato che la motivazione del ricorso ad impianti esterni non può limitarsi alla mera ripetizione della formula legale, ma in altri procedimenti la stessa Corte aveva anche precisato che l’eccezionale urgenza ai fini intercettativi era ricavabile per relationem in base alla situazione oggettiva dal punto di vista investigativo. Quindi era possibile risalire alle esigenze investigative poste dalla P.G. e anche alla luce di queste valutare l’idoneità degli impianti in uso in Procura.

Ciò era nei fatti emerso dal decreto del 22.9.2003 in cui peraltro si attesta anche la indisponibiltà di linee presso la Procura.

Per i decreti n. 726/2003, n. 731/2003, e per il decreto del 6.11.2003 le motivazioni erano coerenti con la sentenza della sezioni unite n. 919/2004 in quanto attraverso l’attestazione dell’insufficienza degli impianti e il richiamo alle note della P.G. si era accertata effettivamente la situazione di impossibilità nel ricorso agli apparati di ascolto presenti in Procura.

Il difensore Avv.to Federico Ghidotti dello S. depositava memoria illustrativa nella quale deducevano l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Come detto in premessa nel ricorso si deduce in buona sostanza che l’accertamento compiuto dalla Suprema Corte in sede cautelare non operava automaticamente ai fini dell’esame del materiale probatorio in sede di udienza preliminare; il giudice avrebbe dovuto riesaminare il detto materiale stabilendo, alla luce di alcune pronunce della Suprema Corte, che la motivazione dei decreti autorizzativi le intercettazioni, se integrate con le note della P.G. che riferivano anche della specificità dell’indagine in corso, apparivano sufficienti in relazione al punto controverso e cioè l’impossibilità del ricorso ad impianti in uso in Procura.

Tuttavia i numerosi decreti autorizzativi non sono stati prodotti, nè sono state prodotte le note della P.G. che si assumono poter integrare i primi. Ci si è limitati ad una trascrizione, che appare prima facie, del tutto sommaria e in stralcio, di alcuni passaggi dei detti decreti e delle dette note; peraltro questa Corte osserva che gli atti in parola non sono neppure presenti nel fascicolo trasmesso alla Corte e che pertanto il P.G. ricorrente non ha provveduto neppure ad assicurarsi che i documenti richiamati fossero comunque allegati al fascicolo e trasmessi alla Corte per la decisione.

Conclusivamente il ricorso viola il basilare principio di autosufficienza del ricorso in quanto lo stesso fa riferimento ad atti e documenti nè prodotti, nè riportati integralmente nel testo del ricorso, nè infine neppure presenti fisicamente nel fascicolo.

Non si è neppure offerto un elenco dettagliato dei decreti, delle loro date con riferimento ai supposti documenti integrativi provenienti dal P.G. e non vi alcun elemento, se non un breve passaggio del ricorso, per ritenere che i decreti menzionati siano tutti quelli autorizzati nel processo. Sul punto va ricordato l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 32747/2006) secondo cui "in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, qualora venga eccepita in sede di legittimità l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, siccome asseritamente eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dall’art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, ( art. 271 c.p.p., comma 1), è onere della parte indicare specificamente l’atto asseritamente affetto dal vizio denunciato e curare che tale atto sia comunque effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità, magari provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di cassazione. In difetto, il motivo sarebbe inammissibile per genericità, non essendo consentito alla S.C. di individuare l’atto affetto dal vizio denunciato".

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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