Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 05-07-2011, n. 26179

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 15 luglio 2010 il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ex art. 309 c.p.p., in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta nell’interesse di C.U. F., ha confermato l’ordinanza impugnata del 9 giugno 2010 del G.i.p. dello stesso Tribunale con riferimento al solo capo U) dell’imputazione, relativo al delitto di estorsione continuata in concorso e pluriaggravata, e ha annullato la misura coercitiva limitatamente al capo F), relativo al delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso.

2. Il Tribunale argomentava la decisione partendo dall’inquadramento della vicenda nel contesto più ampio della indagine avviata dopo la cattura del latitante Co.Pa. e degli accertamenti condotti con riguardo alle cosche operanti in Reggio Calabria e nelle zone limitrofe.

All’esito dell’analisi degli elementi acquisiti attraverso le intercettazioni agli atti, il Tribunale riteneva che erano emerse le capacità criminali di C.U.F. quale soggetto capace di imporre, attraverso meccanismi estorsivi consolidati, il pagamento di tangenti alle imprese operanti nel settore degli appalti di lavori, mentre non era emersa, con margini sufficienti di affidabilità, la corretta qualificazione dei soggetti con i quali lo stesso aveva condiviso la scelta criminale, cadendo in tal modo la contestazione associativa per carenza del requisito materiale del numero minimo delle persone da considerarsi associate.

Erano, in particolare, ritenuti sussistenti elementi indizianti con riguardo al reato di estorsione continuata, di cui al capo U, contestata a C. in concorso con B.D. in danno della ditta Loprete Costruzioni s.a.s., con sede in (OMISSIS), aggiudicataria dei lavori di adeguamento, ristrutturazione e manutenzione della strada provinciale (OMISSIS), costretta a pagare la somma di venti milioni di lire a titolo di tangente estorsiva, in luogo dei venticinque milioni di lire inizialmente richiesti.

2.1. La fonte di prova era rappresentata dalla conversazione ambientale registrata il 28 gennaio 2007 alle ore 11:23 (progr.

(OMISSIS)) tra B.D. e G.B.V.. Nel corso di detta conversazione B. aveva riferito a G. B. di essere intervenuto con "compare C." in occasione della realizzazione dei lavori relativi a un appalto di opera pubblica da farsi nel Comune di Melia di Scilla, quando alla ditta aggiudicataria, che era di (OMISSIS), era stata avanzata una richiesta estorsiva di lire venticinque milioni e l’imposizione di far lavorare un escavatore e un camion appartenenti a soggetti legati all’organizzazione criminale, tanto che la ditta aggiudicataria aveva dovuto abbandonare i lavori. L’intervento di B. presso C.U.F. aveva portato al ridimensionamento della richiesta estorsiva a lire venti milioni.

Secondo il Tribunale, che aveva anche richiamato l’esito degli accertamenti svolti sul conto della ditta che aveva appaltato i lavori, le circostanze specificate da B. nel corso della predetta conversazione in ordine alla condotta estorsiva in danno della indicata ditta di Taurianova, poi identificata nella società Loprete, consentiva di ritenere grave il quadro indiziario a carico dell’indagato.

Era, infatti, da identificare nello stesso indagato il "compare C." della conversazione sulla base del rilievo che tra B.D. e C.U.F. vi era un vincolo di comparato ("(OMISSIS)"), confermato dal contenuto della conversazione telefonica del 6 febbraio 2007 ore 11:48 (progr.

(OMISSIS)), intercorsa tra Bu.Pa. e tale P., non meglio identificato, e tenuto conto del riferimento al territorio di (OMISSIS), zona di influenza della famiglia C..

3. Le esigenze cautelari trovavano, secondo il Tribunale, fondamento nella presunzione di pericolosità dell’indagato connessa alla natura del reato c.d. a cattura obbligatoria, nel ruolo di preminenza criminale dello stesso, pur ultrasettantenne, nel territorio di appartenenza e nel carattere tipico dell’estorsore dallo stesso assunto.

4. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite i difensori di fiducia, C.U.F., che ne chiede l’annullamento censurandola con unico motivo, con il quale denuncia mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato.

