Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2011) 05-07-2011, n. 26147

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Perugia con sentenza del 16.3.2010, in parziale riforma della sentenza emessa il 31.10.2006 dal GUP di Perugia, ritenute le già concesse attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate, riduceva la pena inflitta ad A.A. R. a mesi tre e gg. 10 di reclusione per il reato di cui all’art. 640 bis c.p. nella forma del tentativo.

Si imputa alla A., in concorso con altri soggetti, di avere quale responsabile dell’area servizi sociali del Comune di Foligno impegnato con delibera del 17.1.2004 lo stanziamento di euro 10.000,00 per lavori eseguiti dalla società Fils che in realtà non erano stati effettuati e che non erano stati nemmeno autorizzati, in realtà facendo depositare dalla Fils due preventivi diversi dei quali veniva poi privilegiato quello relativo a lavori non realizzati. L’operazione veniva bloccata dall’intervento del difensore civico che denunciava l’accaduto. La Corte territoriale rilevava che, sebbene la determina adottata dalla ricorrente fosse atto endoprocessuale, lo stesso avrebbe consentito di portare a termine l’intera operazione truffaldino ove non fosse intervenuto il difensore civico.

Nel ricorso con il primo motivo si ribadisce che l’atto contestato alla ricorrente era del tutto inidoneo rispetto al configurato tentativo avendo carattere strettamente interno e privo di efficacia immediata.

Con il secondo motivo si ribadisce che la ricorrente autonomamente aveva sospeso il procedimento amministrativo che avrebbe portato all’erogazione del contributo.

Con il terzo motivo si allega che errata era stata la decisione della Corte territoriale di non concedere un rinvio per attendere la decisione del Tribunale di Foligno sul conto di coimputati che erano stati assolti dalla medesima imputazione perchè i lavori risultavano effettivamente compiuti.

Con l’ultimo motivo si allega che in appello era stata irrogata anche la pena pecuniaria non originariamente.

Con memoria il difensore della ricorrente ha prodotto copia della sentenza del Tribunale di Perugia di assoluzione dei coimputati "per non aver commesso il fatto".

Motivi della decisione

Il ricorso non appare fondato e pertanto non può essere accolto.

Sul primo motivo la Corte territoriale ha già osservato che in questa sede non rilevano gli aspetti amministrativi della vicenda, ma quelli penalistici. La condotta tenuta dalla ricorrente alla quale si deve ascrivere (pag. 7 del provvedimento impugnato) l’ideazione del supporto documentale poi utilizzato per il finanziamento e l’approvazione della determina avrebbe di fatto consentito di portare a termine l’operazione se non fossero come detto in premessa intervenuti eventi interrottivi esterni. La motivazione sul punto appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono di mero fatto. Circa il secondo motivo la Corte territoriale ha osservato che l’intervento della ricorrente di sospensione dell’erogazione del contributo non fu di certo spontaneo, ma provocato dall’iniziativa del difensore civico e dalla rapida scoperta dell’irregolarità di cui si è parlato. Si tratta quindi di un intervento quando gli estremi del tentativo di truffa si erano già integrati. La motivazione è persuasiva e logicamente ineccepibile; le censure sono di fatto. In ordine al terzo motivo era nella discrezionalità della Corte territoriale attendere o meno la motivazione dell’altro procedimento concernente i medesimi fatti il cui esito è stato prodotto con memoria. La Corte rileva che tale precedente non è affatto in contrasto con la sentenza impugnata non solo perchè emesso a carico di altri soggetti ma perchè il proscioglimento concerne l’elemento soggettivo e quindi la sentenza prodotta non esclude affatto la materialità della condotta contestata alla ricorrente. Nel presente procedimento emerge senza alcun dubbio l’inesistenza dei lavori e quindi la falsità delle fatture, di cui la ricorrente era a conoscenza, essendo stata lei stessa a suggerire di produrre quest’ultime che furono utilizzate per la determina al fine di commettere la sventata truffa.

Circa l’ultimo la pena inflitta in appello è stata complessivamente inferiore a quella irrogata in primo grado e quindi, anche se solo in appello si è raggiunta la pena pecuniaria dimenticata in prime cure, non vi è stata alcuna reformatio in peius (cfr. Cass. n. 37872/2004).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc, pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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