Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2011) 05-07-2011, n. 26145

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Torino con sentenza del 24.2.2010, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Torino del 27.6.2008, riduceva la pena inflitta a C.F. ad anni tre e mesi sei di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa per plurimi episodi di usura aggravata e confermava la condanna emessa a carico del R. e di altri due coimputati (a sei mesi di reclusione) per favoreggiamento avendo reso false dichiarazioni in ordine ai prestiti di natura usuraria ricevuti dal C..

In appello il C. ammetteva gli addebiti e rinunciava ai motivi di appello, salvo quelli concernenti la pena e la confisca.

La Corte di appello ricostruiva le capacità patrimoniale della famiglia del C. e confermava sulla base degli accertamenti patrimoniali svolti i provvedimenti di confisca già disposti eccetto una somma per cui era stata comprovata la vincita al lotto.

Ricorre il C. (ricorso del difensore Basilio Foti) che allega la carenza motivazionale della sentenza impugnata in ordine all’avvenuta confisca delle somme di denaro sequestrate al ricorrente ed alla moglie S.S. e dei conti correnti a quest’ultima intestati. La motivazione era contraddittoria perchè prima si affermava che di quest’ultimi il ricorrente aveva la piena disponibilità e poi si afferma che dopo il sequestro degli stessi il C. non aveva avuto difficoltà di trovare 35.000,00 Euro, il che comprovava che tale disponibilità non sussisteva. In realtà il ricorrente era tenuto all’oscuro degli affari e dei movimenti patrimoniali e di denaro della moglie per il suo noto vizio del gioco.

Nel ricorso predisposto nell’interesse del C. dall’avv.to Lo Greco si deduce che il ricorrente in appello aveva rinunciato ai motivi concernenti alla pena ed alla confisca, ma non a quelli concernenti le contestate aggravati. Non sussistevano i presupposti per la contestata aggravante in quanto il ricorrente non aveva agito in danno di chi si trovava in stato di bisogno o di chi svolgeva attività commerciale.

Nel ricorso del R. si allega la carenza motivazionale del provvedimento impugnato in ordine alla misura della pena irrogata che doveva essere ulteriormente contenuta.

Motivi della decisione

I ricorsi, stante la loro manifesta infondatezza, vanno dichiarati inammissibili.

Circa il primo motivo del primo ricorso del C. (difensore Foti) si impugna l’avvenuta confisca di conti correnti che sono intestati ad altri soggetti ed in particolare alla moglie S.:

in ogni caso le censure sono di mero fatto avendo i giudici di merito accertato che il ricorrente aveva nei fatti la disponibilità dei conti correnti della moglie dei quali si serviva anche al fine del finanziamento delle illecite dazioni di denaro a tassi usurai e sui quali rifluivano anche i proventi di tale attività, posto che gli ingenti movimenti nei conti sia in entrata che in uscita sono rimasti privi di giustificazione. La motivazione appare congrua e logicamente coerente avendo esaminato in dettaglio quanto emerso dagli accertamenti di P.G. e non essendosi di certo solo limitata al particolare menzionato nel motivo concernente la corresponsione della somma di Euro 35.000,00, mentre le censure sono di mero fatto ed affermano l’impossibilità di accesso ai conti correnti meramente postulata dall’imputato ed esclusa dai giudici di merito.

Circa l’altro motivo sviluppato nel ricorso del secondo difensore non v’è dubbio che la rinuncia a tutti i motivi "eccetto quelli sulla pena e sulla confisca" implichi la rinuncia ai motivi sulla sussistenza delle circostanze aggravanti che non riguardano la misura della pena irrogata.

Per quanto riguarda il motivo del R., lo stesso non solo è di merito, ma assolutamente generico non indicandosi alcun motivo che avrebbe dovuto comportare una ulteriore limitazione della pena.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè ciascuno – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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