Secondo il ricorrente il Tribunale, nel ritenere sussistenti gravi indizi di colpevolezza nei suoi confronti, in relazione al reato di cui al capo U), per una presunta estorsione nei confronti della Loprete Costruzione s.a.s., ha ridimensionato la portata dell’imputazione per avere escluso il concorso nell’attività estorsiva di B.D..

Per l’effetto, le dichiarazioni del B. non possono più considerarsi autoaccusatone, ma devono essere valutate come indizi da riscontrare con altre emergenze processuali.

Esse, tuttavia, non solo non sono riscontrate, non potendo ritenersi riscontro il fatto che la società Loprete, con sede in (OMISSIS), abbia appaltato i lavori relativi alla strada provinciale (OMISSIS), in difetto di prova che la stessa abbia subito estorsione per detti lavori, ma sono generiche nel loro contenuto, quanto al periodo e alla vigenza, all’epoca, della moneta nazionale o di quella unica Europea, e in contrasto con gli accertamenti svolti che collocano nel 2004 l’appalto degli indicati lavori da parte della predetta società.

Nè vi è certezza che il "compare C.", indicato da B. D. come la persona presso la quale lo stesso era intervenuto per avere la riduzione della tangente, si identifichi con il ricorrente, avuto riguardo all’utilizzo esteso, negli usi e costumi locali, della parola "compare" e della sua estensione a tutti i soggetti legati da vincoli di parentela con il soggetto parte del rapporto di "comparato", e tenuto conto della presenza di altri C. abitanti a (OMISSIS), legati da vincoli di parentela, anche stretti, con il ricorrente.

Neppure è chiarito, nel racconto di B., se lo sconto della richiesta estorsiva sia stato ottenuto da "compare C." o da "compare Nino", non meglio individuato, pure indicato.

In ogni caso, ad avviso del ricorrente, non vi sono indizi sul ruolo avuto dal "compare C." nella vicenda estorsiva, avendo B. solo indicato lo stesso come la persona cui si era rivolto per avere un ridimensionamento della richiesta estorsiva.

Peraltro, la contestazione del reato di estorsione al ricorrente quale "capo cosca di (OMISSIS)" è in contrasto con la ritenuta insufficienza di indizi di reità, a carico dello stesso, per il reato associativo.

4.1. Secondo il ricorrente, non esistono a suo carico le eccezionali esigenze cautelari, fondate sul suo ruolo criminale apicale emergente dagli atti, essendo tale ruolo in contrasto con la rilevata insussistenza di indizi di reità sufficienti per il reato di cui all’art. 416 bis c.p..

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Deve premettersi che le valutazioni da compiersi dal giudice ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo giudizio prognostico di "elevata probabilità di colpevolezza", tanto lontano da una sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure presuntivo, poichè di tipo "statico" e condotto, allo stato degli atti, sui soli elementi già acquisiti dal Pubblico Ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent. n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).

2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure cautelari personali, non è richiesto il requisito della precisione e della concordanza, ma quello della gravità degli indizi di colpevolezza, per tali intendendosi tutti quegli elementi a carico ancorati a fatti certi, di natura logica o rappresentativa, che non valgono di per sè a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilità dell’indagato e tuttavia sono tali da lasciar desumere con elevata valenza probabilistica l’attribuzione del reato al medesimo (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantino e altro, Rv. 202002, e, tra le successive conformi, Sez. 2, n. 3777 del 10/09/1995, dep. 22/11/1995, Tomasello, Rv. 203118;

Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep. 15/04/1999, Capriati e altro, Rv.

212998; Sez. 6, n. 2641 del 07/06/2000, dep. 03/07/2000, Dascola, Rv.

217541; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep. 09/02/2004, Acanfora, Rv. 227511), e la loro vantazione, a norma dell’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, deve procedere applicando, tra le altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, (Sez. F, n. 31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez. 1, n. 29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n. 36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441 del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del 04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601).

Relativamente alle regole da seguire si è affermato che il canone di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, non si applica alle indicazioni di reità provenienti da conversazioni intercettate, perchè esse non sono assimilabili alle dichiarazioni che il coimputato del medesimo reato o la persona imputata in procedimento connesso rende in sede di interrogatorio dinanzi all’autorità giudiziaria e, conseguentemente, per esse vale la regola generale del prudente apprezzamento del giudice (Sez. 1, n. 36218 del 23/09/2010, dep. 11/10/2010, Pisanello e altri, Rv. 248290).

2.2. Si è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali, quando sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331).

Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare "in concreto" la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

3. Deve essere, innanzitutto, rilevato, passando al caso in esame, che la questione dedotta dal ricorrente, in merito alla necessaria diversa valutazione delle dichiarazioni di B.D. in dipendenza della esclusa configurabiiita a suo carico del concorso nell’attività estorsiva contestata al C., è infondata, poichè, a prescindere dalla non provata dedotta circostanza, le indicazioni di reità provenienti da conversazioni intercettate, secondo il condivisibile principio espresso da questa Corte e prima richiamato, non sono assimilabili alle dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o dalla persona imputata in procedimento connesso e, quindi, non sono, comunque, soggette al canone di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3. 4. Svolte le indicate premesse, e procedendo alla concreta verifica di legittimità della pronuncia impugnata, si osserva che il convincimento, manifestato dal Tribunale di Reggio Calabria, circa la sussistenza a carico del ricorrente di gravi indizi di colpevolezza, non esprime in modo logicamente coerente e completo le ragioni giuridicamente significative che hanno determinato l’espresso giudizio prognostico di qualificata probabilità della responsabilità dello stesso ricorrente con riguardo al reato di estorsione continuata e aggravata ascritto, alla luce degli indicati principi.

L’incongruenza e la lacunosità delle argomentazioni, che emergono dal testo dell’ordinanza e che incidono sul discorso motivazionale nella stessa svolto, non consentono, infatti, di rilevare il livello di gravità indiziaria raggiunto e di ritenere ragionevole il giudizio prognostico da compiersi nella fase de libertate.

4.1. Stando al provvedimento impugnato, costituisce grave indizio di colpevolezza del ricorrente in ordine al delitto di estorsione, dopo il rilievo della carenza del requisito minimo delle persone da considerarsi associate per la contestazione del reato associativo, il contenuto della conversazione ambientale registrata il 28 gennaio 2007 alle ore 11:23 (progr. (OMISSIS)), intercorsa tra B. D. e G.B.V., e in particolare il riferimento fatto da B. a un suo intervento presso "compare C." in occasione della richiesta estorsiva avanzata a una ditta di Taurianova, aggiudicatala di un appalto di opera pubblica da farsi nel Comune di Melia di Scilla, e all’intervento ridimensionamento della richiesta, dopo il detto intervento.

La tenuta logica del discorso motivazionale, già prima facie lacunosa nella indicazione dell’intervento presso "compare C." come risolutivo ai fini del ridimensionamento della richiesta estorsiva, nonostante il riferimento fatto da B., nel suo racconto all’interlocutore, della rappresentazione della situazione della ditta estorta prima "compare C." e, poi, a "compare N.", si manifesta incongrua anche nella identificazione del predetto "compare C." con il ricorrente.

Tale identificazione è, infatti, affidata all’avvenuta identificazione della ditta di Taurianova, vittima della estorsione, nella società Loprete, al riferimento fatto da B. al territorio di (OMISSIS), zona di influenza della famiglia C., e alla sussistenza del vincolo di comparato tra B. D. e C.U.F., risultante dal riferimento a "(OMISSIS)" in altra conversazione tra Bu.Pa. e tale P., non meglio identificato.

Se i primi due elementi sono generici e non riferibili a una persona specifica il terzo sarebbe dotato di maggiore specificazione ove la conversazione riportata in altra parte dell’ordinanza (p. 8 e 9), nel corso della quale il riferimento è a C.C., a compare C. e al "(OMISSIS)" dallo stesso fatto, fosse stata oggetto di approfondita valutazione individualizzante in termini di gravità indiziaria.

4.2. L’aver trascurato con motivazione inadeguata detti approfondimenti (sulle questioni indicate ai capoversi 1 – 2 – 3 che precedono) anche in rapporto alle ulteriori emergenze acquisite, ha determinato lacune motive che rendono necessario l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria che, in coerenza con quanto rappresentato, dovrà in piena autonomia di giudizio, ma con motivazione completa e immune da vizi logici, riconsiderare la vicenda cautelare del ricorrente.

La Cancelleria provvederà all’adempimento di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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